Arco e arciere: un’accoppiata storica
Si dice che non sia l’arciere a scegliere l’arco, ma piuttosto il contrario, ovvero che sia l’arma a scegliere l’uomo o la donna che meglio gli si addice.
Comunque la si pensi, non si può non essere d’accordo sul fatto che l’accoppiata arco – arciere eserciti sempre un certo fascino. Passati i secoli in cui l’arco (nato per la caccia di sopravvivenza) era puro strumento di guerra, tanto micidiale quanto silenzioso, la mente vola verso immagini molto più romantiche, come Robin Hood, che aiutato dalla sua inseparabile arma ruba ai ricchi per donare ai poveri; a Guglielmo Tell e a tutti coloro che colpiscono una mela posta sulla testa di una coraggiosa cavia a qualche decina di metri; a Legolas, che nella Terra di Mezzo, viaggia assieme agli altri membri della Compagnia dell’Anello; agli Indiani d’America, che con le frecce tentano invano di mantenere il proprio diritto ad abitare una terra da sempre loro.
La nascita del compound
Ma tutti questi e molti altri arcieri non hanno potuto farsi scegliere e nemmeno scegliere un arco compound; per il semplice motivo che questo non esisteva ancora. Si tratta infatti di un’invenzione piuttosto recente, soprattutto se paragonata a quella del “fratello maggiore”, l’arco semplice, detto anche longbow.
È solo nel 1966 che l’americano Holless Wilbur Allen deposita il brevetto di questa sua creazione, a cui stava lavorando da diversi mesi oramai, al fine di perfezionarne struttura e funzionalità.
L’idea che frullava in testa ad Allen non è forse delle più nobili, dato che i suoi bersagli non erano dei paglioni, ma piuttosto la selvaggina, che trovava abbondante nei boschi attorno a casa. Ma l’obiettivo che questo cacciatore si poneva era quello di trovarsi tra le mani uno strumento con una precisione maggiore di quella del longbow; uno strumento, nell’utilizzo del quale ci si potesse impegnare a prendere la mira, piuttosto che a tenere in tensione la corda, aspettando il momento migliore per scoccare la freccia.
L’arco semplice
Partiamo dall’arco semplice: non è altro un legno ricurvo, sufficientemente flessibile e sufficientemente resistente, ai cui due estremi è fissata una corda. Tirando quest’ultima con due dita (e con una freccia tenuta in posizione perpendicolare rispetto alla corda stessa), i flettenti (ovvero le estremità dell’arco) si piegano all’indietro, sviluppando una certa tensione. Lasciando la corda, i due flettenti si riportano in posizione e spingono in avanti la freccia.
L’energia accumulata da una trazione sulla corda, si libera nel momento in cui si lascia la corda e si trasforma in velocità di propulsione della freccia. La velocità di propulsione ha un’incidenza diretta sulla forma della traiettoria della freccia.
Più si mira lontano, più sarà necessario tendere la corda, costringendosi ad esercitare una tensione crescente con le braccia (in particolare con il braccio che regge corda e freccia). Meno l’arco è potente, più sarà necessario puntare verso l’alto per raggiungere il bersaglio; ma la traiettoria a parabola diminuisce ovviamente la precisione di tiro. E viceversa.
L’arco compound
Ed è proprio qui che interviene Allen con la sua invenzione, che, per quanto sia “semplice” e geniale allo stesso tempo, non era mai stata sviluppata da nessuno prima di lui.
Due carrucole, posizionate ognuna all’estremità di uno dei due flettenti, consentono di moltiplicare la forza che si esercita sulla corda di trazione (quella che, messa in tensione, spingerà la freccia in avanti): ovvero, esercitando la stessa forza che si eserciterebbe con un longbow, con il compound, in virtù delle due carrucole, la forza prodotta sarà doppia.
L’arco compound è dotato due ulteriori corde, dette di controllo, sulle quali sono trasmesse le forze; queste corde collegano tra loro le due estremità dell’arco (quella alta e quella bassa) e, a metà strada, si incrociano tra loro. Se non fosse installato un divaricatore, queste due corde intralcerebbero il passaggio della freccia.
Ma vi è un altro aspetto fondamentale, ovvero che la forza di mantenimento (quella necessaria per mantenere in tensione la corda durante la fase in cui si prende la mira) è modulabile.
Sarà quindi l’arciere, valutando la distanza del bersaglio, le condizioni di vento e altri parametri soggettivi, che regolerà il suo arco compound. Una volta portata in tensione la corda, lo sforzo sarà minimo ed egli potrà concentrarsi per posizionare al centro del suo mirino l’obbiettivo da raggiungere.
Quando penserà di essere pronto sarà sufficiente premere un piccolo grilletto per scoccare la freccia: anche questo accorgimento consente di mantenere alta la precisione di tiro.