«Non sai chi sono io?» Polizia arresta il giovane nipote del boss Giovanni Tegano

Reggio Calabria. Nella mattinata odierna, al culmine di accurate indagini coordinate dalla Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria, diretta dal procuratore della Repubblica Giovanni Bombardieri, gli investigatori della Squadra Mobile diretta dal primo dirigente Francesco Rattà hanno dato esecuzione alla misura cautelare degli arresti domiciliari emessa dal gip presso il Tribunale di Reggio Calabria nei confronti di Giovanni Tegano, 22enne nato a Melito Porto Salvo e residente ad Archi – nipote omonimo del noto boss Giovanni Tegano cl. 1939, vertice dell’omonima famiglia di ‘ndrangheta e attualmente detenuto – per il delitto di violenza privata aggravato dalle modalità mafiose, commesso in pregiudizio di un giovane reggino.
Si tratta dai fatti avvenuti nella notte del 28 maggio 2017, dinanzi a un noto bar della movida reggina, allorché Tegano giunse sul posto insieme ad altri giovani a bordo di un’auto a forte velocità, andando così ad impattare con il marciapiede posto vicino al luogo in cui era seduta la vittima che stava trascorrendo la serata insieme ai propri amici. Quest’ultimo, avvertito l’impatto della ruota contro il marciapiede, aveva fatto cenno al conducente di andare piano, trovando tuttavia la pronta reazione del guidatore che sceso dal veicolo, unitamente ad altri quattro giovani, e con fare minaccioso profferiva parole del genere “Non sai chi sono io? Sono Giovanni Tegano”, continuando poi ad inveire e ad utilizzare la chiave dell’autovettura spingendola contro il collo della vittima, provocandogli lesioni personali.
Le violenze sono consistite anche nel fatto che l’uomo è stato costretto a non allontanarsi dal posto per un successivo confronto con Tegano che nel frattempo era entrato nel bar e nell’impedirgli di utilizzare il proprio telefono cellulare. Nelle fasi successive, la vicenda stava per degenerare in attimi di deliberata violenza, quando Tegano, avvisato da alcuni suoi amici che la vittima intendeva contattare le forze dell’ordine, è uscito fuori dal bar e ha cercato, senza riuscirci, di colpirlo con schiaffi e pugni. Sicché, nel tentativo di ripararsi dai colpi, il giovane è caduto per terra ed, al quel punto, il Tegano ed i suoi amici, considerata la presenza di una moltitudine di avventori, si sono allontanati dal posto. Le indagini – coordinate dal sostituto procuratore distrettuale antimafia Walter Ignazitto – sono state svolte dagli investigatori della Squadra Mobile attraverso escussioni testimoniali e riprese video che hanno corroborato quanto dichiarato dai testimoni, permettendo di raccogliere ogni elemento atto a ricostruire l’intera vicenda. Al giovane Tegano viene contestata l’aggravante mafiosa per avere evocato, ostentando il proprio cognome, la forza intimidatoria dell’omonima cosca di ‘ndrangheta, storicamente espressione di una delle più temibili frange della locale criminalità organizzata.

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