Trapani. La DIA di Trapani questa mattina ha eseguito l’ordinanza di custodia cautelare in carcere e degli arresti domiciliari emessa dal GIP presso il Tribunale di Palermo su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti dell’imprenditore ittico di Mazara del Vallo Epifanio Agate, della moglie Rachele Francaviglia e del commercialista palermitano Maurizio Lipani.
Nei confronti dell’imprenditore, destinatario di custodia cautelare in carcere, figlio dello storico boss mafioso Mariano Agate stretto alleato dei corleonesi di Salvatore Riina, per decenni capo del potente mandamento mafioso di Mazara del Vallo (TP), si procede per violazione dell’art. 76 del codice antimafia (D. L.vo 159/2011) con l’aggravante mafiosa di cui all’art. 416 bis 1 c.p., poiché dopo aver subito il sequestro nell’ambito di un procedimento di prevenzione di alcune aziende operanti nel settore del commercio ittico, a fronte dell’inerzia dell’amministratore giudiziario nominato dal Tribunale, avrebbe continuato ad occuparsi della gestione delle stesse, contattando clienti e fornitori e soprattutto riscuotendo i crediti pendenti, vanificando con ciò gli effetti pratici e simbolici del sequestro antimafia. Analoghe condotte criminose sono contestate alla moglie, destinataria di arresti domiciliari, titolare formale delle aziende sequestrate.
Il noto commercialista palermitano, destinatario della misura degli arresti domiciliari, è chiamato a rispondere del reato di peculato ed auto-riciclaggio, perché, nella veste di amministratore giudiziario, senza autorizzazione del competente Tribunale, avrebbe distratto a proprio personale vantaggio, in più soluzioni, mediante prelevamenti di contante e bonifici inviati sui propri conti personali, somme di pertinenza delle aziende sottoposte a sequestro ai coniugi e di altre aziende colpite da vincoli cautelari da più autorità giudiziarie ed allo stesso affidate in gestione quale custode e/o amministratore giudiziario, omettendo di adempiere agli obblighi di rendicontazione.
Allo stato, le indagini condotte degli investigatori della DIA di Trapani hanno consentito di accertare che il commercialista, in pochi anni, avrebbe distratto somme di pertinenza di aziende sequestrate per oltre 355.000,00 euro, reimpiegate per investimenti in attività economiche, ma anche per il soddisfacimento delle esigenze del vivere quotidiano.
Dalle indagini è, altresì, emerso che il commercialista avrebbe continuato a distrarre denaro dai conti delle aziende in amministrazione giudiziaria anche dopo la confisca delle stesse ed il passaggio della gestione all’Agenzia Nazionale dei Beni Confiscati.
Sono al setaccio della DIA i conti bancari di altre decine di società ed imprese affidate in amministrazione giudiziaria al commercialista dalle quali si sospetta che il professionista possa aver distratto altro denaro. Si indaga anche in ordine ad eventuali collusioni del commercialista con soggetti sottoposti a misure di prevenzione. Nei confronti del professionista è stato disposto dal GIP di Palermo anche il sequestro per equivalente di somme per il valore di euro 355.000,00.