Reggio Calabria – L’avvocato Paolo Romeo, uno tra i principali imputati del processo Gotha in corso di celebrazione dinnanzi al Tribunale di Reggio Calabria, ha inviato alla stampa una lettera in cui replica alle dichiarazioni del sindaco metropolitano Giuseppe Falcomatà, che in apertura di udienza dello scorso consiglio metropolitano aveva espresso parole di condanna sulla circostanza emersa nel corso dell’ultima udienza del processo “Gotha” su ruoli e azioni che hanno favorito la latitanza del terrorista Franco Freda.
Di seguito pubblichiamo la lettera dell’avv. Paolo Romeo:
Leggo dai giornali la solenne reprimenda che il sindaco metropolitano, nel corso delle questioni preliminari dell’assemblea metropolitana, ha inteso dedicare ad una vicenda processuale che mi riguarda ed in particolare ad una parte delle mie dichiarazioni spontanee che riproponevano circostanze di un episodio del 1978. Sono mio malgrado costretto ad intervenire sull’argomento per rilevare preliminarmente che in una società civile esiste il principio dell’innocenza, che i processi si fanno nelle aule dei Tribunali e che le direttive dell’Unione Europea del 9 marzo 2016 condannano “le dichiarazioni pubbliche rilasciate da autorità pubbliche e le decisioni giudiziarie diverse da quelle sulla colpevolezza non presentino la persona come colpevole fino a quando la colpevolezza di un indagato o imputato non sia stata legalmente provata”.
Recentemente il Parlamento approvato in sede di commissione competente il recepimento delle direttive comunitarie.
Rilevo che il sindaco pur riconoscendo che “nonostante i numerosi studi non si sia fatta pienamente luce sull’epoca troppo fosca ed indecifrabile per la nostra terra” pretenda, entrando a gamba tesa in vicende giudiziarie in corso di dibattimento, di esprimere valutazioni sull’episodio in corso di chiarimento in sede giudiziaria.
L’amministrazione metropolitana è già parte civile nel processo ed è in quella sede che può svolgere un ruolo.
Porre la vicenda nel dibattito politico lo si può fare per varie ragioni.
Si può essere pregiudizialmente convinti di teoremi sino ad oggi non dimostrati (patto eversione-‘ndrangheta) e ci si preoccupa che il chiarimento della vicenda Freda possa metterli in crisi attraverso il racconto di testimoni che inquadrano l’episodio, contestualizzandolo, come atto di solidarietà politica ed umana.
Si può, invece, essere interessati alla storia della città ed augurarsi che la verità giudiziaria e storica la affranchi dal sospetto che nel 1980 ospitò trame eversive e patti scellerati che avrebbero coinvolto illustri professionisti e pezzi dello Stato di ogni colore politico della città riuniti da Freda in una superloggia massonica.
Nel primo caso si fa il tifo per la ipotesi accusatoria, nel secondo caso ci si affida alla sentenza dei giudici.
Da il segno di una interessata posizione politica il tentativo di legare la vicenda Freda del 1978 come funzionale alla costruzione di carriere politiche che hanno indirizzato le sorti economiche sociali e civili della nostra regione e che la vicenda sia la causa dei mali e del mancato sviluppo della comunità metropolitana, responsabilità che sicuramente vanno ricercate altrove.
Voglio sperare che i rappresentanti delle istituzioni facciano prevalere il buon senso ed attendano serenamente il responso dei giudici.