Reggio Calabria. La legittimazione democratica dell’Unione europea si fonda sui principi di sussidiarietà e di proporzionalità, in base ai quali le decisioni devono essere prese ad un livello il più vicino possibile ai cittadini. La politica di coesione è una delle principali politiche europee e si conforma in toto a questi principi attraverso la governance condivisa e multilivello, il partenariato, la solidarietà, e attraverso misure opportune volte a promuovere crescita economica e sviluppo territoriale rimuovendo disparità eventualmente esistenti tra eterogenee realtà territoriali. Gli strumenti di tale politica sono concepiti per consentire a regioni ed enti locali di contribuire al raggiungimento degli obiettivi europei secondo le proprie situazioni specifiche e in relazione ai propri bisogni. Al fine di rendere adeguate ed efficaci le politiche europee, l’UE si avvale del coinvolgimento degli attori regionali e locali.
La politica di coesione è ripartita in cicli di programmazione della durata di 7 anni e oltre a fondarsi come anzidetto sul principio di solidarietà (art. 174 trattato funzionamento UE) trova espressione, riconoscimento e piena legittimazione nella nostra Costituzione (art. 119 comma 5; art. 3 comma 2). Le risorse necessarie a finanziare le politiche di coesione sono sia nazionali che europee nell’ottica di una sinergia e di una cooperazione costante e continua. In data 29 maggio 2018 la Commissione europea ha reso note le proposte legislative riferite alla rubrica di bilancio denominata “Sviluppo regionale e politica di coesione” valide per il periodo 2021-2027.
Secondo la proposta, tutte le Regioni europee potranno ancora beneficiare dei fondi della Politica di coesione e continueranno ad essere suddivise in tre categorie: Regioni meno sviluppate(Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia), in transizione (Sardegna, Abruzzo e Molise) e più sviluppate (Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Liguria, Veneto, Provincia di Bolzano, Provincia di Trento, Friuli Venezia-Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria e Lazio).
Nuove priorità di investimento
La Politica di coesione 2021-2027 concentrerà le proprie risorse su 5 obiettivi strategici:
- una Europa più intelligente, mediante l’innovazione, la digitalizzazione, la trasformazione economica e il sostegno alle piccole imprese
- una Europa più verde e priva di emissioni di carbonio, grazie agli investimenti nella transizione energetica, nelle energie rinnovabili e nella lotta contro i cambiamenti climatici;
- una Europa più connessa, dotata di reti di trasporto e digitali strategiche
- una Europa più sociale, che sostenga l’occupazione di qualità, l’istruzione, le competenze professionali, l’inclusione sociale e un equo accesso alla sanità
- una Europa più vicina ai cittadini, che sostenga strategie di sviluppo gestite a livello locale e uno sviluppo urbano sostenibile in tutta l’UE.
La maggior parte degli investimenti del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) e del Fondo di coesione (FC), di cui l’Italia non beneficia, sarà incentrata sui primi due obiettivi: una Europa più intelligente e una Europa più verde.
Assegnazione dei Fondi
Il nuovo metodo di assegnazione dei fondi si baserà ancora prevalentemente sul PIL pro capite, ma con l’aggiunta di nuovi criteri – disoccupazione giovanile, bassi livelli d’istruzione, cambiamenti climatici, accoglienza ed integrazione dei migranti – per tutte le categorie di regioni, mira a rispecchiare meglio la situazione socioeconomica esistente a livello territoriale.
L’Europa è la nostra radice, il nostro presente e il nostro futuro”. Lo ha affermato il presidente del Consiglio regionale della Calabria, Nicola Irto, durante il seminario su “Politiche di coesione e PAC post 2020” svoltosi a palazzo Tommaso Campanella, un confronto per condividere idee e prospettive future su risorse e strumenti necessari per una crescita integrata e sostenibile.
“Il confronto tra le Regioni, la Commissione e le altre istituzioni europee riguarda strettamente – ha aggiunto Irto – le prospettive di sviluppo delle comunità regionali e delle aree urbane che, a nostro avviso, non sono garantite dall’impostazione data al Quadro finanziario pluriennale, alla politica di coesione e alla politica agricola comune per il settennato 2021-2027. E stamattina la Plenaria ha adottato un ordine del giorno proprio su questi temi, ribadendo, nel preambolo politico che ho fortemente voluto, la nostra inderogabile collocazione europeista”.
Il presidente ha aggiunto: “Riteniamo sbagliata la riduzione del bilancio della politica di coesione, della politica agricola comune e dei programmi di cooperazione territoriale. Consideriamo poco lungimirante la scelta del principio della flessibilità del bilancio e difficilmente attuabile la revisione del bilancio di metà periodo, considerata la natura degli investimenti strutturali che sono, per definizione, oggetto di una programmazione di medio-lungo periodo; così come la pensiamo diversamente sulle modifiche ai termini di rendicontazione della spesa certificata, che aumenteranno il disimpegno delle risorse ma difficilmente accelereranno i processi. Auspichiamo inoltre indicazioni più puntuali e approfondite sulla condizionalità relativa al rispetto dello Stato di diritto che, così com’è, risulta generica e oscura”.
Secondo il presidente del Consiglio regionale, “una preoccupazione di fondo è quella che attiene alla riduzione della quota di cofinanziamento. Da presidente del Consiglio di una regione del Sud, considero questo scenario, unito alle attuali modalità di allocazione delle risorse del bilancio nazionale, potenzialmente esiziale per alcune realtà del Mezzogiorno come la nostra. L’indebolimento delle politiche di coesione e della politica agricola comune – ha continuato Nicola Irto – non rafforzerà le prerogative delle istituzioni centrali europee; semmai, aumenterà le spinte centrifughe, rallenterà i processi di recupero del ritardo di sviluppo e metterà in discussione il raggiungimento di obiettivi fondamentali per il futuro dell’ambiente, che ci stanno particolarmente a cuore, come quelli fissati nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e gli impegni assunti con l’Accordo di Parigi”.
“In queste condizioni – ha incalzato Irto – si rischia di avere non più un’Europa di serie A e una di serie B, ma un’Europa di A, una di B e, purtroppo, anche una di serie C. Nella quale, fatalmente, rischieremmo di veder scivolare le nostre regioni, nonostante tutti gli sforzi che stiamo compiendo. Mi domando, allora, che fine abbia fatto il sogno dell’Europa con cui siamo cresciuti: l’Europa dei giovani, della pace e della cooperazione, preconizzata nel Manifesto di Ventotene; un’Europa senza frontiere, moderna e orientata allo sviluppo sostenibile, ma soprattutto ispirata ai principi di eguaglianza, libertà, giustizia e solidarietà. Oggi, l’impostazione che viene data alla nuova politica di coesione e alla politica agricola comune ci espone al rischio di sconfessare i principi e valori fondanti della nostra identità europea, favorendo le spinte alla disgregazione dell’Unione che rifiutiamo e che purtroppo continuano a farsi sentire, nonostante il radicato sentimento di appartenenza all’Europa che, recentemente, anche i cittadini della Gran Bretagna hanno manifestato con forza”.
“E’ una strada, quella della disgregazione, che non intendiamo percorrere. Vogliamo che continui a vivere il sogno di un’Europa che ha il proprio cervello a Bruxelles, ma il cui cuore pulsa qui: nelle regioni, nelle città metropolitane, nelle realtà periferiche, dove un ponte, una strada, un progetto di integrazione sociale, un aiuto all’agricoltura danno la concreta e quotidiana percezione del nostro status di cittadini europei. Per far vivere questa Europa, è necessario continuare a far battere il cuore dei territori. E’ una battaglia nella quale continueremo a impegnarci quotidianamente – ha concluso il presidente Irto – consapevoli del fatto che dal suo buon esito dipende il futuro di tutti noi”.
m.s.