‘Ndrangheta. Confermato in appello bis l’ergastolo a Michele Curciarello per l’omicidio del boss Salvatore Cordì

Aula Corte di Assise di Appello Reggio Calabria

Aula Corte di Assise di Appello Reggio Calabria

Reggio Calabria. Confermato nell’appello bis l’ergastolo a Michele Curciarello. Dopo l’annullamento con rinvio deciso dalla Cassazione nel processo per la morte del boss di Locri Salvatore Cordì ucciso a Siderno il 31 maggio 2005, la Corte di assise di appello di Reggio Calabria ha confermato nuovamente l’ergastolo per l’unico imputato, il sidernese Michele Curciarello.
L’annullamento con rinvio della condanna all’ergastolo era stato disposto il 7 ottobre 2015 dalla Cassazione per Curciarello, difeso dagli avvocati Cosimo Albanese e Salvatore Staiano, mentre sempre la Supreme Corte aveva definitivamente assolto altri tre imputati.

Michele Curciarello

L’agguato a Siderno

Un agguato orribile quello che ha lasciato il boss Salvatore Cordì riverso per terra in via Cesare Battisti con una pallottola in faccia. Michele Curciarello per due gradi di giudizio è stato condannato come colui che sparò al capobastone; colui che il pomeriggio del 31 maggio del 2005, dopo essere arrivato a Siderno a bordo di una moto, indirizzò due colpi di fucile verso lo storico boss. Uno andò a vuoto, mentre il secondo colpì in testa Cordì che si accasciò sui gradini di un esercizio commerciale. Dopo alcune ore, “u cinesi” morì all’ospedale di Locri e così, secondo la Dda, la cosca rivale, quella dei Cataldo, vendicava la morte di Giuseppe Cataldo, classe 1969, avvenuta nel il 15 febbraio dello stesso anno. Inoltre sempre secondo la DDA Curciarello avrebbe avuto anche un movente personale, perché uccidendo Cordì avrebbe rivendicato l’omicidio del cognato Pietro Caccamo, a sua volte fratellastro di Giuseppe Cataldo, ucciso secondo la ‘ndrina sempre dagli storici avversari.
Quel delitto era l’ultimo capitolo di una sanguinosa faida iniziata nel 1967, a piazza mercato, a Locri, tra le cosche opposte dei Cordì e dei Cataldo. Secondo due gradi di giudizio sarebbe stato Antonio Cataldo, alias “Papuzzella”, a ordinare l’omicidio per vendicare il suo morto ammazzato. Ma dopo un annullamento con rinvio in Cassazione, a marzo del 2013, “Papuzzella” venne assolto: non fu lui ad ordinare quell’omicidio, dicono i giudici, giudizio confermato anche dalla Cassazione.

La difesa annuncia ricorso in Cassazione

Nel processo d’appello bis hanno pesato a sfavore di Curciarello anche le accuse del collaboratore Agresta, ma la difesa di Curciarello pensa già a un nuovo ricorso in Cassazione: «la Corte di Cassazione ha emesso una sentenza di annullamento inoppugnabile che anticipava la sua assoluzione – afferma l’avvocato Cosimo Albanese commentando a caldo la sentenza – ancora una volta il solito pentito ad orologeria, sconfessato e ridicolizzato dalla Corte di assise di appello di Torino e, poi, anche dalla Cassazione, è stato creduto oggi a Reggio. Sono convinto che la Cassazione ridurrà a brandelli l’odierna sentenza».

In particolare la difesa di Curciarello, che da oltre 10 anni si protesta innocente, ha valorizzato il racconto dell’unico teste oculare, sentito mezz’ora dopo il fatto di sangue, secondo cui il guidatore della moto era “alto e con le gambe lunghe”. «Volendo credere – conclude l’avvocato Albanese – così come ha creduto l’assise reggina, al collaboratore Agresta, il guidatore del mezzo dovrebbe corrispondere a Curciarello che è alto 1,55».

Simona Musco
Fabio Papalia

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