‘Ndrangheta a Reggio Calabria: il Mandamento Tirrenico nella Relazione Semestrale Dia

Direzione investigativa antimafia

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Roma. Oggi è stata pubblicata la Relazione Semestrale della Direzione investigativa antimafia relativa al 2° semestre 2017. Le analisi criminali e le pronunce giudiziarie consolidano le zone di influenza della ‘ndrangheta reggina, secondo le macro-aree del “mandamento centro”, “mandamento tirrenico” e “mandamento jonico”, quest’ultimo comprendente la fascia jonica, la cd. “Montagna”. Il documento analizza così la ‘ndrangheta reggina del Mandamento Tirrenico:

Anche nel mandamento tirrenico le cosche continuano ad esprimere una spiccata vocazione “imprenditoriale”, che ha determinato, con il passare del tempo, una serie di mutamenti strutturali ed organici negli storici gruppi di ‘ndrangheta dell’area, funzionali anche alla nascita di nuove alleanze. In ogni caso, specie con riferimento alla Piana di Gioia Tauro, resta pressante l’operatività delle cosche PIROMALLI e MOLÈ, interessate, nel semestre, da importanti operazioni di polizia giudiziaria. Significativa – anche ai fini della ricostruzione “storica” delle dinamiche criminali che hanno contrassegnato, nel tempo, le relazioni tra ‘ndrangheta e cosa nostra – è risultata l’indagine “‘Ndrangheta stragista”, conclusa, nel mese di luglio, dalla Polizia di Stato. Le investigazioni hanno portato all’arresto di un esponente di vertice della criminalità organizzata di Melicucco (RC) – indicato dagli inquirenti come colui che, per conto della cosca PIROMALLI di Gioia Tauro (RC), avrebbe tenuto i rapporti con la destra eversiva e la massoneria deviata – e di uno storico elemento apicale del mandamento palermitano di Brancaccio, condannato all’ergastolo e sottoposto al regime carcerario del 41 bis O.P.. A carico di costoro, nel mese di ottobre ha preso il via, innanzi alla Corte d’Appello di Reggio Calabria, il processo con giudizio immediato. Sempre nel mese di ottobre, a Gioia Tauro (RC), nell’ambito dell’operazione “Metauros”, la Polizia di Stato e l’Arma dei carabinieri hanno eseguito il fermo di 7 soggetti, ritenuti responsabili di associazione di tipo mafioso, estorsione e intestazione fittizia di beni. Tra i destinatari del provvedimento compaiono un esponente di vertice della cosca PIROMALLI ed alcuni imprenditori. Contestualmente, è stato eseguito il sequestro di 10 imprese, operanti nel settore dello smaltimento dei rifiuti nelle province di Reggio Calabria, Catania, Siracusa e Trapani. L’inchiesta – che ha confermato il forte interesse della ‘ndrangheta anche verso tale fiorente business – ha accertato come la costruzione e la gestione del termovalorizzatore di Gioia Tauro abbia risentito del continuo condizionamento della cosca PIROMALLI. Vale la pena di rilevare come l’impianto, l’unico presente nel territorio calabrese, rivesta un ruolo strategico per il ciclo dei rifiuti dell’intera Regione. Quale coronamento di alcune delle complesse indagini che nel corso degli ultimi anni hanno interessato le cosche attive nella Piana di Gioia Tauro, nel periodo in esame sono state irrogate pesanti condanne nei confronti di esponenti di vertice ed affiliati. Nel mese di ottobre, nell’ambito del processo “Vulcano”, è stata emessa una sentenza di condanna nei confronti dei 22 imputati, esponenti delle cosche MOLÈ, PIROMALLI, ALVARO, CREA E PESCE, per un totale di oltre 2 secoli e mezzo di reclusione. Nel mese di novembre, poi, nell’ambito del processo “Atlantide”, sono state irrogate 3 condanne ad esponenti della cosca PIROMALLI, per un totale di oltre 20 anni di reclusione. Sempre a novembre, nell’ambito del processo di appello “Mediterraneo”, sono state inflitte 30 condanne per oltre 2 secoli di reclusione, nei confronti di sodali della cosca MOLÈ. Ancora nel mese di novembre, nell’ambito del processo d’appello “Puerto Liberado”, sono state, invece, comminate 16 condanne per oltre 130 anni di reclusione, nei confronti di un sodalizio legato ai clan della Piana di Gioia Tauro. Proprio a Gioia Tauro (RC), sempre l’Arma dei carabinieri ha eseguito, nel mese di dicembre, il fermo di 3 soggetti, ritenuti vicini alla cosca PIROMALLI, responsabili, tra l’altro, di tentata estorsione e sequestro di persona, lesioni aggravate ed illecita concorrenza, condotte aggravate dalle modalità mafiose. Il provvedimento si pone all’esito di un’indagine, che ha fatto luce sui diversi tentativi di estorsione compiuti nei confronti di 2 società di logistica e trasporto. Proseguendo nella mappatura geo-criminale dell’area, il porto di Gioia Tauro si conferma tra le destinazioni preferite dai trafficanti internazionali di stupefacenti, così come confermato dai sequestri operati dalla Guardia di finanza nel corso del semestre, per un totale di circa una tonnellata di cocaina, proveniente dal Sud America. Per il comprensorio di Rosarno-San Ferdinando, si registra l’operatività delle cosche PESCE e BELLOCCO, in particolare nelle attività portuali, nel traffico di armi e stupefacenti, nelle estorsioni e nell’usura. Anche queste cosche sono state al centro dell’azione di contrasto condotta nel semestre. Nel mese di agosto, a Rosarno (RC), la Polizia di Stato ha eseguito un decreto di sequestro di beni a carico di un esponente della cosca PESCE, tratto in arresto nell’ambito dell’operazione “Recherche”, conclusa nell’aprile 2017. Il valore dei beni sequestrati ammonta a circa 1 milione di euro. Il successivo mese di ottobre, sempre a Rosarno (RC), i Carabinieri hanno eseguito un decreto di sequestro di beni – del valore di circa 250 mila euro – nei confronti, questa volta, di un esponente del clan CACCIOLA, legato alla più potente cosca BELLOCCO, già tratto in arresto, nel 2014, nell’ambito dell’operazione “Mauser”. Nel periodo in esame non sono mancate, poi, anche importanti catture, tra cui quella eseguita il 7 settembre, ad Amsterdam, dalla locale Polizia e dall’Arma dei carabinieri, che hanno individuato e tratto in arresto BONARRIGO Gioacchino, affiliato alla cosca BELLOCCO, ricercato dal luglio 2011 in esecuzione di un mandato di arresto europeo, per associazione finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti e detenzione illecita di armi. Tornando alla mappatura criminale dell’area, nel comune di Palmi sono presenti le cosche GALLICO e PARRELLO- BRUZZESE. Nell’area di Seminara si segnala, invece, l’operatività delle cosche SANTAITI-GIOFFRÈ (detti “’Ndoli-Siberia-Geniazzi”) e CAIA-LAGANÀ-GIOFFRÈ (detti “Ngrisi”), i cui principali esponenti risultano, allo stato, tutti detenuti. Nel mese di agosto, a Sinopoli (RC), è stato tratto in arresto, dalla Polizia di Stato e dai Carabinieri, il latitante ROMEO Antonio, esponente della citata cosca SANTAITI, unitamente ad un suo favoreggiatore, rintracciati mentre attendevano alla coltivazione di piante di canapa indiana, all’interno di un’impervia area boschiva. Nell’area di Rizziconi permane l’operatività della famiglia “CREA”, con diramazioni nel centro e nord Italia, colpita anche questa, nel semestre, sotto il profilo patrimoniale. Nel mese di novembre, infatti, il figlio del capo cosca – arrestato nel gennaio 2016 dopo dieci anni di latitanza – è stato destinatario di un decreto di confisca, eseguito dalla Polizia di Stato, che ha interessato beni del valore di 1 milione di euro, mentre nei confronti di altri familiari del boss è stato eseguito un ulteriore decreto di confisca51, che ha interessato beni per 6 milioni di euro.
Nell’area di Castellace di Oppido Mamertina si rileva la presenza delle cosche RUGOLO- MAMMOLITI52, POLIMENI- MAZZAGATTI-BONARRIGO e FERRARO-RACCOSTA. Nell’area di Sinopoli, Sant’Eufemia e Cosoleto operano gli ALVARO53, interessati, nel semestre, dagli esiti dell’operazione “Mandamento Jonico”, meglio descritta più avanti. Per quanto concerne, invece, la consolidata vocazione degli ALVARO verso il traffico internazionale di stupefacenti, si fa rinvio agli esiti dell’operazione “Fireman”, conclusa nel mese di ottobre dalla Polizia di Stato e dalla Guardia di finanza, diffusamente riportata nelle proiezioni lombarde delle cosche. Si conferma, da ultimo, l’operatività delle famiglie FACCHINERI e ALBANESE- RASO-GULLACE a Cittanova, AVIGNONE-ZAGARI-VIOLA-FAZZALARI e SPOSATO-TALLARIDA a Taurianova, mentre in frazione San Martino dello stesso comune, si segnalano gli ZAPPIA e i CIANCI-MAIO-HANOMAN. Le potenzialità criminali delle cosche del mandamento tirrenico hanno trovato l’ennesimo riscontro nell’ambito dell’operazione “Terramara-Closed”, conclusa nel mese di dicembre tra le province di Reggio Calabria, Milano, Roma, Genova, Aosta e Modena. L’attività, coordinata dalla DDA reggina e frutto della sinergia investigativa tra Polizia di Stato, Arma dei carabinieri e Guardia di finanza, ha portato all’arresto di 47 soggetti, accusati, tra l’altro, di associazione di tipo mafioso, estorsione, danneggiamento, trasferimento fraudolento di valori, con l’aggravante delle finalità mafiose. Le indagini, sviluppate nell’arco temporale 2012-2016, si sono concentrate sulle dinamiche delle menzionate consorterie ZAGARI-VIOLA-FAZZALARI di Taurianova e dell’alleata cosca MAIO-CIANCI. È stato, poi, individuato il circuito criminale che ha favorito la ventennale latitanza del boss FAZZALARI Ernesto, inserito nell’Elenco dei latitanti di massima pericolosità del programma Speciale di Ricerca del Ministero dell’Interno e catturato dall’Arma dei carabinieri il 26 giugno 2016, proprio nel taurianovese. Nel corso delle investigazioni è stato, inoltre, delineato il profilo strutturale ed operativo del gruppo mafioso SPOSATO (riconducibile agli stessi ZAGARI-VIOLA-FAZZALARI), in grado di imporsi nel mondo imprenditoriale (in particolare nei settori edilizio ed alimentare), condizionando l’assegnazione degli appalti e l’operato della pubblica amministrazione locale. Le indagini hanno, infatti, evidenziato come l’ex Sindaco della cittadina tirrenica (accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e destinatario di una delle misure cautelari) avesse svolto il ruolo di “referente politico” dei due sodalizi, essendosi attivato, una volta in carica, per favorire la concessione di autorizzazioni edilizie, a beneficio di imprese del settore fotovoltaico, espressione delle cosche. In tale composito contesto, le investigazioni hanno dato atto, ancora una volta, della presenza fortemente condizionante della cosca ZAGARI-VIOLA-FAZZALARI a Taurianova e di come questa abbia assunto il controllo di settori strategici dell’economia locale, quali quello delle intermediazioni immobiliari, delle produzioni serricole e delle energie rinnovabili. Non a caso, a seguito delle descritte attività d’indagine, è stato eseguito il sequestro di beni, riconducibili, in particolare, ai FAZZALARI e agli SPOSATO, per un valore di circa 21 milioni di euro, al quale ha fatto seguito, il successivo mese di dicembre, un ulteriore provvedimento di sequestro, grazie al quale è stato sottratto a due esponenti sempre della cosca SPOSATO, un patrimonio del valore di circa 10 milioni di euro. Tuttora attivi risultano i POLIMENI-GUGLIOTTA di Oppido Mamertina, i PETULLÀ-IERACE-AUDDINO, LADINI, FORIGLIO-TIGANI di Cinquefrondi, i LAROSA di Giffone e i LONGO-VERSACE di Polistena. Proprio a Polistena, nel mese di settembre, nell’ambito dell’operazione “Artemide”, la Guardia di finanza ha eseguito il provvedimento cautelare del divieto di dimora nella provincia di Reggio Calabria e dell’obbligo di presentazione alla P.G. nei confronti di 3 soggetti, eredi di un imprenditore di Giffone (RC) defunto, ritenuto esponente della cosca LONGO-VERSACE, figura rappresentativa di diverse cosche della Piana di Gioia Tauro e della zona jonica della provincia di Reggio Calabria. Gli stessi sono stati ritenuti responsabili di concorso in intestazione fittizia di beni, al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali, motivo per cui è stato disposto il sequestro di beni per un valore di circa 10 milioni di euro.
Il comune di Laureana di Borrello vede attivi i sodalizi LAMARI e FERRENTINO-CHINDAMO. A questi ultimi è affiliato SIGNORELLO Salvatore José, catturato a Zurigo dalla Polizia cantonale e dall’Arma dei carabinieri, dopo oltre un anno di latitanza, ricercato nell’ambito dell’operazione “Lex”. Nel comune di Scilla risulta attiva la cosca NASONE-GAIETTI, a Villa San Giovanni gli ZITO-BERTUCA-BUDAIMERTI, mentre a Bagnara Calabra gli ALVARO-LAURENDI. Anche in tali contesti territoriali non sono mancate evidenze di una contiguità tra il mondo imprenditoriale e le organizzazioni mafiose. Nel mese di settembre, a Villa San Giovanni (RC) e Piombino (LI), la DIA di Reggio Calabria ha dato esecuzione ad un decreto di confisca di beni – del valore di circa due milioni di euro – nei confronti di un soggetto catturato nel giugno 2010, nell’ambito dell’operazione “META”, che aveva colpito la cosca BUDA-IMERTI. Il destinatario del provvedimento di confisca era ritenuto il collettore degli interessi economici della menzionata consorteria criminale nel settore delle vendite all’incanto, conseguenti a procedure fallimentari, anche grazie all’attività professionale della coniuge, avvocato che partecipava alle aste nell’interesse di alcuni esponenti della cosca. Sebbene assolto, nel febbraio 2017, nel processo di Appello dai reati di concorso esterno in associazione mafiosa e di turbata libertà degli incanti, la Sezione Misure di Prevenzione, nell’ultimo provvedimento ha, tuttavia, ravvisato sussistenti nei confronti del predetto, i requisiti di pericolosità sociale qualificata “per appartenenza alla ‘ndrangheta, nell’accezione valida nel giudizio di prevenzione, con un ruolo defilato ma prezioso… negli interessi della cosca legati al settore delle aste immobiliari”. In sostanza, sul versante delle misure di prevenzione patrimoniali è stata ravvisata la ricorrenza del presupposto indiziario della provenienza illecita dei beni accumulati nel tempo, oltre ad una vistosa sproporzione tra il patrimonio a lui riconducibile ed i redditi dichiarati. Allo stesso modo, nel mese di ottobre, un altro imprenditore reggino, operante nel settore della ristorazione – anch’egli coinvolto nell’ambito dell’operazione “Meta” – è stato colpito da un decreto di confisca, eseguito sempre dalla DIA di Reggio Calabria, che ha interessato diversi beni mobili ed immobili, un’azienda e disponibilità finanziarie varie, per un valore di oltre 5 milioni di euro. A Melito Porto Salvo permane, invece, la cosca IAMONTE. Nel mese di novembre, la Polizia di Stato ha dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 6 soggetti accusati di essere stati i fiancheggiatori di un esponente del sodalizio durante la sua latitanza, terminata nel febbraio del 2015, allorquando venne arrestato dall’Arma dei carabinieri. Nei comuni di Roghudi e Roccaforte del Greco risultano operativi i PANGALLO–MAESANOFAVASULI e ZAVETTIERI; a S. Lorenzo, Bagaladi e Condofuri si conferma l’operatività della cosca PAVIGLIANITI, legata alle famiglie FLACHI, TROVATO, SERGI e PAPALIA, mentre a Condofuri opera il locale di Gallicianò.

La mappa del mandamento tirrenico della ‘ndrangheta a Reggio Calabria
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