‘Ndrangheta a Reggio Calabria: il Mandamento Jonico nella Relazione Semestrale Dia

Direzione investigativa antimafia

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Roma. Oggi è stata pubblicata la Relazione Semestrale della Direzione investigativa antimafia relativa al 2° semestre 2017. Le analisi criminali e le pronunce giudiziarie consolidano le zone di influenza della ‘ndrangheta reggina, secondo le macro-aree del “mandamento centro”, “mandamento tirrenico” e “mandamento jonico”, quest’ultimo comprendente la fascia jonica, la cd. “Montagna”. Il documento analizza così la ‘ndrangheta reggina del Mandamento Jonico:

Le cosche del mandamento jonico continuano ad evidenziare una spiccata propensione alla gestione dei traffici internazionali di stupefacenti, forti, da un lato, dell’affidabilità che riconoscono loro i trafficanti dei Paesi produttori, dall’altro, di una capacità di utilizzare meccanismi sempre più sofisticati per la movimentazione della droga. Allo stesso tempo, le cosche mostrano un forte interesse ad inquinare le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, quasi sempre puntando ad intessere relazioni politico-mafiose. Nel periodo in esame appaiono di tutto rilievo le risultanze dell’operazione denominata, appunto, “Mandamento Jonico”, nel cui ambito, nel mese di luglio, a Reggio Calabria, Roma, Milano e Genova, i militari dell’Arma dei carabinieri hanno eseguito un provvedimento di fermo nei confronti di 116 soggetti, indagati per numerosi gravi reati, tra i quali associazione di tipo mafioso, tentato omicidio, sequestro di persona, rapina, produzione e traffico di stupefacenti, trasferimento fraudolento di valori, rivelazione ed utilizzazione di segreto d’ufficio, abuso d’ufficio, truffa, frode nelle pubbliche forniture, turbata libertà degli incanti, tutti aggravati dalla finalità di agevolare l’organizzazione mafiosa. Le indagini hanno riguardato le cosche operanti nei tre mandamenti (tirrenico, centro e jonico) in cui risulta suddivisa la Provincia di Reggio Calabria, con particolare rilevanza per quelle del mandamento jonico, facendo emergere uno spaccato completo delle dinamiche associative delle più importanti articolazioni di ‘ndrangheta. Sono state, infatti, individuate le gerarchie, gli organigrammi e le dinamiche associative dei principali locali della provincia reggina: di Roghudi, Condofuri, S. Lorenzo, Bova, Melito Porto Salvo, Palizzi, Spropoli, S. Luca, Bovalino, Africo, Ferruzzano, Bianco, Ardore, Platì, Natile di Careri, Cirella di Platì, Locri, Portigliola, Saline, Montebello Jonico e S. Ilario (rientranti nel Mandamento Jonico); di Sinopoli (Mandamento Tirrenico), nonché delle cosche reggine FICARA-LATELLA e SERRAINO. Ciò ha consentito l’aggiornamento della conoscenza di regole e rituali della ‘ndrangheta, individuando persino nuove doti, nonché, tra le altre cose, confermando l’operatività di una struttura sovraordinata con le relative cariche, istituita allo scopo di accrescere il prestigio dei 5 locali che la compongono e di migliorare l’efficienza operativa delle articolazioni locali, extra-regionali, nazionali ed estere. In tale contesto inoltre, sono state accertate le modalità di funzionamento dei “tribunali” di ‘ndrangheta e le procedure dei giudizi, in capo agli affiliati, sospettati di violazioni, nonché le regole applicabili in caso di faida. È stata, poi, documentata l’infiltrazione nel controllo degli appalti pubblici, banditi per opere infrastrutturali sul territorio, mediante la turbativa di gare o l’imposizione di subappalti in favore di ditte controllate dalle cosche. A conclusione delle attività sono state sequestrate 10 imprese operanti nel settore edile e del movimento terra, esercizi commerciali e beni immobili, per un valore di circa 30 milioni di euro.
Tornando alla mappatura geo-criminale dei sodalizi del mandamento jonico si richiama, in primo luogo, il locale di Platì, nell’ambito del quale si conferma l’operatività delle cosche federate BARBARO-TRIMBOLI-MARAND. Per il locale di San Luca si segnala, invece, l’egemonia delle cosche PELLE-VOTTARI-ROMEO e NIRTA-STRANGIO. Nel mese di luglio, a Bovalino e San Luca, i Carabinieri hanno eseguito un decreto di sequestro nei confronti di un imprenditore edile, pregiudicato, ritenuto appartenente alla cosca ROMEO-Staccu. Il provvedimento ha riguardato beni mobili ed immobili (tutti dislocati nel comune di Bovalino) e prodotti finanziari, per un valore complessivo di circa 2 milioni di euro. Le attività operative del semestre hanno, ancora una volta, confermato l’interesse dei sanlucoti verso i Paesi d’Oltralpe. Nel mese di dicembre, in Germania, la Polizia Tedesca ha catturato il latitante STRANGIO Antonio, contiguo alla cosca PELLE-Vancheddu”, ricercato dal dicembre 2012 (in quanto sottrattosi alla misura cautelare dell’obbligo di dimora) e rintracciato a Moers, una cittadina sita a circa 10 km da Duisburg. Quest’ultima cittadina, come si ricorderà, è stata teatro della nota, efferata strage del 15 agosto 2007, quando, dinanzi alla pizzeria “Da Bruno”, 6 esponenti della cosca PELLE-VOTTARI rimasero uccisi da un commando giunto dalla Calabria, composto da esponenti dei NIRTA-STRANGIO, che agirono aderendo alle logiche della cd. “faida di San Luca”, che dal 1991 aveva insanguinato quel comprensorio jonico. Come il locale di San Luca anche quello di Africo – ove risulta egemone la cosca MORABITO-PALAMARA-BRUZZANITI – è stato oggetto di attenzione investigativa finalizzata alla cattura dei latitanti. Nel mese di settembre, a conferma del sempre forte interesse delle cosche del posto per i Paesi sudamericani, a Punta del Este (Uruguay), la locale Polizia ha rintracciato e tratto in arresto il narcotrafficante MORABITO Rocco, esponente di spicco dell’omonima cosca. L’uomo, irreperibile dal 1994 ed inserito nell’Elenco dei Latitanti di massima pericolosità del Programma Speciale di Ricerca del Ministero dell’Interno, deve scontare 30 anni di reclusione per traffico internazionale di stupefacenti ed associazione di tipo mafioso. La cattura è scaturita dall’attività di ricerca della polizia uruguaiana, operata in stretta collaborazione info-investigativa con i Carabinieri di Reggio Calabria e la Direzione Centrale per i Servizi Antidroga. Le attuali dinamiche del locale di Africo sono state profondamente investigate con l’operazione “Banco Nuovo”, del mese di novembre, nell’ambito della quale la Polizia di Stato e l’Arma dei carabinieri hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare a carico di 46 soggetti, ritenuti responsabili, tra l’altro, di associazione di tipo mafioso, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale, violenza e minaccia a pubblico ufficiale, turbata libertà degli incanti, estorsione, rapina, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e ricettazione, tutti aggravati dal metodo mafioso allo scopo di agevolare la ‘ndrangheta. L’operazione costituisce la sintesi di due diversi, ma convergenti segmenti di indagine, svolti nei confronti della criminalità organizzata, radicata ad Africo Nuovo, Motticella, Bruzzano Zeffirio, Brancaleone e zone limitrofe della fascia jonica reggina. In particolare, il primo segmento, curato dalla Polizia di Stato, ha fatto emergere la commissione di reati in materia di armi e di stupefacenti da parte di un gruppo criminoso “di nuova generazione”, la nascente cellula denominata “Cumps” di Brancaleone. Di rilievo, in tal senso, appare l’opera di alcuni sodali del clan MORABITO che, proprio facendo leva sull’appartenenza al famigerato casato criminale, avevano raccolto intorno a sé un nutrito e coeso gruppo di giovani – per lo più residenti in contrada Razzà di Brancaleone o nelle vie limitrofe alla stessa – dotato di una forte struttura organizzativa. Il gruppo poteva godere, tra l’altro, di un “riconoscimento sociale”, dal momento che una buona parte dei cittadini di Brancaleone preferiva rivolgersi ai “Cumps”, piuttosto che denunciare i fatti penalmente rilevanti.
Il secondo segmento investigativo, curato dall’Arma dei carabinieri e partito dall’omicidio di un ristoratore di Brancaleone (RC) nel 2009, ha fatto emergere la forte infiltrazione della ‘ndrangheta nel settore degli appalti pubblici – sia per quanto concerne il movimento terra, il trasporto e la fornitura di materiali inerti, sia con riferimento alla fornitura di mezzi e di manodopera – nonchè il potere di condizionamento mafioso degli organi amministrativi locali. Fin dall’avvio delle investigazioni si è avuto contezza, non solo dell’appartenenza degli indagati alla ‘ndrangheta, ma anche dei nuovi assetti organizzativi rimodulati a seguito della “pace” venutasi ad instaurare tra le diverse cosche, dopo la sanguinosa faida di Motticella. Un processo di riorganizzazione che ha dato origine ad un nuovo locale a Brancaleone, denominato “Banco Nuovo”, con una conseguente ridefinizione dei ruoli dei singoli affiliati. Il risultato dei due segmenti di inchiesta testimonia una primazia delle famiglie di Africo e Bruzzano sul territorio di Brancaleone e, al contempo, la volontà di creare autonomi gruppi di famiglie che, pur nel rispetto dell’unitarietà ‘ndranghetista, sembrano aver acquisito una certa autonomia decisionale ed operativa. Le indagini hanno, tra l’altro, confermato l’immagine di un apparato amministrativo locale permeato dalla ‘ndrangheta: un impiegato del Comune di Brancaleone, già nel 2016 era stato indagato perché collegato alle cosche. Il conseguente accesso al Comune, disposto nel mese di dicembre 2016 dal Prefetto di Reggio Calabria, ha portato allo scioglimento, nel mese di luglio, del Comune di Brancaleone. Dalla relativa proposta, a firma del Ministro dell’Interno, si evince come nell’Ente fossero presenti forme d’ingerenza della ‘ndrangheta, tali da compromettere la libera determinazione e l’imparzialità dell’amministrazione, nonché il buon andamento ed il funzionamento dei servizi. Sono altresì emerse procedure di “spartizione” degli appalti con gravi e ripetute irregolarità, sia nel settore delle concessioni demaniali marittime, sia nel settore edilizio, con autorizzazioni rilasciate in favore di persone legate da rapporti di parentela o affinità ad esponenti della criminalità organizzata. Spostando, ora l’attenzione, sul locale di Siderno, nell’area di influenza si segnala l’operatività della cosca COMMISSO, in contrapposizione a quella dei COSTA-CURCIARELLO. Sul locale di Marina di Gioiosa Ionica insistono le cosche AQUINO-COLUCCIO e MAZZAFERRO, con proiezioni operative anche al centro-nord del Paese e all’estero. Proprio con riferimento a tali sodalizi, appare opportuno evidenziare che nel mese di luglio, nell’ambito del processo “Acero Connection-Krupy”, sono state pronunciate 37 condanne ed una assoluzione, per un totale di circa 5 secoli di reclusione, nei confronti di esponenti delle citate cosche COMMISSO ed AQUINO-COLUCCIO. Da segnalare, poi, come nel mese di novembre, il Comune di Marina di Gioiosa Ionica sia stato sottoposto a scioglimento da parte del Presidente della Repubblica. Nella proposta di scioglimento, a firma del Ministro dell’Interno, sono state evidenziate forme d’ingerenza da parte della criminalità organizzata che avrebbero compromesso la libera determinazione e l’imparzialità dell’amministrazione, nonché il buon andamento ed il funzionamento dei servizi, con grave pregiudizio per lo stato dell’ordine e della sicurezza pubblica, anche in ragione dei legami di parentela o dei rapporti di frequentazione tra elementi dei sodalizi locali e taluni sottoscrittori delle due liste di candidati (presentatisi alle consultazioni amministrative del 2013), nonché con esponenti dell’apparato burocratico dell’Ente. Nelle fasi del controllo sono state esaminate le procedure finalizzate all’esecuzione di lavori ed alla prestazione di servizi, alle concessioni per la gestione degli stabilimenti balneari, che hanno fatto emergere irregolarità ed anomalie di cui si sono avvantaggiate anche imprese di riferimento della ‘ndrangheta. Per ciò che concerne il locale di Gioiosa Jonica, si segnala la cosca URSINO-URSINI, federata con la menzionata cosca dei COSTA-CURCIARELLO di Siderno, nonché la cosca JERINÒ.
Nel mese di dicembre 2017, a Gioiosa Jonica (RC), la Guardia di finanza ha eseguito un decreto di confisca di beni nei confronti di un narcotrafficante, esponente della citata cosca URSINO-URSINI, già destinatario di fermo di indiziato di delitto nell’ambito dell’operazione “Puerto Liberado” del 2014, ed arrestato nel mese di gennaio 2015, dopo 6 mesi di latitanza. Il valore dei beni confiscati ammonta a circa 1,3 milioni di euro. Nell’area di Monasterace ed in quelle limitrofe di Stilo, Riace, Stignano, Caulonia e Camini, si rileva l’operatività della cosca RUGA-METASTASIO-LEUZZI, legata ai GALLACE della vicina Guardavalle (CZ); nel comune di Caulonia sono presenti, i VALLELONGA. Le cosche CATALDO e CORDÌ si concentrano sul comprensorio di Locri. La citata operazione “Mandamento Jonico” ha evidenziato l’operatività, nell’area, anche dei sodalizi AVERSA/ARMOCIDA, URSINO e FLOCCARI, satelliti delle due principali cosche ivi presenti. Nel comune di Sant’Ilario dello Jonio è operativa la cosca BELCASTRO-ROMEO, mentre nel comune di Careri insistono le famiglie CUA-RIZIERO, IETTO e PIPICELLA. Nel comune di Bruzzano Zeffirio esercita la propria influenza la cosca TALIA-RODÀ, nel comune di Antonimina la cosca ROMANO, ad Ardore la cosca VARACALLI, a Ciminà le cosche NESCI e SPAGNOLO, a Cirella di Platì la cosca FABIANO, mentre a Canolo si segnala la presenza della cosca RASO. Da ultimo, per ciò che concerne il mandamento in esame, appare opportuno segnalare che, nel mese di ottobre, nell’ambito del processo “Saggezza”, sono state pronunciate, in appello, 9 condanne per un totale di 115 anni di reclusione, contro esponenti delle cosche della fascia jonica.

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