Reggio Calabria. Pena rideterminata in 10 anni, un mese e 10 giorni di reclusione. Natale Secondo, oggi 70enne, rimedia in Cassazione un aumento di pena di 1 mese e 10 giorni, rispetto ai 10 anni comminati in Appello, per l’omicidio di suo cognato, Carmelo Pietro Vadalà di 75 anni, avvenuto il 2 dicembre 2014 a Gallina.
La prima sezione penale della Suprema Corte di Cassazione, Angela Tardia presidente, Monica Boni relatore, il 27 novembre scorso ha pronunciato sentenza sul ricorso proposto dal procuratore generale presso la Corte d’Appello di Reggio Calabria e dallo stesso imputato, contro la sentenza del 9 novembre 2016 della Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria. I giudici di Cassazione, accogliendo la richiesta del sostituto procuratore Franca Zacco, hanno annullato senza rinvio la sentenza della Corte d’Assise d’Appello limitatamente alla pena, rideterminata in 10 anni 1 mese e 10 giorni, rigettando nel resto il ricorso del pg e rigettando in toto il ricorso dell’imputato. Ieri sono state pubblicate le motivazioni della Cassazione.
L’omicidio a Gallina
Il 2 dicembre 2014 in contrada Cafari, nel quartiere collinare di Gallina alla periferia sud della città, poco dopo mezzogiorno, Carmelo Pietro Vadalà di 75 anni fu ucciso con due colpi di fucile calibro 20, che lo hanno raggiunto alle gambe e al torace. Ad arrestare l’uomo, con l’accusa di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi furono i Carabinieri della Stazione di Gallina all’epoca diretta dal maresciallo Sebastiano Germanà. Il delitto era stato filmato dalle telecamere di videosorveglianza del palazzo. Anche la figlia della vittima, attratta dal vociare, aveva confermato ai Carabinieri di avere assistito al delitto dal balcone. Un parcheggio, il movente che avrebbe armato la mano di Secondo, cognato della vittima. Un litigio per la mancata rimozione da parte della vittima di un paletto in ferro, apposto sulla strada privata che dava accesso alle rispettive vicine proprietà e che quel giorno aveva impedito l’accesso ad un corriere che doveva recapitare un pacco ai Secondo.
I processi di primo e secondo grado
Al termine del processo celebrato con rito abbreviato, con sentenza del 22 febbraio 2016, il gup di Reggio Calabria, Barbara Bennato, ha condannato l’imputato a 20 anni di reclusione (il pm Sara Amerio aveva invocato 30 anni di galera) per i delitti, unificati per continuazione, di omicidio volontario (escludendo entrambe le aggravanti) e del porto illegale del fucile utilizzato per commettere il delitto.
La Corte d’Assise d’Appello, con sentenza del 9 novembre 2016, ha riformato parzialmente la sentenza di primo grado, accordando all’imputato, difeso dagli avvocati Emanuele Genovese e Francesco Floccari, le circostanze attenuanti generiche, rideterminando la pena in 10 anni di reclusione.
Il ricorso in Cassazione
In Cassazione l’imputato ha lamentato – quale unico motivo del ricorso – la mancata concessione della circostanza attenuante della provocazione. “Le valutazioni espresse dai giudici di merito in ordine all’esclusione della provocazione – hanno concluso sul punto i giudici di Cassazione – risultano correttamente motivate”.
Il pg, invece, ha impugnato la sentenza per due motivi: contestando da un lato l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche, dall’altro contestando sostanzialmente un errore di calcolo nel bilanciamento tra le circostanze attenuanti e l’aumento a titolo di continuazione. Quest’ultima, in particolare, è la censura che la Cassazione ha accolto.
La Corte di Cassazione infatti ha ritenuto solo parzialmente fondato il ricorso del procuratore generale, accogliendo soltanto il secondo motivo:
La Corte di Assise di appello ha determinato la pena finale nella misura di anni 10 di reclusione secondo il seguente computo: pena-base per il reato di omicidio anni 22 di reclusione, aumentata di mesi 6 di reclusione per la continuazione relativa al porto del fucile, diminuita di un terzo per effetto delle circostanze attenuanti generiche e di un ulteriore terzo per il rito sino alla misura finale sopra indicata. In tal modo, l’effetto di riduzione della sanzione, derivante dall’operatività delle attenuanti generiche, è stato prodotto sulla pena finale determinata a seguito del riconoscimento della continuazione; al contrario, più correttamente, la diminuzione andava applicata sulla pena-base irrogata per il reato di omicidio e solo dopo tale operazione dovevano calcolarsi gli aumenti per i reati satellite (Cass. sez. 6, n. 44368 del 15/10/2014, P.G. in proc. Piccirillo, rv. 260625). Pertanto, la sentenza impugnata va parzialmente annullata senza rinvio con esclusivo riferimento alla pena che va rideterminata in anni dieci, mesi uno e giorni dieci di reclusione. Nel resto il ricorso va respinto.
Fabio Papalia