Roma. Il Tribunale di Reggio Calabria dovrà nuovamente rivalutare la possibilità della custodia cautelare in carcere per G.D., ex dirigente del noto bookmaker coinvolto nell’operazione Galassia. È quanto si legge nel provvedimento pubblicato oggi che accoglie il ricorso presentato dalla Procura contro la decisione del Tribunale di scarcerare l’indagato, sette mesi fa. A G.D. era stato contestato di aver fatto parte «con il ruolo di capo» di una associazione a delinquere «allo scopo di commettere, attraverso la gestione della società di bookmaker una pluralità di delitti in materia di esercizio abusivo di attività di gioco e scommesse, di dichiarazione infedele dei redditi e dell’iva, di truffa aggravata ai danni dello Stato, di riciclaggio, auto riciclaggio e reimpiego di proventi di delitto», con l’aggravante «di aver agito per agevolare le attività della ‘ndrangheta».
Proprio l’aggravante mafiosa, come riporta Agipronews, è al centro del ricorso della Procura, secondo cui il Tribunale ha «omesso di considerare» i dati che provavano il coinvolgimento di G.D. nella gestione della rete di operatori calabresi. La Cassazione conferma che il provvedimento del Tribunale «appare gravemente viziato da una forma di manifesta illogicità» e «da contraddittorietà intrinseca». Pur avendo riconosciuto il pieno coinvolgimento nella creazione e nella gestione, assieme a P.T. e I.I., della società di bookmaker, «il Tribunale del riesame ha escluso la ricorrenza dei gravi indizi a carico dello stesso G.D. in relazione al reato associativo contestatogli sostanzialmente per il fatto che egli non avrebbe avuto alcuna relazione diretta con i sodali che avevano gestito la rete dei punti per la raccolta clandestina in Calabria», e, dunque, «non potrebbe rispondere penalmente di condotte tenute da terzi, quasi che si trattasse di una “responsabilità da posizione”».
Un ragionamento contraddittorio secondo i giudici supremi, «dato che lo stesso Tribunale aveva indicato come sussistente il rapporto tra quei ‘calabresi’ e P.T.» che aveva gestito la società insieme a G.D.. Sono state inoltre omesse le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, secondo cui fu proprio l’indagato «spingere per una espansione del mercato siciliano a quello calabrese». Tutti elementi che per la Cassazione meritano il rinvio al Tribunale di Reggio Calabria, che, con il nuovo esame dovrà colmare «le indicate lacune motivazionali».
La Cassazione ha poi confermato il carcere per S.F., altro esponente di vertice dell’associazione a delinquere. In questo caso il Tribunale ha correttamente ricostruito la gravità indiziaria per l’accusa di associazione mafiosa. L’imprenditore – già coinvolto in altri procedimenti penali perché colluso con la ‘ndrangheta – aveva collaborato attivamente per garantire al gruppo la protezione del clan Tegano, «in favore del quale era stato versato un contributo pari al 5% degli introiti delle giocate» e aveva stretti rapporti con la cosca. Visto il pericolo di recidiva, la Cassazione ha dato il suo ok alla custodia cautelare.