‘Ndrangheta, operazione Helianthus: 14 arresti nomi e dettagli

Operazione della Polizia contro la cosca Labate “Ti Mangiu”

Operazione Helianthus conferenza stampa

Operazione Helianthus conferenza stampa: da sinistra Masciopinto, Izzo, Bombardieri, Vallone, Rattà

Alle prime ore della mattinata odierna, al termine di complesse ed articolate indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Reggio Calabria diretta dal procuratore Giovanni Bombardieri, gli investigatori della 1ª Sezione Criminalità Organizzata e Catturandi della Squadra Mobile, con il concorso operativo degli equipaggi del Reparto Prevenzione Crimine e delle Squadre Mobili di Roma, Cosenza, Udine e Livorno, con il coordinamento del Servizio Centrale Operativo, hanno dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare in carcere e agli arresti domiciliari e al contestuale decreto di sequestro preventivo (n. 4639/16R.G.N.R. D.D.A. – 970/19R.G.G.I.P. D.D.A. – 12/19 e 46/19R.O.C.C. D.D.A.), emessi in data 21.01.2020 dal G.I.P. presso il Tribunale di Reggio Calabria nei confronti di 14 soggetti, ritenuti presunti responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa [cosca Labate intesa “Ti Mangiu”] e diverse estorsioni aggravate dal ricorso al metodo mafioso e dalla finalità di aver agevolato la ‘ndrangheta:

I nomi degli arrestati

misura cautelare in carcere:

1. LABATE Pietro, nato a Reggio Calabria il 20.1.1951 [già detenuto per altra causa, accusato di associazione mafiosa ed estorsione aggravata dal metodo e dall’agevolazione mafiosa];
2. CASSONE Rocco, nato a Campo Calabro (RC) il 28.6.1957 [accusato di associazione mafiosa];
3. GAMBELLO Santo, nato a Reggio Calabria il 26.11.1975 [accusato di associazione mafiosa ed estorsione aggravata dal metodo e dall’agevolazione mafiosa];
4. LABATE Paolo, nato a Reggio Calabria in data 8.1.1982 [accusato di associazione mafiosa];
5. LABATE Paolo, nato a Cortona (AR) il 20.5.1984 [accusato di associazione mafiosa];
6. GALANTE Antonio, nato a Reggio Calabria il 7.3.1966 [accusato di associazione mafiosa];
7. CANDIDO Caterina Cinzia, nata a Milano il 2.9.1965 [accusata di associazione mafiosa];
8. MARCELLINO Francesco, nato a Reggio Calabria il 29.9.1950 [accusato di associazione mafiosa];
9. MORABITO Fabio, nato a Reggio Calabria il 29.4.1971 [accusato di associazione mafiosa ed estorsione aggravata dal metodo e dall’agevolazione mafiosa];
10. ASSUMMA Orazio, nato a Reggio Calabria il 3.10.1959 [accusato di associazione mafiosa ed estorsione aggravata dal metodo e dall’agevolazione mafiosa];
11. FOTI Domenico, nato a Reggio Calabria il 10.3.1961 [accusato di associazione mafiosa ed estorsione aggravata dal metodo e dall’agevolazione mafiosa];
12. PRATESI Domenico, nato a Reggio Calabria il 12.07.1970 [già detenuto per altra causa, accusato di estorsione aggravata dal metodo e dall’agevolazione mafiosa];

misura cautelare degli arresti domiciliari:

13. LABATE Antonino, nato a Reggio Calabria il 02.01.1950 [attualmente sottoposto alla misura degli arresti domiciliari presso una struttura sanitaria, accusato di associazione mafiosa ed estorsione aggravata dal metodo e dall’agevolazione mafiosa];
14. MINUTO Santo Antonio, nato a Reggio Calabria il 09.09.1965 [accusato di estorsione aggravata dal metodo e dall’agevolazione mafiosa].

Le indagini avviate dalla cattura del boss latitante Pietro Labate

Le indagini da cui scaturisce l’odierna operazione di polizia sono state avviate nel mese di maggio 2012 al fine di procedere alla cattura dell’allora latitante Pietro Labate, leader carismatico e vertice indiscusso dell’omonima cosca, sottrattosi nell’aprile 2011 all’esecuzione del fermo di indiziato di delitto emesso dalla D.D.A. nei confronti di numerosi soggetti appartenenti alle cosche Tegano e Labate [Operazione Archi]. Il 12 luglio 2013, a culmine di un’intensa e laboriosa attività investigativa [supportata da molteplici intercettazioni telefoniche e ambientali e sistemi di video sorveglianza] il latitante è stato localizzato e arrestato dagli investigatori della Squadra Mobile nella zona vicina al torrente S. Agata di Reggio Calabria, mentre percorreva la strada a bordo di uno scooter.

Ricostruito l’organigramma della cosca Labate “Ti Mangiu”

Le attività, ampliate nei mesi successivi alla cattura del boss, con l’ausilio di diversificate operazioni tecniche, hanno consentito di ricostruire l’organigramma della cosca Labate, ponendo al vertice Pietro Labate e alla reggenza del clan – durante la sua latitanza – il fratello Antonino, coadiuvato dal cognato [di entrambi] Rocco Cassone e dalle nuove leve Paolo Labate classe 1982 [figlio di Pietro] e Paolo Labate classe 1984 [figlio di Antonino], supportati da luogotenenti e affiliati nel compimento delle azioni delittuose.

L’esistenza e l’operatività del clan Labate trovavano pieno riscontro nel capillare controllo del territorio e nella gestione di attività economiche e commerciali, segnatamente nel settore alimentare ed edilizio, riconducibili ad affiliati o a compiacenti prestanome, nonché nell’imposizione indiscriminata di estorsioni ad operatori economici e commerciali e ai titolari di piccole, medie e grandi imprese, in particolare nei confronti di quelli impegnati nell’esecuzione di appalti nel comparto dell’edilizia privata nell’area ricadente sotto il dominio della consorteria mafiosa.

L’inchiesta ha portato altresì alla luce gli interessi del clan nel settore delle corse clandestine di cavalli e in quello dei giochi e scommesse on line.

Le agende sequestrate nel covo del latitante e quelle del reggente: tenevano la contabilità della cosca Labate

Determinanti, ai fini dell’accertamento delle infiltrazioni dei Labate nel tessuto di alcune attività economiche e commerciali locali, si erano rivelate le agende sequestrate il giorno della cattura a casa dell’indagato Francesco Marcellino, dove il latitante Pietro Labate aveva trovato ospitalità, sulle quali il boss aveva annotato nomi di persona, importi e denominazioni di ditte, nonché le altre agende del reggente della cosca Antonino Labate, sequestrate in un periodo successivo a casa degli indagati [coniugi] Antonio Galante e Caterina Cinzia Candido, abitanti nello stesso stabile del boss a cui erano completamente asserviti.

Chiesto il sequestro per cinque aziende della cosca Labate

Nel corso delle investigazioni sono state anche individuate 5 aziende operanti nel settore alimentare e della distribuzione di carburanti, controllate dalla cosca Labate, di cui è stato chiesto il sequestro in quanto ritenute imprese mafiose.

Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e degli imprenditori vittime delle estorsioni

Agli esiti acquisiti dalle molteplici attività investigative venivano ad aggiungersi gli importanti contributi di alcuni collaboratori di Giustizia, fra i quali quelli di Mario Gennaro, Enrico De Rosa e da ultimo quelli di Giuseppe Stefano Tito Liuzzo, nonché le dichiarazioni di rilevante portata accusatoria di affermati imprenditori reggini del settore edile ed immobiliare, sentiti da magistrati della D.D.A., vittime di pressanti attività estorsive consistenti nel pagamento ad alcuni esponenti del clan Labate di ingenti somme di denaro (anche nell’ordine di 200 mila euro corrisposte a rate) o nell’imposizione dell’acquisto di beni presso attività commerciali riconducibili ad esponenti di rilievo della cosca.

L’indagine “Helianthus” coniuga diverse attività di un intenso e pluriennale lavoro investigativo portato avanti dalla Squadra Mobile sotto le direttive dei sostituti Procuratori della D.D.A. di Reggio Calabria Stefano Musolino e Walter Ignazitto, con il fine di disarticolare la temibile cosca Labate mediante un’efficace e unitaria azione di contrasto. L’ultima operazione che ha colpito la consorteria di ‘ndrangheta risale al 2007 e porta il nome di “Gebbione”. Fu condotta dalla Squadra Mobile ed ebbe il merito di aver ricostruito le linee di azione della cosca, che controllava – attraverso il sistematico ed asfissiante ricorso al taglieggiamento – pressoché tutte le attività commerciali ed imprenditoriali operanti appunto nel quartiere Gebbione di Reggio Calabria.

In epoca successiva al 2007, la cosca Labate era emersa in un’altra inchiesta [“Archi-Astrea“, le cui indagini furono condotte dalla Squadra Mobile], definita con sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria del 20.6.2014, la quale, pur assolvendo i due imputati Pietro Labate e Francesco Salvatore Labate, riconosceva la perdurante operatività del sodalizio mafioso di appartenenza.

L’influenza della cosca Labate nel panorama ‘ndranghetistico reggino ha sempre trovato forza nei legami di sangue che uniscono i componenti di vertice ad altre potenti cosche attive sul territorio di questa provincia, fra le quali si ricordano le famiglie Garonfalo di Campo Calabro (RC) e Iamonte di Melito di Porto Salvo (RC) e nei solidi rapporti di alleanza con famiglie mafiose dei tre mandamenti.

Oggi il clan Labate è una potente articolazione della ‘ndrangheta unitaria che, nonostante l’arresto del membro più carismatico e rappresentativo (il capocosca indiscusso, Pietro Labate) e la successiva carcerazione del fratello Michele Labate, ha mantenuto inalterato il tradizionale “prestigio” nel territorio di competenza criminale (l’ampia area a sud della città di Reggio Calabria ed in particolare nel popoloso quartiere “Gebbione”), coltivando e rafforzando i rapporti e le alleanze criminali con altri storici “casati” di ‘ndrangheta e dimostrando anche un certo dinamismo criminale in relazione a “nuovi” settori illeciti (come quello della scommesse on line e della slot machines), riuscendo al contempo a mantenere intatto il core business delle attività illecite da sempre espressione dello strapotere mafioso dei “Ti Mangiu”, segnatamente rappresentate dal sistematico ricorso all’estorsione nei confronti di imprenditori, commercianti ed operatori economici in genere e (in minor misura) dallo sfruttamento delle corse clandestine di cavalli.

Un ulteriore contributo sulla perdurante vitalità ed operatività della cosca Labate, proviene recentemente dal neo collaboratore di giustizia Giuseppe Stefano Tito Liuzzo che ha confermato l’appartenenza degli indagati al sodalizio criminale “Ti Mangiu”, tracciandone i ruoli ricoperti all’interno del sodalizio.

Le dichiarazioni degli imprenditori e le propalazioni dei collaboratori di Giustizia, riscontrate dalle risultanze degli accertamenti svolti dalla Squadra Mobile, hanno consentito alla D.D.A. di Reggio Calabria di contestare l’associazione mafiosa e gravissimi episodi estorsivi, oltre che al boss Pietro Labate anche a due elementi di spicco della cosca, ovvero Orazio Assumma, indicato dai collaboratori di Giustizia quale uomo di fiducia del capo clan e Domenico Foti detto “Vecchia Romagna”, anch’egli fedelissimo dei Labate.

I singoli ruoli contestati agli indagati:

Con l’odierna ordinanza di custodia cautelare, agli indagati Pietro Labate, Antonino Labate, Rocco Cassone, Antonio Galante, Caterina Cinzia Candido, Santo Gambello, Paolo Labate classe 1982 (figlio di Pietro Labate), Paolo Labate classe 1984 (figlio di Antonino), Fabio Morabito, Francesco Marcellino, Orazio Assumma, Domenico Foti, è stato contestato il delitto di associazione mafiosa, per aver fatto parte della struttura organizzativa visibile della ‘ndrangheta (unitaria), ed in particolare della sua articolazione territoriale denominata cosca Labate (“Ti Mangiu”) in prevalenza operante nel quartiere Gebbione del Comune di Reggio Calabria, con i seguenti ruoli:
Pietro Labate, in qualità di promotore, dirigente ed organizzatore dell’associazione; anche durante la latitanza e la detenzione in carcere;
Antonino Labate, in qualità di promotore, dirigente ed organizzatore dell’associazione;
Rocco Cassone, in qualità di promotore, dirigente ed organizzatore dell’associazione;
Orazio Assumma, in qualità di promotore, dirigente ed organizzatore dell’associazione;
Domenico Foti, in qualità di promotore, dirigente ed organizzatore dell’associazione;
Paolo Labate cl. 82, in qualità di partecipe e collaboratore di Pietro Labate e Antonino Labate;
Antonio Galante, in qualità di partecipe e principale collaboratore di Antonino Labate;
Caterina Cinzia Candido, in qualità di partecipe, forniva costante collaborazione (unitamente al marito Antonino Galante) a Antonino Labate;
Santo Gambello, in qualità di partecipe e collaboratore di Antonino Labate;
Paolo Labate cl. 84, in qualità di partecipe e collaboratore di Antonino Labate;
Fabio Morabito, in qualità di partecipe e collaboratore di Antonino Labate;
Francesco Marcellino, in qualità di partecipe, forniva continua assistenza logistica a Pietro Labate durante la sua latitanza.

A Antonino Labate, Santo Gambello, Fabio Morabito, Santo Antonio Minuto è stato contestato il delitto di estorsione aggravata per aver costretto due commercianti a non aprire un negozio di pescheria tra Viale Aldo Moro e Piazza della Pace di Reggio Calabria, imponendo loro di individuare una diversa zona dove avviare l’attività commerciale.

A Pietro Labate e Orazio Assumma, è stato contestato il delitto di estorsione aggrava per aver costretto un imprenditore, impegnato nella realizzazione di un complesso immobiliare sul viale Aldo Moro di Reggio Calabria, a pagare a titolo di “pizzo” la somma di € 200.000,00 [versata in più tranche tra il 2013 ed il 2015], nonché ad acquistare materiale edile presso il colorificio riconducibile all’indagato Orazio Assumma.

A Domenico Foti è stato contestato il delitto di estorsione aggrava, per avere costretto due imprenditori, impegnati nella realizzazione di un complesso immobiliare nella via Torricelli Ferrovieri/San Pietro di Reggio Calabria, a pagare a titolo di “pizzo” la somma di € 20.000,00 [versata, tra il 2017 ed il 2018, in quattro tranche da € 5.000,00 ciascuna e costituente parte della maggior somma di € 30.000,00 complessivamente richiesta], nonché ad acquistare materiale edile presso colorificio riconducibile all’indagato Orazio Assumma.

Ad Orazio Assumma e Domenico Pratesi, è stato contestato il delitto di estorsione aggrava per aver costretto – avvalendosi della collaborazione di Domenico Pratesi [appartenente alla cosca Libri] che fungeva da intermediario e organizzatore di un incontro – un imprenditore impegnato nell’edificazione di un complesso immobiliare nel viale Messina/adiacenze Piazzale Botteghelle di Reggio Calabria, a versare a titolo di “pizzo” la somma di € 50.000,00 [prima tranche della più ampia somma di € 150.000,00, costituente l’importo complessivamente richiesto], nonché ad acquistare materiale edile presso il colorificio nella disponibilità di Orazio Assumma.

Quali sono le aziende sequestrate

​Nel corso dell’operazione, sono state sottoposte a sequestro preventivo, emesso dal GIP su richiesta della D.D.A., le seguenti società, ritenute riconducibili ad esponenti di vertice e a luogotenenti della cosca Labate:
– “PDF S.r.l.”, con sede a Reggio Calabria; attività esercitata: distribuzione al minuto, impianto distribuzione stradale di carburanti (gasolio, olio da gas, benzine senza piombo) [ritenuta riconducibile a Francesco Salvatore Labate, finanziata anche con somme della cassa comune della cosca];
– “PKF S.r.l.”, con sede a Reggio Calabria; attività prevalente: commercio al dettaglio di prodotti surgelati [ritenuta riconducibile a Rocco Cassone];
– impresa individuale “TUTTOCARTA di Neri Carmela”, sita a Reggio Calabria, operante nel settore dei prodotti di carta e plastica per gli alimenti e la ristorazione [ritenuta riconducibile a Domenico Foti];
– impresa individuale “ASSUMMA Demetrio”, con sede a Reggio Calabria; attività prevalente: commercio al dettaglio di pitture e vernici [ritenuta riconducibile a Orazio Assumma].

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