A 96 anni dalla nascita del Partito Comunista, Costabile: «Da sempre quello con più identità nazionale»

Reggio Calabria. Ventuno gennaio 1921, ieri a 96 anni dalla sua nascita si è tenuto presso la sede reggina un incontro per celebrare l’anniversario del Partito Comunista Italiano. Incisivo il discorso tenuto dal professore Gianfranco Costabile, dell’Unical, introdotto dal segretario regionale Lorenzo Fascì.
«Il PCI non si limita alla testimonianza, chi riprende in mano la bandiera rossa, concretizza la parola ‘speranza’». Esordisce così Costabile, ribadendo che il sentimento del partito non vuole essere ancorato al passato, bensì partire dalle radici per realizzare le future prospettive (ne è un esempio il contributo di alcuni sostenitori per acquistare alimenti di prima necessità per le famiglie dei quartieri più disagiati). Il professore inoltre si è focalizzato sui tratti storici più salienti del partito, affermando un insolito quanto veritiero concetto: «Il 17 marzo 1861 è la nascita ‘falsa’ del nostro Paese, la vera data coincide con gli scritti di Antonio Gramsci». All’indomani del Risorgimento, l’Italia era un Paese conquistato e non unito, con una poco definita identità nazionale, in quanto la sua costruzione non è avvenuta omogeneamente tra Nord e Sud, lasciando così un gap forse oggi ancora aperto, tra l’industria e ‘l’eterno latifondo’. E se nemmeno la lotta partigiana è riuscita a garantire un acceso sentimento patriottico, il PCI – sostiene Costabile – è l’unica realtà che è riuscita nell’impresa, dando voce ai movimenti sociali, e contrastando il conservatorismo di un Paese che non ascolta le forze avverse. E se il pensiero di Gramsci è servito a capire le reali problematiche sociali della nazione, investendo il comunismo nel compito di capirle meglio di qualche altra realtà politica, il compromesso storico di Enrico Berlinguer – ed è il secondo momento topico del partito – ha dato nuova linfa all’ormai inaridita identità nazionale. «Questo passo è stato l’unico tentativo di dare un valore storico all’Assemblea Costituente» aggiunge il professore. Egli sostiene inoltre che la tradizionale questione meridionale, dalla quale presero vita numerose lotte sociali, oggi può essere rivisitata, diventando uno spunto su cui il PCI può ripartire: «Il neo-meridionalismo riguarda il sud del Mondo, ed è nostro dovere applicare la cultura dell’accoglienza, che non sfoci però in quella della sostituzione. Il Partito Comunista, che negli anni novanta ha conosciuto una battuta d’arresto, può oggi, attraverso i valori e i simboli del passato (falce e martello emblema di sacrificio e lavoro), ricostruirsi un’immagine attenta all’attivismo e alle esigenze dei suoi sostenitori».

Beniamino Strani

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