Primo sbarco a Reggio della Proactiva Open Arms. Il capitano: «Previsti 200mila migranti in estate»

La nave Golfo Azzurro

Reggio Calabria. E’ arrivata alle 8:00 in punto la nave “Golfo Azzurro” della Ong spagnola “Proactiva Open Arms” con a bordo 337 migranti, 248 uomini, 16 donne (con 3 neonati al seguito) e 73 minori (dei quali 67 non accompagnati). Le attività di sbarco sono iniziate subito dopo che la polizia ha provveduto ad eseguire i controlli relativi all’identificazione dei potenziali scafisti, una procedura che può richiedere molto tempo poiché di solito si mimetizzano tra i migranti che pagano per il viaggio. Capita spesso però che ad impersonare il ruolo dei trafficanti siano persone normali. Infatti in Libia le mafie che gestiscono le traversate, per limitare il rischio arresto, insegnano a condurre il gommone agli stessi migranti che poi affronteranno il viaggio e che potranno partire senza pagare. Questi non sono in realtà membri delle organizzazioni criminali ma semplici viaggiatori a cui viene offerta la possibilità di viaggiare gratis e che spesso non sono neanche a conoscenza dei rischi ai quali vanno incontro (possono venire contestati i reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, naufragio e omicidio colposo plurimo).
Guinea, Mali, Costa d’Avorio, Camerun, Ghana, Liberia, Togo, Senegal, Guinea Conakry sono le nazionalità dei migranti che sono sbarcati al porto di Reggio Calabria.
Tutte le attività si svolgono in maniera agevole ed ordinata: controlli medici, trattamento anti-scabbia, distribuzione di merendine e succhi,  identificazione ed infine partenza dei pullmann verso le varie destinazioni disposte dal ministero dell’Interno.

Mentre in banchina procedono le attività di accoglienza, il personale della nave si prepara a ripartire verso la zona SAR (search and rescue), in acque internazionali. In questo periodo si è aggiunto all’equipaggio anche il fotografo spagnolo dell’AP Santi Palacios che ha appena vinto il World Press Photo (secondo nella categoria General News, singles) con un’immagine scattata durante un soccorso nel Mediterraneo (una bambina nigeriana consola il fratello minore, la loro madre era morta durante l’attraversamento del Sahara).
L’associazione che gestisce la nave “Golfo Azzurro” è di Badalona (Barcellona) mentre il capitano, Riccardo Gatti, è italiano e spiega le dinamiche degli ultimi soccorsi: “Siamo partiti il 22 febbraio e ci vogliono circa 24 ore per arrivare nella zona SAR. Verso le 6 di mattina abbiamo visto nel radar che c’era un’eco e dalla velocità con la quale si spostava, praticamente fermo, abbiamo capito che era un gommone. Abbiamo mandato il nostro equipaggio che ha recuperato 102 persone. Quando stavamo per terminare le operazioni ci hanno chiamato da Roma (il Comando generale del Corpo delle Capitanerie di Porto di Roma è responsabile del coordinamento e del controllo di tutte le attività svolte dalle Capitanerie di Porto e del coordinamento generale delle attività di ricerca e soccorso e coordina tutte le operazioni relative) e ci hanno segnalato altri 2 obiettivi da verificare a 47 miglia dal nostro punto (circa 4 ore di navigazione). Giunti a 20 miglia di distanza abbiamo inviato le nostre imbarcazioni che li hanno individuati, lì presente c’era un cargo che è stato allertato da Roma per monitorare la situazione, ma senza intervenire”. “Le imbarcazioni – aggiunge – sono state trovate al largo di Tripoli, il mare era calmo e quindi era facile partire quel giorno. La partenza dei gommoni dipende molto dalla conformazione della costa, partono da zone poco controllate”.
“Le nostre operazioni di soccorso prevedono la localizzazione (attraverso il radar, chiamate da Roma e attraverso l’osservazione), la messa in sicurezza consegnando loro dei giubbotti di salvataggio e in seguito le operazioni di trasbordo: prima i più vulnerabili, poi le madri con i bambini, le famiglie e poi tutti gli altri”.
Le condizioni di salute dei migranti soccorsi erano generalmente buone, qualche caso di diarrea con sangue, molti con la scabbia (80%), svenimenti dovuti al viaggio ed una bruciatura da contatto con idrocarburi. Il Capitano racconta che: “Di solito in Libia arrestano tutti e li rinchiudono in campi di detenzione dove li torturano. Per uscire poi devono pagare, li caricano su dei containers o jeep, incappucciati, e li portano sulla spiaggia per partire con la barca. A volte succede che li percuotono o li sparano per procedere più velocemente, infatti spesso incontriamo persone con ferite da arma da fuoco o coltellate. Quest’estate in Sicilia, un ragazzo soccorso da noi e poi trasbordato su una nave della Guardia Costiera, presentava una ferita ad una gamba. Mentre dormiva, in un campo di detezione in Libia, sono arrivati degli uomini  per portarli nelle case dei libici e farli lavorare come schiavi, quando hanno visto che lui e i due suoi amici non stavano bene li hanno sparati ed uccisi, a lui invece hanno chiesto se voleva un colpo in testa o nella gamba. Lui ha scelto la gamba e il colpo gli ha rotto la tibia, infatti era una frattura aperta con la pallottola dentro. Lui è svenuto e si è svegliato sulla barca con una benda sulla ferita probabilmente posta dagli stessi trafficanti”.
Anche oggi sono stati numerosi i casi di minori non accompagnati (67). “Accade di frequente ormai che le famiglie mandino i ragazzi. Il viaggio costa molti soldi e non è possibile far partire anche genitori e fratelli, perciò il ragazzo avrà la possibilità di una vita migliore ma successivamente dovrà farsi carico di mantenere la famiglia di origine”.
“La nave può contenere circa 400 persone e questo numero permette di poter gestire le operazioni in maniera agevole. Quest’estate si è arrivati anche a 600 ed era tutto pieno, con persone presenti anche al secondo livello della nave. La previsione per la prossima estate – conclude il Capitano Gatti – è di 200.000 arrivi”.

Gianluca Chininea

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