Chiusura Sprar di Riace. In 66 vanno via, solo 10 migranti decidono di restare

Riace paese dell'accoglienza

Riace paese dell'accoglienza

Riace (Reggio Calabria). Sono 66 le persone che hanno accettato di lasciare lo Sprar di Riace per traslocare in altri luoghi. Dieci, invece, quelle che hanno deciso di mollare tutto, uscire dal progetto e provare a rifarsi una vita da soli. Si chiude così, dunque, l’esperienza di Riace, dopo la decisione del ministero dell’Interno di mettere i sigilli ad un progetto diventato famoso in tutto il mondo.
Un’esperienza diventata modello, grazie alla propria capacità di garantire non solo l’assistenza ai migranti coinvolti, ma anche l’integrazione e l’autonomia degli stessi. Elementi che non sono però bastati, agli occhi del Ministero dell’Interno, per superare quelle che sono state definite «gravi criticità», al punto da comportare un’indagine della Procura di Locri. Su quelle criticità il giudice per le indagini preliminari ha emesso un giudizio durissimo rispetto a quanto evidenziato dalla Procura: non ci sarebbe stata alcuna distrazione di fondi, nessuna malversazione e tutto ciò che è arrivato nelle casse del Comune di Riace dallo Sprar è stato usato per fare accoglienza e per fini umanitari. Ma quella giudiziaria è una vicenda ancora aperta: il sindaco Domenico Lucano, costretto a dimorare fuori Riace, è infatti accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina – per aver celebrato, secondo l’accusa, un matrimonio «finto» per far ottenere la cittadinanza a una donna straniera – e per irregolarità nell’affidamento dell’appalto della raccolta differenziata.

Mimmo Lucano e l’avv. Andrea Daqua

La vicenda amministrativa, invece, sembra essere giunta al suo triste epilogo: i migranti sono pronti a lasciare Riace e spostarsi nelle destinazioni indicate dalla direttrice del Servizio centrale dello Sprar, Daniela Di Capua.
Tra questi ci sono anche molti bambini: sono 27, infatti, i minori nati tra il 2010 e il 2018 – quindi in alcuni casi proprio in Italia – ad essere finiti nelle liste dello Sprar. Che hanno individuato 19 destinazioni differenti: Roccabernarda, proposta a sette persone, Rodì Milici (tre), Crotone (nove), Fidenza (sette), Capo D’Orlando (quattro), Ispica (due), Genova (due), Monteleone di Puglia (cinque), San Gregorio d’Ippona (sette), Burgraviato (quattro), Vizzini (tre), Terme Vigliatore (tre), Montecilfone (tre), Colosimi (due), Condofuri (tre), Melicuccà (tre), Porto Sant’Elpidio (due), Cittanova (quattro) e Norma (due). Un elenco che va scremato dei “no” ricevuti dallo Sprar da parte dei 10 ospiti che hanno deciso di uscire dai progetti.

La decisione è arrivata dopo una riunione tra associazioni e migranti tenutasi due giorni fa. Per conoscere i tempi dei trasferimenti, ora, è necessario attendere gli accordi tra singolo ospite, associazione di riferimento e associazione destinataria. Una volta acquisite le conferme dell’accettazione del trasferimento, infatti, lo Sprar provvederà ad organizzare le partenze «attraverso l’invio delle formali lettere anche ai progetti di destinazione, cui sarà affidato l’onere di emettere i biglietti per il viaggio dei beneficiari di propria competenza», si legge nella comunicazione ufficiale.

Giuseppe Gervasi

Nel frattempo continuano sottotraccia le polemiche a seguito dell’articolo pubblicato sul quotidiano “La Verità”, che attribuiva al sindaco facente funzioni Giuseppe Gervasi gravi e «false» dichiarazioni in merito alla chiusura del progetto. In particolare per quanto riguarda il titolo dell’articolo a firma di Fabio Amendolara, che recitava: «I migranti ci picchiano». Frase mai pronunciata, ha prontamente affermato Gervasi, così come falso era l’aggettivo «aggressivi» inserito nel pezzo e collocato tra le righe della lettera inviata da Gervasi al Ministero, al quale aveva chiesto di velocizzare il processo di chiusura del progetto per evitare conseguenze dovute all’esasperazione degli ospiti, senza risposte e fondi ormai da mesi. Una lettera che, secondo il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro, avrebbe rappresentato l’intenzione di Gervasi – definito «pentito» – di chiudere con le proprie mani il progetto. Ma il progetto, ha chiarito il vicesindaco, era stato già chiuso e sepolto dal Ministero dell’Interno poco dopo l’arresto di Lucano. Sul punto i due si sono confrontati nel corso di una trasmissione televisiva, durante la quale il giornalista ha ammesso la forzature sul titolo, pur affermando di averlo condiviso e rivendicando quanto scritto. «Io ho scritto quella lettera per aiutare i migranti – ha replicato Gervasi – e per chi rimane sono disposto a mettere soldi di tasca mia, altro che vicinanza a Matteo Salvini: sono anni luce distante da lui. Non è giusto fare scoop giornalistici sulla mia pelle o su quella dei migranti. Si rende conto di quello che poteva succedere alla mia famiglia lasciando intendere che io avessi deciso di chiudere tutto? Solo per un mi piace su due righe? O non si rende conto?». Un pezzo, ha commentato Gervasi, «che ha messo a repentaglio la vita dei migranti, del paese e la mia».

Simona Musco

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