I contorni della crisi sono costellati di dubbi e incertezze. Le peculiarità dell’attuale situazione finanziaria si ripercuotono anche sugli investimenti, che sono condotti con sempre maggiore accortezza. Il discrimine che regola la decisione di investire è sempre più complicato e dipende da numerose obiezioni, ma analizzando il mercato emerge una differenza di genere: le donne italiane investono meno degli uomini. Ad evidenziare questo gap è una ricerca condotta da YouGov Pic in collaborazione con la nota società di consulenza finanziaria online Moneyfarm. Quel che preoccupa maggiormente il mondo femminile non sono però le convergenze finanziarie o la scarsa conoscenza dei prodotti, ma le maggiori ristrettezze economiche. Le differenze sono quindi da imputare ad un evidente dislivello salariale: a parità di posizione lavorativa, infatti, in Italia i conti in banca delle donne sono sempre più poveri. È analizzando i numeri del patrimonio investito che si osserva la difformità di genere: se è vero che un italiano su 3 non ha pensato ad investire i propri risparmi, la percentuale tra le donne sale fino al 40%.
Quando si analizzano però le ragioni che spingono entrambi i sessi a non investire, le motivazioni principali riguardano il margine di spesa, e non i timori legati al mondo della finanza o la scarsa conoscenza personale della materia. Come sottolineato da Moneyfarm, società con sede sia in Italia che nel Regno Unito, la sfiducia e l’incompetenza rispetto agli investimenti riguardano maggiormente gli uomini. Tra le donne, la percentuale di risposte negative scende. L’universo femminile quindi ha scartato opzioni come “preferisco usare i miei soldi in altro modo”, “non mi fido dei consulenti”, “è troppo complicato” o “non so come investire” adducendo invece motivazioni legate all’effettiva disponibilità economica.
Secondo la rappresentanza femminile, a guidare la scelta non è una mancanza di consapevolezza del mezzo, quanto una effettiva cognizione di uno stato economico che non è in grado di supportare gli investimenti. Ed è per questo che crisi fa anche rima con gap salariale. Ancora nel 2016, sussisteva una differenza tra gli stipendi tra l’universo femminile e quello maschile di 10 punti percentuali. I numeri fanno emergere appieno questa realtà: a parità di anzianità e di mansioni, gli italiani sfiorano una media di 30mila euro, le italiane si fermano a quota 27mila euro. Un vero e proprio paradosso proprio dell’Italia: nonostante le donne abbiano maggiore necessità di investire – anche per integrare una pensione che si prospetta più esigua di quella dei colleghi uomini – si ritrovano a non investire per mancanza di risorse finanziarie.
In tal senso, un’inversione di tendenza è prospettabile solo nel caso cambino le “carte in tavola”: 6 italiani su 10, a fronte di salari più importanti, sarebbe disposto ad investire, a fronte di un 38% che invece penserebbe agli investimenti se ci fosse maggiore fiducia nei mercati. 15 italiani su 100 invece punterebbe su investimenti con costi più contenuti per generare ulteriori profitti da quanto è possibile risparmiare nel tempo.
Analizzando questo quadro congiunturale, i player del settore devono necessariamente avvicinarsi alle esigenze degli italiani con soluzioni più facili da gestire, con commissioni minime e con soglie d’ingresso risicate. Completano il profilo anche specifiche tecniche in grado di garantire al cliente ottimi ritorni sul lungo periodo a fronte di un profilo di rischio molto basso. In tal senso si sta muovendo anche Moneyfarm, come evidenziato dal presidente Paolo Galvani: “Diventa sempre più importante comprendere le ragioni per cui le donne investono meno. Abbiamo notato che non si tratta di differenze di tipo culturale, sfatando un erroneo luogo comune. In attesa che si risolva l’ingiusto dislivello tra uomini e donne, il nostro compito è offrire un servizio d’investimento che mantenga costi bassi e sia sempre più accessibile”.