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Home Lettere

Assistenza sanitaria: i calabresi figli di un dio minore

by newz
6 Giugno 2018
in Lettere
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Sanità

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Reggio Calabria. Non ho mai pensato che nascere, crescere, formarsi culturalmente, lavorare e…. persino ammalarsi in una regione del Sud Italia come la Calabria, generasse un imprinting di “figlio di un dio minore”! Non ho mai pensato questo e, per arginare il facile proliferare di una mentalità tipicamente meridionale volta all’autocommiserazione, mi impegno quotidianamente nelle Aule universitarie per contribuire ad una formazione culturale, prima, e giuridica, poi, dei nostri giovani. Forse è giunto il momento di ricredermi!
La storia di questi ultimi tempi va, purtroppo, in direzione opposta: i nostri giovani a malincuore, ma con estrema dignità, sono spesso costretti a lasciare la nostra Terra e, parimenti, la gente bisognosa di cure ed accertamenti sanitari, nonostante le eccellenze reggine che, ahinoi, diventano tali solo dopo aver lasciato il Sud !!Oggi assistiamo disorientati e come sempre supini ad uno scontro istituzionale fra le strutture ambulatoriali private accreditate ed il Commissario alla Sanità, Ing. Scura. La sanità calabrese è sempre più in ginocchio e questa volta a farne le spese, nel senso vero e proprio del termine, sono proprio i soggetti più deboli e cioè i pazienti (residenti in Calabria), costretti a pagare le prestazioni, anche se erogate in regime di esenzione per patologia, ma anche le strutture private convenzionate spesso guidate da professionisti che giornalmente investono nel territorio risorse umane, economiche e professionali generando, fra l’altro, un indotto in termini occupazionali senza alcun incoraggiamento pubblico!
Il Governo regionale ha calpestato il diritto costituzionale alla salute costringendo i pazienti ad una sempre più triste migrazione sanitaria non solo riducendo posti letto e chiudendo reparti di strutture pubbliche, ma accanendosi contro quelle private convenzionate, che potranno erogare prestazioni solo a pagamento in quanto, con i tagli imposti dal Commissario straordinario, buona parte delle strutture accreditate hanno già raggiunto il numero massimo di prestazioni erogabili per il 2018. Tutto ciò genera un vergognoso dilatarsi delle liste d’attesa ed una trascuratezza di qualunque forma di medicina preventiva. Ricordiamo che la nostra Costituzione è garante di alcuni valori che stanno alla base del nostro ordinamento quale la tutela della salute, contemplata nell’articolo 32 Cost. ove viene precisato che “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Dal diritto alla salute,
disciplinato altresì dalla Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo e dalla Convenzione dei diritti dell’uomo , nascono altri diritti parimenti inviolabili quali: il diritto alla vita, il diritto all’ integrità psico-fisica ed il diritto alla dignità umana, tutti prioritari per un Paese civile!
Compito dello Stato è non solo garantire il rispetto del valore programmatico della norma, ma promuovere, oltre alla ricerca e alla sperimentazione, anche iniziative che attuino un giusto sistema di tutela delle esigenze della società. Il diritto alla salute, in quanto diritto sociale, deve essere certamente oggetto di bilanciamento con le esigenze organizzative e di finanza pubblica poiché ha dei costi. Tuttavia, il Giuramento di Ippocrate e la Ragioneria hanno il loro comune denominatore nelle scelte di “buonsenso”, volte alla tutela delle fasce deboli ed alla promozione di una cultura di prevenzione e di sinergia fra le Istituzioni ed i cittadini, cultura fortemente propugnata dallo stesso Papa Francesco. Crediamo che sia compito dello Stato eliminare ogni discriminazione fra cittadini e garantire i LEA sempre, comunque e…dovunque! E riteniamo che questo percorso sia alla base dell’art. 3 Cost., pilastro della struttura democratico-costituzionale del nostro Paese, ma forse si tratta di un precetto riconducibile alla teoria delle “illusioni finanziarie”, tanto cara non solo all’economista Amilcare Puviani, ma a quei pochi professionisti, intellettuali, politici che dovrebbero quotidianamente impegnarsi per garantire una eguaglianza sostanziale e non un’Italia a due velocità e che oggi sono chiamati a “metterci la faccia”. Il comparto sanitario, caratterizzato da logiche sue peculiari – in quanto posto a garantire il diritto costituzionale alla salute – non si sana a colpi di tagli di budget alle strutture più virtuose, ma con la creazione di tavoli istituzionali che privilegiano il dialogo e la ricerca di soluzioni condivise. Ricordiamo, altresì, fra l’altro e per inciso, che è rimasta inascoltata la decisione del TAR Calabria con cui si intimava il ritiro dei decreti nn. 72 e 87 con i quali si fissava il tetto massimo delle prestazioni, In definitiva, si assiste supinamente ad una violazione del diritto costituzionale alla salute e ad un depauperamento di posti di lavoro all’interno di strutture che rappresentano punti di riferimento per i cittadini calabresi. Il Commissario afferma che i cittadini devono pagare di tasca propria le indagini deputate alla prevenzione, alla diagnosi precoce, al monitoraggio delle patologie di cui sono affetti, anche se totalmente esenti, in quanto “di scarsa complessità e dal costo non elevato”! E’ necessario che qualche medico chiarisca al Commissario che talvolta anche solo un emocromo può salvare la vita!
Auspichiamo un risveglio delle coscienze ed un sostegno a quanti quotidianamente si impegnano per tutelare i principi inviolabili troppo spesso trascurati.

Prof. Maria Vittoria Serranò

Tags: Calabriareggio calabriasanità
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