Sorpresi a coltivare 3mila piante di marijuana a Cittanova: in abbreviato 4 condanne

Condannati in abbreviato a 5 anni e 4 mesi di reclusione i quattro di Taurianova sorpresi l'anno scorso dia Carabinieri in una piantagione a Cittanova

Marijuana

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Cittanova – Nei giorni scorsi quattro giovani sono stati condannati dal Giudice dell’Udienza Preliminare del Tribunale di Palmi, Francesco Petrone, che ha condiviso la tesi accusatoria del Pm Davide Lucisano della Procura della Repubblica di Palmi. Si tratta di Carmelo Avati, 29enne; Paolo Monterosso, 31enne; Giuseppe Sicari, 27enne e Giuseppe Startari, 33enne; tutti di Taurianova, condannati in primo grado ciascuno alla pena di 5 anni 5 e 4 mesi di reclusione e alla multa di 32.000 euro.

I quattro, nel luglio 2019, erano stati arrestati dai Carabinieri della Compagnia di Taurianova, insieme ai “Cacciatori” dello Squadrone Eliportato di Vibo Valentia, per coltivazione di sostanze stupefacenti, poiché sorpresi a coltivare 3200 piante di canapa indiana di altezza variabile tra 50 e 150 cm, in località Querce di Cittanova.

Dura quindi la condanna nonostante le diminuzioni di pena del rito abbreviato per i giovani taurianovesi, che sono stati portati in giudizio sia per il reato di coltivazione di sostanza stupefacente del tipo cannabis, aggravato dalla ingente quantità – oltre 540.000 le dosi medie singole calcolate nei successivi accertamenti tecnici del R.I.S di Messina – sia per il reato di furto aggravato di energia elettrica e di acqua.

I quattro, infatti, come accertato successivamente, avevano realizzato un allaccio abusivo alla rete elettrica pubblica al fine di asportare l’energia necessaria alla strumentazione di irrigazione delle piante ed alla rete idrica comunale, sottraendo un’ingente quantità di acqua proprio per la coltivazione e crescita delle piante.

Contestato inoltre, agli imputati, dal Pm Davide Lucisano anche il reato di uccisione di animali, in quanto, per crudeltà e senza necessità, avevano causato la morte di 13 galline, le cui carcasse erano state appese con lo scopo di nascondere gli odori provenienti dalla piantagione.

Un primo rilevante giudizio che, soprattutto, ha riconosciuto l’aggravante della ingente quantità per la coltivazione di oltre tremila piante di marijuana, consentendo una sentenza di condanna molto severa.

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