Reggio Calabria. Sgomberato nella mattinata odierna l’immobile nel quale risiedeva il noto imprenditore reggino Gioacchino Campolo, il “re dei videopoker” condannato a una pena detentiva per estorsione aggravata dal metodo mafioso, nei cui confronti l’autorità giudiziaria ha disposto la confisca di un ingentissimo patrimonio di oltre 330 milioni di euro: oltre 250 immobili, opere d’arte e beni di interesse storico artistico, dipinti d’autore e attività imprenditoriali.
Con l’imprenditore vengono colpite pericolosissime cosche di ‘ndrangheta, operanti sul territorio del Capoluogo, che per anni hanno condizionato e infiltrato il sistema economico locale.
Emerge in tutta la sua evidenza la portata simbolica dell’operazione, che, se da un lato è emblematica dell’efficacia delle strategie di contrasto alla ‘ndrangheta e alle sue articolazioni, nel delicato settore delle misure patrimoniali, dall’altro assume una particolare valenza sotto il profilo etico, sociale e culturale. Accanto all’attività di prevenzione e di repressione, infatti, l’attacco ai benefici economici, acquisiti con la forza della violenza e dell’intimidazione, è un elemento fondamentale sul piano del ripristino della legalità. In questa prospettiva è necessario che i beni sottratti alla criminalità diventino “ presidi di legalità”, forieri di rinnovate relazioni economiche, sane e legali affinché divengano occasione di rilancio economico, soprattutto per le aree geografiche maggiormente interessate dal fenomeno mafioso, ponendo il lavoro al centro di un nuovo percorso di riscatto civile e sociale.
L’immobile sgomberato sarà destinato a ospitare una sede dell’Arma dei Carabinieri.
“Dare un segnale molto forte nella lotta alla criminalità organizzata – ha affermato il Prefetto Michele Di Bari – è fondamentale e non solo sotto il profilo etico. Queste azioni, infatti, non solo rafforzano la fiducia nello Stato, nelle Istituzioni, in particolare nella Magistratura e nelle Forze di Polizia che ringrazio per il diuturno efficace lavoro, ma contribuiscono anche a rinvigorire la reazione della società civile alla pervasività della ‘ndrangheta e ai suoi disvalori”.
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