San Ferdinando (Reggio Calabria). «Ci tenevamo innanzitutto a portare solidarietà per quello che è accaduto, che è un fatto drammatico, l’omicidio di un lavoratore, un sindacalista, che cercava semplicemente di dare una mano ai suoi compagni di lavoro a vivere in condizioni migliori». Così Matteo Orfini, presidente del Pd, che oggi si è recato nella tendopoli di San Ferdinando, in provincia di Reggio Calabria, dove ha incontrato i lavoratori immigrati.
«Lo abbiamo fatto – aggiunge Orfini – per visitare e verificare una situazione sicuramente di sofferenza, sia nella tendopoli che è gestita ovviamente con standard di livello, una tendopoli che c’è grazie all’impegno della Regione e del Comune, che la gestiscono e l’hanno costruita secondo delle norme e dei criteri accettabili, tenuto conto che una tendopoli però non è mai e non può essere mai considerata una soluzione definitiva. Ma sopratutto a visitare la baraccopoli a fianco che invece è un girone infernale, è un luogo che non dovrebbe esistere in un Paese come l’Italia, in una delle principali potenze mondiali che partecipa al G7. Sacche di sofferenza come quelle sono indegne per un paese come il nostro ed hanno delle radici antiche, qui noi siamo in una situazione in cui abbiamo incontrato tanti lavoratori migranti, che però poi sono quasi sempre o almeno molto spesso lavoratori regolari che hanno dei contratti, che avrebbero diritto quindi a condizioni di vita migliori, ma non ci riescono perché vivono in una condizione di sfruttamento drammatico, perché i caporali li sfruttano, perché c’è un controllo spesso del lavoro nei campi da parte della criminalità organizzata molto rigido che rende molto più difficile il lavoro delle forze dell’ordine che comunque vanno ringraziate per quello che quotidianamente riescono a fare».
«Noi in questi anni – ha proseguito Orfini – abbiamo tentato di affrontare questo problema, abbiamo fatto per la prima volta una legge contro il caporalato, c’è qui Teresa Bellanova che per ragioni anche personali ha dato un grande contributo a quel lavoro, che una legge importante che sta consentendo di affrontare questa piaga e i dati ci dicono che inizia ad avere efficacia. Naturalmente affinché questo percorso continui c’è bisogno che anche chi ha vinto le elezioni se ne faccia carico. Che invece di dichiarare guerra ai migranti, dichiari guerra ai caporali e alla mafia. Noi questo ci aspetteremmo da un governo che ha davvero a cuore la sicurezza e non la propaganda. E da questo punto di vista noi non eravamo venuti qua per polemizzare però quello che è accaduto ieri ci obbliga anche a dire qualcosa. Noi siamo qua anche perché ci sarebbe dovuto venire qualcun altro che ha scelto di non venire. Che ha scelto il silenzio in questi giorni successivi all’omicidio. Ha scelto di far finta di niente, ha scelto addirittura in alcuni casi come ha fatto ieri il ministro Salvini la via della provocazione. Quando un ministro degli Interni arriva a dire che sì forse verrà quando troverà il tempo ma che non lo farà di certo in questi giorni perché preferisce andare a prendere la figlia a scuola che è a Como e quindi molto più vicino a casa sua e quindi molto più comoda, fa una dichiarazione aberrante, indegna non di un ministro degli Interni ma di un essere umano. Perché io ricordo al ministro Salvini che quel lavoratore morto ammazzato ha una figlia di 5 anni che il padre non lo rivedrà mai più, il padre ha dovuto lasciare il suo paese d’origine per venire a cercare lavoro qua per riuscire a sostenerla, una famiglia che adesso è priva di ogni sostegno. Allora si può fare tutto, però su queste cose non si può giocare, non si può strumentalizzare, non si possono fare provocazioni – ha concluso Orfini – perché questo davvero è indegno del ministro degli Interni».
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