Roma. La prima sezione penale della Corte di Cassazione, presidente Filippo Casa, relatore Giuseppe Santalucia, ha annullato con rinvio l’ordinanza del 18 maggio 2017 del Tribunale del riesame di Reggio Calabria, che aveva confermato l’ordinanza con cui il giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale ha applicato a Michele Panetta la misura cautelare della custodia in carcere. Michele Panetta, difeso dall’avvocato Antonino Panetta, era tra i 15 fermati il 27 aprile 2017 dai militari del Comando Provinciale Carabinieri di Reggio Calabria e personale della Squadra Mobile della Questura di Reggio Calabria. Con il nome in codice di “Operazione Eracle” Carabinieri e Polizia avevano eseguito 15 provvedimenti di fermo di indiziato di delitto, emessi dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, nei confronti di altrettanti indagati appartenenti, a vario titolo, alla ‘ndrangheta nella sua articolazione territoriale attigua alle cosche “Condello” di Archi e “Stillitano” di Vito, ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, porto e detenzione di armi da guerra e comuni da sparo, estorsione, rapina, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, intestazione fittizia di beni, maltrattamento di animali, con l’aggravante del metodo mafioso (art. 7 Legge 203/91).
A Panetta, in particolare, si addebita lo svolgimento, all’interno della cosca Condello, di compiti operativi ed esecutivi, di coordinamento e di partecipazione alle attività dei “buttafuori” abusivi di alcuni locali pubblici del lungomare di Reggio Calabria, attuando ritorsioni violente, costringendo al silenzio le persone informate sui fatti, cedendo sostanze stupefacenti per conto della cosca e ponendosi stabilmente a disposizione di Domenico Nucera, presunto promotore ed organizzatore dell’associazione; oltre che dei delitti di detenzione e porto illegale di arma da fuoco e di lesioni aggravate anche dall’uso di un’arma da fuoco, entrambi aggravati dall’articolo 7 d.l. n. 152 del 1991, per aver preso parte ad un episodio di aggressione con armi ai danni di quattro giovani in occasione di una lite con il gestore del “Niù beach garden”, uno dei locali di intrattenimento sito sul lungomare reggino presso cui esercitava abusivamente l’attività di buttafuori.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore dell’indagato, articolando più motivi di ricorso. Per l’inammissibilità del ricorso ha concluso il procuratore generale Mariella De Masellis. I giudici della Suprema Corte, udito l’avvocato Antonino Panetta, hanno ritenuto il ricorso fondato: “L’ordinanza impugnata trae gran parte delle ragioni a fondamento del giudizio di gravità indiziaria per la partecipazione associativa dall’episodio del pestaggio in danno di quattro giovani. L’episodio viene valorizzato, oltre che per la oggettiva gravità, per la causale, consistente nella volontà di punizione di quei ragazzi che, litigando per motivi banali con l’organizzatore di una serata in uno dei locali tutelati dall’organizzazione di buttafuori, avevano implicitamente disconosciuto l’autorità criminale di questi. Si trattava, allora, di ripristinare l’ordine criminale violato, interesse ben più pregante e rilevante di quello direttamente afferente al litigio che costoro avevano avuto con l’organizzatore della serata. Nel discorso giustificativo del provvedimento impugnato tale episodio acquista centralità e quel che da esso si può desumere serve anche a spiegare i rapporti del Panetta con il Nucera, con specifico riguardo all’altra vicenda, relativa al progetto di apertura di un esercizio commerciale, da intestare formalmente al Panetta ma in realtà nella sostanziale titolarità del Nucera. Se, però, si esamina approfonditamente la motivazione dell’ordinanza impugnata, nella parte in cui tratta dell’episodio del pestaggio, se ne apprezza la carenza in ordine proprio al ruolo svolto dal Panetta”.
“Senza una compiuta ricostruzione del ruolo del Panetta – affermano i giudici di Cassazione – nella vicenda dell’aggressione armata, anche quest’ultimo fatto si scolora, potendo essere svilito ad elemento attestante al più un rapporto personale con il Nucera ma non anche un legame del Panetta con il gruppo associativo a cui il Nucera appartiene. L’ordinanza – conclude la Cassazione – deve pertanto essere annullata con rinvio al Tribunale distrettuale del riesame di Reggio Calabria, affinché provveda ad un approfondimento critico della posizione del ricorrente, rinnovando l’esame del materiale indiziario posto a fondamento dell’ordinanza applicativa della misura carceraria”.
Fabio Papalia