Roma. Oggi è stata pubblicata la Relazione Semestrale della Direzione investigativa antimafia relativa al 2° semestre 2017. Il documento analizza così il fenomeno della criminalità organizzata calabrese.
La ‘ndrangheta continua a rappresentare un’organizzazione di tipo mafioso, fortemente strutturata su base territoriale, fondata sulle famiglie, intese quale vincolo di parentela, e pertanto tendenzialmente refrattaria al fenomeno del pentitismo, articolata su più livelli e provvista di organismi di vertice, che puntano ad operare con processi decisionali unitari. L’analisi del semestre conferma, inoltre, la ramificazione della criminalità organizzata calabrese, costantemente proiettata verso la moltiplicazione della ricchezza e l’esercizio del potere. In tale contesto, non appartengono al passato i rituali di affiliazione. Le più recenti acquisizioni investigative danno conto, infatti, di quanto essi siano tuttora indispensabili per definire appartenenza e gerarchie interne, per rafforzare il senso di identità e per dare “riconoscibilità” all’esterno, anche in contesti extraregionali e persino internazionali. Appaiono emblematici, in proposito, gli esiti della complessa operazione “Mandamento Jonico”, conclusa nel mese di luglio dall’Arma dei carabinieri, che ha fornito una più definita radiografia strutturale della ‘ndrangheta, individuandone gerarchie ed organigrammi, aggiornando la conoscenza di regole, rituali, cariche, doti e strutture sovraordinate, di cui si è nel tempo dotata per migliorare la propria efficienza operativa. Le investigazioni hanno riguardato le cosche operanti nei tre mandamenti della Provincia di Reggio Calabria, in particolare quelle del mandamento jonico, facendo emergere uno spaccato completo delle dinamiche associative delle più importanti articolazioni ‘ndranghetiste. Il modello organizzativo appena descritto viene sistematicamente replicato anche al di fuori del territorio d’elezione, dove le cosche cercano in vario modo di accreditarsi per accedere a quei circuiti utili a condizionare scelte politiche e amministrative, regolare rapporti con imprese, enti, banche ed istituzioni. Un’ambizione che, di fatto, ha determinato la proiezione delle ‘ndrine verso le aree più ricche del Paese ed all’estero, dove è ormai consolidata la capacità di riciclare e reimpiegare i capitali illeciti, utilizzando tecniche di occultamento sempre più sofisticate, con il traffico internazionale di stupefacenti che rimane la primaria fonte di finanziamento. Accanto ai traffici di stupefacenti, anche le estorsioni, nelle loro molteplici modalità di realizzazione, rimangono tra i principali canali di arricchimento, come testimoniato dall’operazione “Metauros”, del mese di ottobre, coordinata dalla DDA di Reggio Calabria, nel cui ambito è stato confermato, tra l’altro, l’interesse e il ruolo della ‘ndrangheta verso il “ciclo dei rifiuti”, attraverso il condizionamento mafioso nei lavori di costruzione e nella gestione del termovalorizzatore di Gioia Tauro, unico impianto della regione. Al pari degli scorsi anni, anche nel periodo in esame si è assistito allo scioglimento di diverse Amministrazioni comunali calabresi per infiltrazioni mafiose, ai sensi dell’art. 143 del TUOEL, quasi sempre intercettate grazie ad articolate indagini, che continuano a dare conto delle collusioni tra compagini di ‘ndrangheta ed apparati politico- amministrativi locali. Si tratta, nell’ordine, delle Amministrazioni comunali di:
1. Brancaleone (RC), sciolto con D.P.R. del 31 luglio 2017;
2. Cropani (CZ), sciolto con D.P.R. del 31 luglio 2017, a seguito dell’operazione “Borderland” del novembre 2016;
3. Cassano allo Ionio (CS), sciolto con D.P.R. del 24 novembre 2017;
4. Isola Capo Rizzuto, sciolto con D.P.R. del 24 novembre 2017, a conclusione dell’operazione “Jonny” del gennaio 2017;
5. Lamezia Terme (CZ), sciolto con D.P.R. del 24 novembre 2017, all’esito dell’operazione “Crisalide” del maggio 2017;
6. Marina di Gioiosa Ionica (RC), sciolto con D.P.R. del 24 novembre 2017;
7. Petronà (CZ), sciolto con D.P.R. del 24 novembre 2017.
Le evidenze investigative del semestre confermano, inoltre, come le consorterie stiano cercando di cogliere, con strumenti corruttivi o più esplicitamente violenti, le numerose opportunità offerte da economie dinamiche e di portata internazionale. Un vero e proprio modello d’azione che continua ad essere replicato, oltre che in Calabria, anche in altre aree nel Nord Italia ed all’estero, con proiezioni operative in Germania, in Svizzera, Spagna, Francia, Olanda e nell’Est Europa, nonché nei continenti americano (con particolare riferimento al Canada) ed australiano. Contesti dove si sono stabilmente insediate nuove generazioni di affiliati, incardinati in locali che, seppur dotati di una certa autonomia, continuano a dar conto al comando strategico reggino. Una vera e propria “colonizzazione” da parte del malaffare calabrese, nel cui ambito “…le cosche della ’ndrangheta restano l’espressione mafiosa maggiormente aggressiva e la minaccia criminale più evidente alla sicurezza nazionale”. In tale quadro e nella generale azione di contrasto – contrassegnata, anche nel semestre, da indagini di elevato spessore della DIA e delle Forze di polizia – l’aggressione ai patrimoni illeciti e la cattura dei latitanti restano strumenti imprescindibili, per i quali assume una valenza sempre più importante, diremmo fondamentale, la cooperazione con le polizie estere.