di Fabio Papalia
Reggio Calabria. Quando una Democrazia ha paura dei giornalisti non è più una Democrazia. E’ già un’altra cosa. Che cosa sia diventata l’Italia ce lo deve dire il ministro dell’Interno, il senatore – reggino – esperto di servizi segreti – Marco Minniti. Per ordine impartito dal Viminale oggi i giornalisti sono stati tenuti a distanza di microfono, lontani dal luogo dove si celebrava il 26° anniversario dell’uccisione del giudice Antonino Scopelliti, impegnato in Cassazione a sostenere l’accusa nel primo maxiprocesso a Cosa Nostra. Fu ucciso a Piale una notte d’agosto di 26 anni fa, mentre da solo, perché aveva rinunciato alla scorta, rincasava dopo una giornata al mare. Nel luogo dell’uccisione questa mattina, invece, è giunto un “blindatissimo” Marco Minniti, attentissimo evidentemente a scansare domande imbarazzanti dei giornalisti.
Area vietata ai giornalisti, allontanati dalla Polizia
Ai cronisti è stato sbarrato il passo dalla Polizia, per i giornalisti assolutamente vietato accedere all’area della commemorazione. Un divieto inspiegabile, visto che la stampa era stata invitata alla cerimonia, e visto che dato il luogo appartato (proprio per questo fu scelto per l’agguato) la partecipazione popolare è assicurata grazie ai Media. E’ stato spiegato agli increduli giornalisti che si è trattato di un ordine dall’alto, del Ministero dell’Interno, che per ragioni di sicurezza l’area andava “bonificata dalla presenza dei giornalisti”. Anche la Rai, operatore e giornalista, è stata tenuta al di fuori dell’area (clicca qui per vedere il servizio del Tgr al minuto 10:20). Anche l’emittente RTV ha raccontato il vergognoso trattamento (clicca qui), e sulla vicenda è intervenuto anche Giornalisti Italia, il giornale dei giornalisti (clicca qui).
Evidentemente per un esperto della materia come Minniti la minaccia di un giornalista appare ben più temibile di quella di uno jihadista…
Ai giornalisti è stato “consentito” – ma ovviamente è solo un eufemismo – di seguire la cerimonia “accomodandosi” in una zona soprastante, costretti a riprendere e scattare fotografie (dall’alto in basso come riprese dall’elicottero o dal drone) facendosi largo tra le piante e le spine (come vedete nella foto), con difficoltà oggettive anche per quanto riguarda l’ascolto degli interventi, e ovviamente rigorosamente sotto il sole cocente di mezzogiorno del 9 agosto.
Mentre più in basso protetti dall’ombra di alcuni alberi hanno trovato spazio le massime autorità, compreso l’ombroso ministro degli Interni, ma anche associazioni combattentistiche, politici di vario rango istituzionale, portaborse, uomini dello staff, e claque. Tra i fortunati ammessi, ad esempio, anche un bambino e una signora che riprendeva la scena col cellulare, lei poteva farlo mentre i giornalisti no.
Invece accanto ai giornalisti, al sole sulla balconata, si sono dovuti “accomodare” alcuni cittadini e pure l’imprenditore Tiberio Bentivoglio (lui sì minacciato dalla ‘ndrangheta) e Mimmo Nasone di Libera, anche loro allontanati dalla Polizia e disgustati dal trattamento ricevuto e dalla disorganizzazione.
Trova l’intruso
Peccato che proprio alle spalle del ministro dell’Interno, come si può vedere in foto, ci fosse il collega dell’Ansa Giorgio Neri. Il quale – sia ben chiaro – ha fatto benissimo a seguire la manifestazione all’ombra potendo avvicinare il registratore alla cassa dell’impianto audio, insufficiente peraltro a far giungere nitidamente il brillante discorso del ministro Minniti fin sulla balconata dove era stata esiliata la stampa.
Il precedente: il ministro della Giustizia Andrea Orlando a Piale tra i giornalisti
Eppure il ministro Minniti dovrebbe sapere che due anni fa, nel 2015, a commemorare il giudice in quello stesso posto è venuto il ministro della Giustizia Andrea Orlando, il quale non si è minimamente sognato di allontanare i giornalisti, che a loro volta non lo hanno preso d’assalto, e al termine della cerimonia hanno raccolto le dichiarazioni che il ministro, di grazia, ha voluto liberamente e democraticamente rilasciare alla stampa. In Democrazia non c’è bisogno di allontanare i giornalisti, si può anche decidere di non rispondere alle domande con il più classico “no comment”. Eppure alcune risposte adesso devono essere date.
Cinque domande al ministro Minniti
E’ legittimo allontanare per queste motivazioni i giornalisti? E’ legittimo impartire un ordine che vieti a un giornalista di accedere a una zona in luogo pubblico dove viene permesso invece di accedere a portaborse e staff di politici grandi e piccini? Se l’area andava bonificata dai giornalisti, che ci faceva un giornalista alle spalle del ministro? E’ sfuggito ai rigidi controlli? E se fosse stato un giornalista-kamikaze e gli avesse “sparato” una domanda sulle dimissioni dal governo e sui migranti?
RosANNA E MARCO
Se fosse una canzone sarebbe “ANNA E MARCO” di Lucio Dalla. Al sicuro dai giornalisti si è celebrato il ricordo del giudice, ma soprattutto è stata l’occasione per uno scambio di complimenti tra la deputata Scopelliti – eletta col Pdl, ex Ncd, e ora Ap – e il senatore piddino, preludio forse di un nuovo approdo a sinistra.
«Sono con te in questa tua battaglia importantissima che stai facendo per il Paese. Perché il ruolo che tu ricopri in questo momento è fondamentale. Bisogna imparare ad essere solidali ma non c’è solidarietà senza sicurezza per questo Paese, e tu stai facendo un lavoro meraviglioso». Ha detto Rosanna rivolta a Marco concludendo il suo intervento.
«Il sacrificio del giudice Scopelliti è un atto d’amore che nessuno di noi può sprecare, ed è per questo che ringrazio moltissimo Rosanna, non soltanto perché attraverso la fondazione ha tenuto viva la memoria, ma anche per l’impegno e la passione che lei ha messo nella sua esperienza politica, è una giovane parlamentare impegnata su questi temi, della legalità e della lotta alla ‘ndrangheta. Impegnata più in generale per il futuro del Mezzogiorno e della Calabria». Le ha risposto Marco.
Libertà di stampa
Quel che è accaduto oggi pone interrogativi seri, che vanno ben al di là della contingenza sulla questione migranti e sulle fibrillazioni all’interno del governo. Quel che è accaduto attiene alle regole fondative di una comunità. Il ministro dell’Interno, che pure finora ha fatto un buon lavoro, ci dica dove altro nei suoi numerosi e proficui viaggi all’estero ha visto trattare in questo modo i giornalisti. In Libia o in Russia?