Reggio Calabria. Una mappatura “aggiornata” seppure “indicativa” della ‘ndrangheta reggina del Mandamento Centro. E’ quanto emerge dalla relazione della Dia – Direzione investigativa antimafia – relativa al primo semestre 2017. Di seguito pubblichiamo integralmente il capitolo riguardante il Mandamento Centro:
Le risultanze giudiziarie e gli atti investigativi, che hanno caratterizzato l’azione di contrasto alla ‘ndrangheta, tendono a consolidare la qualificazione unitaria delle cosche reggine, evidentemente orientate verso l’acquisizione dei più strategici centri di potere e di produzione della ricchezza.
Nell’area in questione, si conferma la supremazia delle cosche Libri (storicamente egemone in Cannavò, frazione del Comune di Reggio Calabria, ma che da tempo ha esteso le proprie ramificazioni in altri locali dominando, in sostanza, quasi tutto il territorio a monte nella zona centro-sud della città), Tegano (attiva nei rioni Archi e Santa Caterina), Condello e De Stefano – come a breve si dirà, fortemente colpite nel semestre – che, stando a recenti evidenze investigative10, avevano costituito una sorta di direttorio mafioso, sovraordinato alle altre famiglie reggine.
Una centralità che, alla luce delle recenti inchieste “Mamma Santissima” e “Reghion”, si è tradotta nella creazione di un vero e proprio comitato d’affari partecipato anche da funzionari infedeli, in grado di condizionare ed incidere sull’operato e l’efficienza della Pubblica Amministrazione.
L’unificazione delle inchieste “Mamma Santissima”, “Reghion”, Sistema Reggio”, “Fata” e “Alchemia” ha, così, portato al processo convenzionalmente denominato “Gotha” – le cui prime udienze sono state celebrate proprio nel corso del semestre (il 29 marzo 2017 ha preso il via il filone in rito abbreviato, con imputate 32 persone, mentre il troncone del processo in rito ordinario, che vede imputate 38 persone, è iniziato il successivo 20 aprile) – che potrebbe ulteriormente delineare l’operato di una serie di personaggi, facenti parte di una cupola mafiosa dalle spiccate connotazioni affaristiche, imprenditoriali ed istituzionali.
Secondo quanto ipotizzato nel capo d’imputazione, tali personaggi rappresentavano “le menti dell’organizzazione, promotori, dirigenti ed organizzatori della componente riservata della ‘ndrangheta quali componenti apicali occulti di un sistema criminale di tipo mafioso per pianificare, in ambito amministrativo, le attività dirette ad interferire sull’esercizio delle funzioni degli organi di rango costituzionale, le cui funzioni venivano piegate verso interessi di parte in grado di provocare ingenti vantaggi ed utilità personali, professionali e patrimoniali”.
Una struttura direttiva riservata, dunque, operante in sinergia con l’organo collegiale di vertice, denominato “Provincia”, la cui esistenza è stata accertata nel processo “Crimine”.
Proprio nei confronti di un imprenditore reggino, risultato pienamente inserito nell’ambito della citata “componente riservata della ‘ndrangheta”, si è concentrata, nel mese di febbraio, l’azione investigativa della D.I.A. di Reggio Calabria. Il locale Centro Operativo ha, infatti, eseguito il sequestro di un patrimonio, del valore di oltre 142 milioni di euro, costituito, tra l’altro, da società operanti nel settore dell’edilizia, immobiliare ed alberghiero, tra Reggio Calabria e Villa San Giovanni, nonché da numerosi terreni, locali commerciali ed appartamenti.
L’imprenditore in parola aveva, nel tempo, coltivato stretti rapporti con esponenti di spicco delle cosche “Libri”, “Alvaro”, “Serraino” e “Barbaro” di Platì fino, appunto, ad essere incluso nei più elevati livelli decisionali della ‘ndrangheta.
Il successivo mese di marzo, sempre la D.I.A. reggina ha colpito un esponente di un’altra delle principali cosche del capoluogo, segnatamente dei Tegano. Si tratta di un imprenditore “di riferimento” della cosca, che aveva accumulato un patrimonio nettamente sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati. Sono stati, così, sottoposti a sequestro14 beni per un valore complessivo di oltre 25 milioni di euro, tra i quali vale la pena richiamare le aziende operanti nei settori della vendita al minuto ed all’ingrosso di prodotti alimentari, di giocattoli e casalinghi, nonché della ristorazione, dei giochi e delle scommesse e, infine, del ramo immobiliare.
Il mese di aprile, ancora la D.I.A. di Reggio Calabria ha sequestrato15 i beni, del valore di oltre un milione di euro, nella disponibilità di un altro ‘ndranghetista collegato sempre ai Tegano, anch’egli di supporto alle azioni criminali della cosca.
La famiglia reggina dei Condello è stata, invece, al centro dell’operazione “Eracle”, conclusa anche questa nel mese di aprile dalla Polizia di Stato e dall’Arma dei Carabinieri con il fermo di 15 soggetti, ritenuti responsabili, tra
l’altro, di associazione mafiosa, porto e detenzione di armi da guerra, traffico di sostanze stupefacenti, maltrattamento
di animali, tutti aggravati dal metodo mafioso.
Un’associazione per delinquere – facente capo ad esponenti di primo piano delle cosche Condello e Stillitano – risultata attiva, oltre che nel traffico di stupefacenti, anche nell’organizzazione di corse clandestine di cavalli e nei servizi di guardiania, imposti agli esercizi commerciali del lungomare reggino.
L’indagine in parola ha avuto anche il pregio di disarticolare un pericoloso sottogruppo criminale formato da soggetti di origine rom, inserito nella cosca Rugolino ed avente, come base operativa, il quartiere di Arghillà (periferia nord di Reggio Calabria), attivo sia nel controllo del territorio che nel procacciamento di armi da fuoco.
Non da ultimo, tenendo a mente le quattro componenti del direttorio mafioso (sino a questo punto sono state esaminate le attività dei LIBRI, dei TEGANO e dei CONDELLO), nel mese di maggio, la Polizia di Stato ha eseguito, nell’ambito dell’operazione “Trash”, un decreto di fermo nei confronti di 5 esponenti della cosca De Stefano di Archi.
Gli stessi erano riusciti, attraverso società di riferimento, ad intercettare ingenti risorse pubbliche destinate al servizio della raccolta dei rifiuti. Non meno invasivo è stata la strategia criminale dei De Stefano, nel settore dell’indotto costituito principalmente da ditte specializzate nella fabbricazione e manutenzione di mezzi per la raccolta dei rifiuti.
Proseguendo nella descrizione delle articolazioni criminali operanti nel mandamento centro, oltre ai clan De Stefano, Condello, Libri e Tegano, si continua a registrare l’operato della ‘ndrina Serraino, attiva nel comune di Cardeto, nel quartiere San Sperato e nelle frazioni di Cataforio, Mosorrofa e Sala di Mosorrofa. Proprio alcuni associati alla ‘ndrina in parola, figurano tra i destinatari di un sequestro di beni, eseguito nel mese di maggio dall’Arma dei Carabinieri, del valore di oltre mezzo milione di euro.
Nella parte sud della città si segnalano i Ficara–Latella, mentre nel quartiere di Santa Caterina è attiva la cosca Lo Giudice.
Nei rioni Modena e Ciccarello risultano i gruppi Rosmini e Borghetto-Zindato-Caridi, con quest’ultima frangia del sodalizio che, nel mese di febbraio, è stata oggetto di un’incisiva investigazione patrimoniale, sempre da parte della D.I.A. di Reggio Calabria, conclusasi con il sequestro di diversi beni immobili e cospicue somme di denaro – per un valore complessivo di circa 500 mila euro – nella disponibilità di un affiliato proprio al clan Caridi.
Ancora a sud della città, nel quartiere Gebbione, è operativa la cosca Labate, colpita anche questa, nel mese di maggio, dalla medesima articolazione periferica, con la confisca23 di beni del valore di 1,2 milioni di euro.
Nella frazione cittadina di Trunca si segnala il clan Alampi, “federato” con la potente cosca Libri.
La locale di ‘ndrangheta, operante nella frazione in parola e nelle adiacenti aree di Croce Valanidi, Oliveto e Allai, è stata al centro dell’operazione “Ponente”, conclusa nel mese di maggio dalla Polizia di Stato e dalla Guardia di Finanza con il sequestro24 di beni per un valore di circa 5,5 milioni di euro. Tra i soggetti coinvolti, anche il referente della citata locale che aveva, tra l’altro, il potere di attribuire le cosiddette “doti di ‘ndrangheta” (veri e propri “gradi”, nella gerarchia criminale).
Proseguendo nella mappatura “geo-‘ndranghestica” del territorio, nel comune di Scilla risulta attiva la cosca Nasone-Gaietti, a Villa San Giovanni si conferma l’operatività del gruppo Zito-Bertuca-Imerti, mentre a Bagnara Calabra permane il sodalizio Alvaro-Laurendi.
L’area di Melito Porto Salvo ricade, invece, sotto l’influenza della famiglia Iamonte – con importanti proiezioni in Liguria – anch’essa oggetto di una incisiva investigazione patrimoniale conclusa, nel mese di marzo, dalla D.I.A. di Reggio Calabria con il sequestro25, tra l’altro, di 70 beni immobili, 15 ettari di terreno coltivato e disponibilità finanziarie per un valore di oltre 6 milioni di euro.
Nei comuni di Roghudi e Roccaforte del Greco risultano attive le storiche consorterie dei Pangallo–Maesano-Favasuli e Zavettieri, “federate” dopo gli anni della sanguinosa “faida di Roghudi”.
Nel comprensorio di S. Lorenzo, Bagaladi e Condofuri si conferma la presenza della cosca Paviglianiti, che vanta forti legami con le famiglie Flachi, Trovato, Sergi e Papalia, caratterizzate da significative proiezioni lombarde e stabili rapporti con le cosche reggine dei Latella e dei Tegano, nonché con i Trimboli di Platì e i Iamonte di Melito Porto Salvo. Nel territorio di Condofuri insiste, infine, la locale di Gallicianò.