Il Ministero dell’Interno chiude il “Modello Riace”: via i migranti dallo Sprar

Mimmo Lucano

Mimmo Lucano

Riace (Reggio Calabria). Il Viminale manda via da Riace gli immigrati. A 11 giorni dall’arresto del sindaco Domenico Lucano, accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e irregolarità nell’assegnazione dell’appalto per la raccolta differenziata, il Ministero dell’Interno chiude il cerchio, portando a termine la più volte annunciata chiusura del “modello Riace”, quel modello di accoglienza più famoso e studiato al mondo. In una nota del 9 ottobre scorso, infatti, il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione ha emesso il proprio verdetto sulla procedura di verifica avviata su Riace, certificando 34 punti di penalità e la necessità di una verifica più approfondita sul periodo antecedente quello a cui fa riferimento la nota in questione, annunciando, dunque la possibilità di revoca dei fondi già ricevuti in caso di irregolarità.

Insomma, il dicastero di Matteo Salvini ha deciso di bloccare tutto e di cancellare con un colpo di spugna anche il passato. Ma ha deciso, soprattutto, di spostare i migranti altrove, come pacchi postali, mettendo definitivamente la parola fine al sogno di Domenico Lucano. E dando vita al suo incubo, quello che lo ha accompagnato dopo la morte di Becky Moses, morta alla tendopoli di San Ferdinando dopo essere stata costretta ad abbandonare Riace.
In calce al documento i funzionari del ministero lasciano lo spiraglio ad un ricorso (avverso il provvedimento è ammesso ricorso ai competenti organi giurisdizionali). Ma dopo due anni senza fondi, dopo l’indagine a carico di Lucano – che in sede cautelare ha visto sbriciolarsi le accuse di irregolarità contabili e di truffa – e la più volte annunciata volontà di Salvini di chiudere questa esperienza, le possibilità che qualcuno salvi il modello Riace sembrano ridotte all’osso. Non piaceva, era chiaro. E nonostante abbia dimostrato che l’integrazione – oltre all’accoglienza – è possibile, va spazzato via.

Nella nota vengono richiamate le controdeduzioni inviata mesi fa da Lucano al Ministero, che aveva pure lasciato intravedere una speranza ad agosto scorso. Speranza rivelatasi, però, vana. Il primo cittadino aveva definito «particolarmente sorprendente» il fatto che la relazione della Prefettura di Reggio Calabria, conseguente alla visita ispettiva del 26 gennaio 2017, che contiene valutazioni complessive estremamente positive sul sistema di accoglienza di Riace, «non sia neppure citata nella comunicazione inviata, come se il contenuto della stessa fosse stato considerato irrilevante o inutile», aggiungendo, inoltre, «che le contestazioni mosse sono “molto spesso… affermazioni del tutto generiche, prive di riferimenti precisi e singolarmente riscontrabili, con la conseguente impossibilità di enucleare quale sia l ’effettiva irregolarità contestata”». Ma secondo il Ministero, la famosa visita ispettiva di gennaio 2017, dalla quale era venuta fuori una valutazione positiva del sistema d’accoglienza, non avrebbe riguardato i documenti, ma solo le case, i migranti, insomma, il punto di vista “umano”. Non le carte, vero problema dei burocrati, contraddetti, qualche settimana fa, dal gip del Tribunale di Locri, che pure ha riferito le somme spese e la contabilità ai soli servizi di accoglienza dei migranti.

«L’accertamento – spiega la Prefettura, quasi a voler giustificare il proprio giudizio positivo, a lungo tenuto nascosto negando inspiegabilmente quella relazione al sindaco – è stato traslato sotto un profilo squisitamente sociologico e non ha avuto alcuna pretesa di valutare il sistema Riace sotto l’aspetto della regolarità tecnica e/o della correttezza burocratica amministrativa degli atti compiuti… Detta analisi, pertanto, ha escluso totalmente una valutazione sui comportamenti tenuti e su eventuali responsabilità gestionali connesse ad azioni poste in essere in difformità alle regole e alle normative di settore».
Un sopralluogo inutile, insomma. Nonostante fosse stato ufficialmente richiesto da Lucano come contraltare alla prima, devastante, ispezione.
«Nessuna analisi è stata, pertanto, compiuta, né sono state eseguite considerazioni di merito o valore sul sistema di accoglienza. Tantomeno si è potuto neanche immaginare di sconfessare e/o superare i riscontri ispettivi delle verifiche già fatte in ordine agli aspetti tecnico-amministrativi dell’accoglienza di Riace», si legge ora.

Le criticità riguardano soprattutto «aspetti gestionali e organizzativi», come le «asserite sovrapposizioni di strutture e di operatori tra Sprar e Cas», negate dal Comune e anche dalla seconda relazione, nella quale si evidenziava come «in tutte le abitazioni incontriamo solo gente del Cas – e non dello Sprar – senza alcuna commistione se non in un solo caso e per puro caso, per una giovane coppia». Ma non basta, perché «tale visita è successiva a quella espletata dal Servizio centrale». E come i bonus, le borse lavoro, strumenti elogiati in passato dallo stesso Ministero che ora li rifiuta e che erano nati sfruttando soltanto le economie del progetto e nulla più. Senza, cioè, pretendere altri soldi e facendo così con la stessa identica cifra erogata a tutti gli Enti del circuito molto di più.
Elementi positivi, un tempo, oggi diventati un peccato dal quale Riace, per il Viminale, non può guarire. Tanto da aver deciso, come ad un malato terminale, di staccare la spina.

Simona Musco

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