Le indagini sui “cold case” nella parte secretata dell’audizione in Commissione antimafia dei magistrati della DDA di Reggio Calabria

Federico Cafiero De Raho

Federico Cafiero De Raho

di Giovanni Verduci

Reggio Calabria. C’è una parte secretata dell’audizione del procuratore capo Federico Cafiero de Raho (nella foto) e dei suoi sostituti, Stefano Musolino e Giuseppe Lombardo, davanti ai componenti della Commissione parlamentare antimafia. C’è una parte della discussione che è stata svolta a microfoni spenti, durante la quale i tre magistrati della Procura distrettuale reggina hanno fatto il punto su diverse indagini in corso in riva allo Stretto. Federico Cafiero de Raho, Giuseppe Lombardo e Stefano Musolino, si sono concentrati soprattutto sui “cold case”, su quei fascicoli d’indagine “freddi” sui quali gli inquirenti calabresi non hanno mai spento la luce.
Casi, come quello dell’omicidio del giudice Antonino Scopelliti, che non sono stati ancora risolti, che attendono da troppo tempo i nomi di mandanti ed esecutori materiali da assicurare alla Giustizia. Sull’uccisione di Antonino Scopelliti, freddato sulla strada di casa pochi mesi prima che la mafia avviasse la strategia della tensione, i magistrati reggini stanno lavorando a fondo, utilizzando i riscontri venuti fuori dal confronto con quei collaboratori di giustizia siciliani che portano in dote la conoscenza dei contatti avviati fra Cosa nostra e ‘ndrangheta per assestare un duro colpo allo Stato impegnato, con i suoi uomini migliori, nella guerra con l’antistato.
Ma non solo. La Direzione distrettuale antimafia, assecondata dal lavoro investigativo dei reparti speciali delle forze dell’ordine di Reggio Calabria, sta provando a fare nuova luce sull’assassinio dei carabinieri Fava e Garofalo, trucidati sull’autostrada Salerno Reggio Calabria il 18 gennaio del 1994. Il lavoro investigativo, l’incrocio con le informazioni raccolte oltre lo Stretto stanno portando il pool di magistrati reggini a offrire una nuova chiave di lettura a questo duplice omicidio, così come ad altri casi di cronaca che hanno interessato direttamente appartenenti all’Arma dei Carabinieri.
Quali in particolare? Quelli che si sono registrati fra il 1993 e il 1994, a cavallo della barbara uccisione di Antonio Fava e Giuseppe Garofalo. Aprendo i cassetti della memoria, infatti, si trovano le tracce di altri attacchi diretti alla Benemerita. Il 2 dicembre del 1993 rimasero feriti a colpi d’arma da fuoco i carabinieri Vincenzo Pasqua e Silvio Ricciardo. Quattordici mesi dopo, a febbraio del 1994, quando ancora era vivissimo il ricordo della strage di Scilla, durante un posto di controllo rimasero feriti i carabinieri Bartolomeo Musicò e Salvatore Serra.
Le nuove informazioni raccolte, incrociate con quelle dei pentiti calabresi, potrebbero aiutare i magistrati reggini a chiudere il cerchio e fare piena luce su questi fatti di sangue i cui ricordi sono in bianco e nero. E’ solo una questione di tempo.

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