Corrado Alvaro diceva “il calabrese vuole essere parlato” e nessuno parla da tanto al calabrese, ed allora il calabrese ha deciso di fare un salto nel buio sperando che vada bene piuttosto che affidarsi a gente che non gli parla e soprattutto non lo ha ascoltato. Quei pochi, appartenenti ai partiti tradizionali, che fanno politica tra la gente, nella strada, ascoltando le persone, infatti, hanno avuto riscontro dei loro sforzi e della loro umiltà, come nel territorio della ex provincia di Reggio Calabria, dove il centro destra, in mezzo ad un mare di voti pentastellati, conquista due collegi uninominali su tre, quasi vincendo il terzo con un candidato che nulla ha anche fare con il territorio reggino e per questo ha perso (per soli 1.400 voti circa). Questa ultima candidatura, come tante, è stato il frutto di giochini troppo lontani da un territorio inaridito dalle mancanze di sezioni di partito, veri e propri centri di ascolto del popolo votante, che garantisce la possibilità di sapere cosa manca a noi elettori per poi comportarsi di conseguenza. Ci si sorprende di Salvini e dei suoi, ma loro, pur appartenendo al “vecchio” sono stati sul territorio, hanno lavorato per esso ed, infine, sono stati inondati di voti. L’arroganza e la superficialità ha portato a fare le liste elettorali, arroganza e superficialità ha portato a fare politiche lontane dai bisogni della gente, arroganza e superficialità ha portato a non ascoltare, arroganza e superficialità ha portato al distacco dalla realtà, a parlare di Ius Soli e di Europa, mentre le persone volevano lavoro e sicurezza; compito della politica sarebbe stato quello di coniugare il tutto, affinché, ad esempio, lo Ius Soli fosse al servizio della sicurezza e viceversa ed il lavoro fosse al servizio dell’Europa e viceversa. Ora si torni al territorio ed all’ascolto, si torni a parlare al calabrese.
Parmenide