Dia, relazione semestrale 2017: analisi della criminalità organizzata calabrese

Direzione investigativa antimafia

Direzione investigativa antimafia

Reggio Calabria. Il traffico di droga continua ad essere la fonte principale di finanziamento delle cosche di ‘ndrangheta calabresi, che non disdegnano il “vecchio metodo” dell’estorsione, e i “nuovi prolifici” affari delle energie rinnovabili e delle scommesse, senza mai perdere di vista l’infiltrazione nelle pubbliche amministrazioni, che ha portato allo scioglimento per mafia di numerosi comuni, e non solo in Calabria. E’ questo il quadro che emerge dalla relazione della Dia – Direzione investigativa antimafia – relativa al primo semestre 2017. Di seguito pubblichiamo integralmente il capitolo riguardante l’analisi della criminalità organizzata calabrese:

Le risultanze giudiziarie che hanno caratterizzato, nel semestre, l’azione di contrasto alla ‘ndrangheta, consolidano la qualificazione unitaria delle cosche, in specie di quelle reggine, evidentemente orientate verso l’affermazione, anche fuori regione, dei “comportamenti” mafiosi che le identificano, senza ovviamente trascurare l’acquisizione di nuovi mercati e spazi criminali, ivi compresi quelli offerti dalle “maglie larghe” di frange colluse della pubblica amministrazione.
L’unificazione, nel processo convenzionalmente denominato “Gotha”, delle note inchieste “Mamma Santissima”, “Reghion”, Sistema Reggio”, “Fata” e “Alchemia”, potrebbe ulteriormente delineare l’operato di una serie di personaggi, facenti parte di una cupola mafiosa dalle spiccate connotazioni affaristiche, imprenditoriali ed istituzionali, in grado di proiettare gli effetti delle proprie decisioni su tutto il Paese.
È questa, in estrema sintesi, la logica che sembra presiedere costantemente alle azioni delle cosche, delle quali è evidente il progressivo sbilanciamento verso le regioni del centro-nord e la capacità di riciclare e reimpiegare i capitali illeciti, con il traffico internazionale di stupefacenti che rimane la primaria fonte di finanziamento.

A quest’ultimo proposito, le evidenze dell’operazione “Buena Ventura” testimoniano la capacità di organizzare importazioni di cocaina dal sud America, con triangolazioni via mare imprevedibili e modalità di occultamento sempre nuove.
Il sodalizio investigato, contiguo alle cosche del mandamento ionico di Reggio Calabria, operava, infatti, fra Italia, Colombia, Perù, Repubblica Domenicana e Spagna, potendo contare su un soggetto di origine sudamericana – ritenuto legato ai cartelli dei narcos colombiani – che aveva concertato con esponenti della ‘ndrangheta l’apertura di un canale di importazione di cocaina fra la Colombia e la Calabria, da far arrivare al porto di Gioia Tauro. A tale scopo, l’organizzazione si sarebbe avvalsa di società operanti nel settore della importazione, via mare, di prodotti ortofrutticoliortofrutticoli, ovvero per via aerea, mediante corrieri da destinare a scali del centro-nord Italia.

Altra primaria fonte di accumulazione delle cosche resta l’estorsione, che vede ora partecipi anche nuove leve criminali. Si pensi, a titolo esemplificativo, all’area del catanzarese, dove si starebbe registrando un processo di avvicinamento di nuove reclute, a dimostrazione della volontà delle cosche del luogo – segnatamente dei Giampà, gravemente colpiti dalle indagini di polizia giudiziaria – di mantenere alta la pressione sul territorio, attraverso danneggiamenti ed atti intimidatori a commercianti ed imprenditori.
Al pari, anche per la cosca Cerra-Torcasio-Gualtieri, si registra un tentativo di affiliazione di nuove leve, finalizzato a mantenere sempre saldo il controllo del territorio. Tuttavia, l’attenzione istituzionale su questi nuovi adepti ha consentito di ridimensionarne le fila, grazie a due operazioni di servizio, che hanno interessato la provincia di Catanzaro, entrambe con una denominazione convenzionale altamente simbolica: “Nuove Leve” e “Crisalide”.

Accanto alle descritte forme delinquenziali “tipiche”, le cosche continuano ad affiancarne di ulteriori, connesse all’infiltrazione dell’economia sana. Una recente analisi condotta sulla provincia di Crotone, ha individuato tra i settori economici più infiltrati quelli delle costruzioni, dei trasporti e magazzinaggio, dei servizi per l’impresa, della fornitura di energia elettrica (anche da fonti rinnovabili), nonché quelli delle sale gioco e scommesse, per i quali si è registrato, negli ultimi anni, un aumento del 500 % delle imprese del settore, cinque volte la crescita nazionale.
Alla luce delle evidenze investigative del semestre, appare opportuno focalizzare l’attenzione su due dei comparti sopra richiamati: la fornitura di energia elettrica, anche da rinnovabili ed i giochi e scommesse.
Per quanto attiene alla prima, si pensi agli esiti dell’operazione “L’Isola del vento”, grazie alla quale è stato sequestrato un parco eolico a Isola Capo Rizzuto – tra i più grandi d’Europa – riconducibile alla cosca Arena, per un valore di 350 milioni di euro.
Il settore dei giochi e delle scommesse rientra nel paniere degli investimenti di un’altra importante ‘ndrina crotonese, quella dei Grande Aracri di Cutro.
È quanto si rileva dall’attività denominata “‘Ndragames”, diretta dalla Procura della Repubblica di Potenza, che ha fatto luce su come anche in Basilicata un sodalizio partecipato dai menzionati ‘ndranghetisti, fosse dedito all’attività di noleggio, servizi e manutenzione di macchine per l’esercizio dell’attività di gioco illegale, perpetrato mediante il collegamento, attraverso piattaforme informatiche – anche transnazionali – a siti specializzati non autorizzati.
Un ambito di interesse, quello delle scommesse on line, appannaggio anche questo della menzionata cosca Arena, nonché delle ‘ndrine catanzaresi di Borgia e Vallefiorita, per come emerso dall’importante operazione “Jonny”, diretta dalla DDA di Catanzaro e frutto della sinergia investigativa dell’Arma dei Carabinieri, della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza.
Vale la pena di ricordare, in questa sede, come l’operazione sia stata dedicata al “miglior investigatore che c’era in quest’indagine”, il maresciallo dell’Arma dei Carabinieri Giovanni Tropea, scomparso nel corso delle attività. L’indagine ha offerto uno spaccato importante degli interessi delle menzionate cosche, nella gestione delle scommesse on line e nella conduzione delle strutture d’accoglienza per migranti, riuscendo infatti ad infiltrarsi nei servizi di accoglienza del C.A.R.A. di Isola Capo Rizzuto.

La capacità di condizionare l’assegnazione delle commesse pubbliche rimane una costante nella strategia delle cosche, tanto in Calabria quanto fuori regione. E questo, con inevitabili effetti sul buon andamento della pubblica amministrazione. Le indagini condotte nell’ambito dell’operazione “Cumbertazione” – “5 Lustri”, coordinata dalle Direzioni distrettuali antimafia di Reggio Calabria e Catanzaro, hanno accertato il turbamento di almeno 27 gare di appalto da parte di un gruppo imprenditoriale di riferimento della cosca Piromalli. È stata, inoltre, scoperta l’attività illecita di un’impresa cosentina che, grazie alle relazioni con il clan Muto, si era aggiudicata, per un triennio, i più importanti appalti della Provincia di Cosenza.
Come più diffusamente si dirà nel paragrafo dedicato al mandamento tirrenico di Reggio Calabria, gli appalti edili in questione riguardavano anche la realizzazione di uno svincolo nel tratto reggino dell’autostrada A2 (già A3 Salerno-Reggio Calabria) e la ristrutturazione di una centralissima piazza del capoluogo cosentino.
Tra le persone sottoposte a fermo, vi sono anche dipendenti di uffici tecnici di alcuni comuni della Piana di Gioia Tauro, uno dei quali (così come ha detto il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro, Nicola Gratteri, innanzi alla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, nel corso della seduta n.213 del 21 giugno 2017) era “considerato la testa di ponte della cosca all’interno del comune per aver pilotato gli appalti, favorendo diverse società edili collegate alla locale famiglia mafiosa”. Di qui lo scioglimento, nel mese di maggio, del Comune di Gioia Tauro (RC).
Se per quest’ultimo Ente locale l’amministratore arrestato era “testa di ponte”, le evidenze che hanno portato, sempre
a maggio, allo scioglimento del Comune di Laureana di Borrello (RC), parlano di un amministratore locale riconosciuto addirittura come referente politico della ‘ndrangheta.
Ancora, a maggio, la Calabria è stata segnata dallo scioglimento del Comune di Canolo (RC) dove, oltre ai legami di parentela ed ai i rapporti di frequentazione tra diversi rappresentanti dell’Ente ed esponenti delle cosche, sono emerse innumerevoli irregolarità nelle procedure di assegnazione degli appalti: quale modus operandi, nella maggioranza dei casi è stato fatto ricorso al meccanismo dell’affidamento diretto, senza procedere ad indagini di mercato. Nello stesso mese di maggio, è stato sciolto anche il Consiglio Comunale di Bova Marina (RC).
Significative le coincidenze criminali con quanto rilevato nel Comune di Canolo.
Ci si riferisce ai collegamenti soggettivi con ‘ndranghetisti, agli abusi d’ufficio perpetrati all’interno dell’ufficio tecnico e, non da ultimo, alle procedure di assegnazione del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani, che hanno eluso le procedure ad evidenza pubblica, ricorrendo al sistema degli affidamenti diretti.
Al pari di quanto segnalato per la provincia di Reggio Calabria, anche nel catanzarese non sono mancate evidenze,
nel semestre, circa le pressioni esercitate dalle cosche sul buon andamento della Pubblica Amministrazione.
A tal proposito, si segnala lo scioglimento, nel mese di giugno, del Comune di Sorbo San Basile, dove l’inserimento nella lista elettorale – facente capo al candidato sindaco – della figlia di un imprenditore noto nella comunità locale come soggetto riconducibile alla ‘ndrangheta, sarebbe stata voluta proprio dal primo cittadino, al fine di ottenere i voti che tale soggetto, rispettato e temuto in quel contesto territoriale, avrebbe potuto procurare.
In secondo luogo, è stato anche qui constatato il ripetuto e generalizzato ricorso agli affidamenti in via diretta ad un ristretto numero di ditte, con elusione dei principi di trasparenza.
Si è parlato, nell’ordine, degli scioglimenti dei Comuni di Gioia Tauro, Laureana di Borrello, Canolo, Bova Marina e Sorbo San Basile trovando, quale comune denominatore, le strette relazioni tra amministratori pubblici e ‘ndranghetisti, nonché la chiara volontà di piegare alle logiche mafiose le procedure amministrative finalizzate all’assegnazione di commesse pubbliche.

La strategia espansionistica delle cosche passa, come accennato, anche attraverso un’esportazione dei “comportamenti” mafiosi, in grado di scardinare gli apparati burocratici di altre regioni.
Le motivazioni che hanno portato, nel mese di marzo, in Liguria, allo scioglimento del Comune di Lavagna (GE) sono la testimonianza di una identità criminale ‘ndranghetista sempre uguale, che si ripete e si perpetua.
È stata, infatti, ampiamente richiamata l’esistenza di un gruppo criminale collegato ad una potente cosca calabrese, i cui componenti erano dediti prevalentemente ad acquisire appalti pubblici nel settore della raccolta, stoccaggio e trasporto dei rifiuti, nonché a reimpiegare il denaro di provenienza illecita in operazioni ed in investimenti immobiliari, intestati a prestanome. Anche in questo caso non è mancato il sostegno elettorale da parte della consorteria.

Una modalità d’azione fuori dall’area di origine che non disdegna – laddove funzionale alla realizzazione di più ampi profitti – forme di compartecipazione criminale delle ‘ndrine con altri gruppi di criminalità organizzata, in primis con cosa nostra, con la camorra, ma anche con la criminalità organizzata pugliese; al pari, non risultano trascurabili le sinergie criminali con i sodalizi di matrice straniera.
Con riferimento a cosa nostra rileva il fatto che, nel mese di febbraio, la Polizia di Stato ha scardinato un’organizzazione dedita all’approvvigionamento di stupefacenti destinati al mercato palermitano. Tra i 16 destinatari del provvedimento figurano soggetti in contatto con le ‘ndrine calabresi, già annoverati nell’organico della famiglia mafiosa di Palermo-centro Nel mese di maggio, presso gli imbarcaderi di collegamento tra la Calabria e la Sicilia, sono stati arrestati, in flagranza di reato, 2 soggetti provenienti dalla Calabria – uno dei quali esponente del clan “Trigila” di Siracusa – trovati in possesso di oltre 71 chilogrammi di hashish, nascosti in un’autovettura.
Per quanto attiene alla camorra, in Campania vengono segnalate talune contiguità tra sodalizi locali ed esponenti
del clan reggino Piromalli. Si registrano, inoltre, attività anche di altri clan reggini e, segnatamente, dei Molè, Alvaro e Crea per l’importazione di cocaina.
Nel Lazio, l’operazione “Luna Nera” del mese di maggio ha colpito un affermato imprenditore romano, risultato trait d’union degli interessi nei settori delle estorsioni, dell’usura e del riciclaggio, tra la criminalità romana (Casamonica e famiglia Cordaro di Tor Bella Monaca) il gruppo camorristico dei Senese e la cosca Rango-Zingari di Cosenza.
In particolare, l’imprenditore si sarebbe avvalso della cosca di ’ndrangheta per reclutare “agenti di riscossione crediti”,
maggiormente “convincenti” nel caso di ritardati pagamenti.
Un approfondimento particolare meritano i collegamenti con le organizzazioni criminali pugliesi, nel semestre in esame risultati più evidenti.
Nel mese di gennaio, infatti, l’operazione “Kairos”, diretta dalla DDA di Bari e conclusa con l’arresto di 18 soggetti,
ha posto in luce le sinergie tra la criminalità barese e i sodalizi calabresi per la realizzazione di importanti traffici di sostanze stupefacenti.
Un interesse delle cosche verso la Puglia, che non ha risparmiato il settore turistico della Provincia di Brindisi. Nella località marittima di Torre Guaceto, nel mese di giugno, è stato eseguito un sequestro di beni nei confronti di alcuni soggetti, ritenuti vicini al clan Piromalli di Gioia Tauro, intenzionati a realizzare un resort con vista panoramica.
Questa elasticità organizzativa della ‘ndrangheta – che fa del vincolo di sangue uno dei suoi punti di forza nel processo
di esportazione del modello mafioso – consente alle cosche di adattarsi al territorio, modulando conseguentemente l’intensità della presenza. Una proliferazione delle ‘ndrine che, infatti, come verrà analiticamente evidenziato nel prosieguo del capitolo, non presenta ovunque le stesse caratteristiche, dovendosi parlare, in alcuni casi, di un vero e proprio radicamento con l’insediamento di stabili strutture operative, in altri, di territori di riciclaggio e reimpiego dei profitti illeciti.

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