Ormai non esiste notizia che non parli del boom della canapa e della coltivazione della cannabis legale anche in Italia. Dall’introduzione della legge n. 242 del 02.12.2016 molte cose sono cambiate grazie proprio alla cannabis e alcune sorprendono più di altre.
Benché il prodotto legale elaborato da questo nuovo mercato non abbia niente a che vedere con la marijuana venduta dagli spacciatori, uno studio recente ha comunque messo in luce quanto il mercato illegale sia danneggiato dalla sua distribuzione. Basti pensare all’episodio successo a maggio di quest’anno a Roma, nel quale un giovane pusher ha dato fuoco a un negozio di cannabis light perché lo riteneva un concorrente.
La ricerca in questione è stata portata avanti da Vincenzo Carrieri e Francesco Principe del dipartimento di Scienze Economiche e Statistiche dell’Università di Salerno, e Leonardo Madio dell’Università di York in Inghilterra, per stimare quanto la cannabis light abbia tolto al fatturato della malavita organizzata.
Il risultato è stato ottenuto incrociando i dati della polizia sui sequestri di cannabis illegale a livello provinciale con la presenza di grow shop e negozi autorizzati alla vendita di cannabis light, da dicembre 2016 a marzo 2018.
I numeri più importanti sono quelli raccolti da maggio 2017, con il primo raccolto e il passaggio alla vendita che si allarga da negozi e siti specializzati come NORDIC OIL ai tabaccai e alle erboristerie, fino ai distributori automatici, rendendo il mercato più omogeneo.
Secondo gli organizzatori dello studio, la criminalità organizzata italiana è particolarmente al centro delle ricerche in quanto i suoi maggiori introiti arrivano proprio dalle sostanze stupefacenti, tra cui l’hashish e la marijuana per oltre il 90%. Un giro che porta guadagni illeciti per ben 3,5 miliardi di euro all’anno. Sempre secondo i ricercatori la cannabis light è un “sostituto imperfetto” di quella illegale, ma è riuscita ugualmente a far diminuire lo spaccio della criminalità organizzata.
“Abbiamo scoperto che la legalizzazione della cannabis light ha portato a una riduzione tra l’11% e il 12% dei sequestri di marijuana illegale per ogni punto vendita presente in ogni provincia e a una riduzione dell’8% della disponibilità di hashish”, cita lo studio, “i calcoli su tutte e 106 le province prese in esame suggeriscono che i ricavi perduti dalle organizzazioni criminali ammontino a circa 200 milioni di euro all’anno”.
Ovviamente paragonati a un mercato da 3,5 miliardi possono sembrare numeri irrisori, anche se da parte dei ricercatori c’è la convinzione che l’impatto potrebbe essere più ampio; vuoi per il fatto che la marijuana sequestrata è solo una piccola parte di quella disponibile sul mercato illegale e anche perché la cannabis light viene ricercata da tutte quelle persone vogliono sfruttare i benefici del CBD senza avere lo sballo dato dal THC.
Non per questo “le stime indicano che anche una forma lieve di liberalizzazione può soddisfare lo scopo di ridurre la quantità di marijuana spacciata e i relativi ricavi delle organizzazioni criminali”.
Si nota quindi un inatteso “effetto di sostituzione” tra la domanda di cannabis light e cannabis da strada, che per far fronte alla ‘concorrenza’ negli ultimi anni ha visto aumentare il contenuto di THC in media del 10,8% fino a picchi del 22%.
Questo fa capire che alcuni consumatori preferiscono il prodotto legale proprio per la mancanza degli effetti psicoattivi dovuto ai bassi livelli di THC (il principio attivo psicotropo) inferiori allo 0,6%, ma con livelli di CBD (che ha effetti rilassanti, ma non ‘sballa’) a volte superiori al 20%. Una simile concentrazione è capace di offrire così a molte persone, soprattutto agli ultraquarantenni, quello che veramente cercano nella marijuana, come ad esempio riuscire a combattere l’insonnia o l’ansia.