I cittadini di Archi protestano contro i minori migranti

La protesta dei residenti di Archi contro i migranti

di Fabio Papalia

Reggio Calabria. “Noi oggi siamo qui per denunciare il profondo stato di abbandono e degrado che il nostro quartiere sta subendo, per l’incapacità politica e amministrativa. Ci rivolgiamo al sindaco Falcomatà e a tutta la sua giunta che questa “svolta” ci ha fatto precipitare nel baratro dell’indecenza trasformando in un ghetto un quartiere con già dei gravi problemi alle spalle e rendendolo invivibile“. Questo il “manifesto” politico di alcuni cittadini residenti, che oggi hanno dato vita a una protesta in un quartiere simbolo, in negativo, di Reggio Calabria: quello precipitato nel baratro dell’indecenza, il quartiere trasformato in ghetto, reso invivibile, è nientepopodimenoche Archi, storica roccarforte di alcune tra le cosche di ‘ndrangheta più potenti della città, fortino del cartello destefaniano.
Nel mirino della “protesta popolare” non c’è lo strapotere della ‘ndrangheta, bensì un paio di centinaia di ragazzini migranti, tutti minori non accompagnati, ospitati in condizioni “degne” del quartiere che sta intorno, nella struttura che un tempo è stata sede della facoltà di Giurisprudenza dell’Università Mediterranea.
Non che nel quartiere siano tutti ‘ndranghetisti, anzi, sicuramente anche ad Archi abitano onesti lavoratori, e certamente sono tutti onesti cittadini anche i residenti che hanno protestato. Non si può non cogliere però il paradosso. Forti con i deboli e deboli con i forti. Alzano la voce, scendono in piazza, ci mettono la faccia contro i ragazzini di colore, che loro malgrado si trovano in mezzo a una situazione che va certamente risolta, però restano in casa e si nascondono dietro le tapparelle quando si tratta invece di collaborare con le forze dell’ordine impegnate a ricostruire, ad esempio, l’ennesimo omicidio avvenuto nel quartiere. Quando c’è di mezzo la ‘ndrangheta, il massimo della protesta civile che sanno mettere in campo è la partecipazione, delle sole donne di casa, a una fiaccolata silenziosa per le vie del quartiere con il parroco in testa a portare la croce, nemmeno tanto simbolicamente, per tutti i fedeli. Contro i ragazzini di colore, invece, si trova più facilmente il coraggio per dar fiato alle trombe. Né si può tralasciare il sospetto che la presenza fissa di una pattuglia della Polizia di fronte alla struttura, nel cuore di Archi, non sia affatto vista di buon occhio da chi ha sempre imposto che nessuno veda, senta o parli. Ci piacerebbe, un giorno, vederli così determinati anche contro la ‘ndrangheta.

Il resto è cronaca di proteste che ormai da mesi si palleggiano da una parte all’altra di una rete invisibile che divide in due il campo di battaglia di una guerra tra poveri. Da un lato ci sono i residenti di un quartiere già degradato, e dall’altro i migranti che hanno affrontato l’inferno per ritrovarsi nel limbo di Archi. I giovani migranti già in passato hanno dato vita a proteste per chiedere di andare via da Reggio. L’ultima volta i ragazzi si erano messi in marcia e avevano raggiunto via Veneto, intercettati dalle Volanti della Polizia che li avevano convinti a tornare ad Archi. Puntualmente erano seguite le lamentele dei residenti, che oggi sono scesi in strada, dove è giunto a parlare con loro il prefetto Michele Di Bari, il quale da poco arrivato in città è già molto attivo sul fronte dei problemi legati all’emergenza migranti. Due domeniche fa il Prefetto era accorso alla palestra dello Scatolone, nei pressi dello stadio, per fronteggiare la protesta di altri minori migranti, oggi è corso ad Archi a parlare con i residenti. Nel frattempo i minori che stavano allo Scatolone, dopo la protesta delle società sportive, sono stati tutti fatti partire, liberando la palestra. Ad Archi, invece, si continua a convivere sgomitando.

Nonostante il Prefetto sia sempre attento a tagliare in tempo la miccia nella polveriera, la situazione resta incandescente. Tempo fa alcuni ragazzi migranti hanno riferito alla Polizia (ma la vicenda non è stata confermata) di essere stati oggetto, proprio ad Archi, di una sassaiola da parte di alcuni residenti. Poco distante da Archi, a Catona, durante l’estate un gruppetto di migranti è stato pestato a sangue perché avrebbero sollevato la gonna a una ragazza di passaggio vicino alla statua di San Francesco. La reazione è stata immediata e violenta. Scene di ordinaria convivenza forzata, su questo sono d’accordo tutti: i migranti che vorrebbero lasciare Reggio e andare al nord Italia, e magari nel nord Europa. I residenti, che vorrebbero essere lasciati liberi di tornare a vivere in pace con i loro piccoli problemi quotidiani, che ad Archi continuano ad essere indissolubilmente legati alla ‘ndrangheta.

foto Domenico Notaro

Exit mobile version