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Operazione Propaggine. Locale di ‘ndrangheta a Roma: 43 arresti della Dia

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Home Reggio Calabria Cronaca

Operazione Propaggine. Locale di ‘ndrangheta a Roma: 43 arresti della Dia

Le indagini della DDA di Roma sul locale della cosca Alvaro nella Capitale

by newz
10 Maggio 2022
in Cronaca, Primo Piano
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Roma – Nell’ambito dell’operazione Propaggine, su disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Roma, la Direzione Investigativa Antimafia – con il supporto di personale delle Questure e dei Comandi Provinciali dei carabinieri e della Guardia di Finanza di Roma e di Reggio Calabria – nella mattinata di oggi ha dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Roma nei confronti di 43 persone (38 in carcere e 5 agli arresti domiciliari) gravemente indiziate, a vario titolo, di associazione mafiosa (art. 416 bis c.p.), cessione e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti (art. 73 D.P.R. 309/90), estorsione aggravata e detenzione illegale di arma da fuoco (artt. 110, 629 c.p. e 2 e 7 L. 895/67 e 416bis 1 c.p.), fittizia intestazione di beni (artt. 110, 512bis, 416bis 1 c.p.) truffa ai danni dello Stato aggravata dalla finalità di agevolare la ‘ndrangheta (artt. 61 n. 7, 81 cpv., 110, 640, comma primo e secondo n. 2, 416 bis.1 cod. pen), peculato aggravato (artt. 81 cpv., 314 e 416 bis.1 cod. pen.), reimpiego di somme di denaro di provenienza delittuosa aggravato dalla finalità di agevolare la ‘ndrangheta (artt. 81 cpv., 110, 648 ter.1 cod. pen, art. 416 bis.1 cod. pen.), riciclaggio aggravato (artt. 648 bis, 416 bis.1 c.p.), favoreggiamento aggravato (artt. 81 cpv, 378 cpv, 416 bis.1 c.p.), concorso esterno in associazione mafiosa (artt. 110, 416 bis cod. pen.), procurata inosservanza di pena (artt. 110, 390 c.p.).

Più in particolare, nel corso della attività di indagine, avviata nel 2016 dalla Direzione Investigativa Antimafia – Centro Operativo di Roma, con il coordinamento della DDA della Procura di Roma, sono stati raccolti elementi gravemente indiziari in ordine alla esistenza, nell’ambito della associazione di tipo mafioso unitaria denominata ‘ndrangheta – operante sul territorio della provincia di Reggio Calabria e delle altre province calabresi, sul territorio di diverse altre regioni italiane (Lazio, Lombardia, Emilia, Piemonte, Liguria, Valle d’Aosta) e sul territorio estero (Svizzera, Germania, Canada, Australia), costituita da molte decine di locali e con organo collegiale di vertice denominato “la Provincia”- di una articolazione operante sul territorio dei comune di Roma [denominata locale di Roma, “distaccamento” o “propaggine” dal locale di Cosoleto (RC), ma composto anche da soggetti appartenenti a famiglie di ‘ndrangheta originarie di Sinopoli (RC) e di altri comuni calabresi oltre che da alcuni soggetti romani], avvalendosi della forza di intimidazione che scaturisce dal vincolo associativo e delle conseguenti condizioni di assoggettamento e di omertà che si creavano nel citato territorio, avendo come scopo quello:

– di acquisire la gestione e/o il controllo di attività economiche nei più svariati settori (ad es. ittico, della panificazione, della pasticceria, del ritiro delle pelli e degli olii esausti), facendo poi sistematicamente ricorso ad intestazioni fittizie al fine di schermare la reale titolarità delle attività;
– di commettere delitti contro il patrimonio, contro la vita e l’incolumità individuale e in materia di armi;
– di affermare il controllo egemonico delle attività economiche sul territorio (in particolare nel settore della ristorazione, dei bar e della panificazione), realizzato anche attraverso accordi con organizzazioni criminose omologhe;
– e, comunque, infine, di procurarsi ingiuste utilità.

Gravemente indiziati di essere i capi di tale struttura criminale sono Carzo Antonio e Alvaro Vincenzo, entrambi appartenenti a storiche famiglie di ‘ndrangheta originarie di Cosoleto (RC). Le risultanze della presente attività di indagine hanno evidenziato come fino al settembre del 2015 non esistesse un locale di ‘ndrangheta operante nella capitale, anche se sul medesimo territorio da molti anni erano stanziati numerosi soggetti appartenenti a storiche famiglie di ‘ndrangheta dediti ad attività illecite. Le indagini hanno consentito di ricostruire, in termini di gravità indiziaria, che nell’estate 2015 l’odierno indagato Carzo Antonio avrebbe ricevuto dall’organo collegiale posto al vertice dell’organizzazione unitaria denominata ‘ndrangheta (la Provincia o Crimine) l’autorizzazione per costituire un locale di ‘ndrangheta nella città di Roma, che sarebbe stato retto da una diarchia composta dallo stesso Carzo e da Alvaro Vincenzo.

Dalle indagini emergono gravi indizi che sul territorio della capitale si sia così riprodotta una struttura criminale non consistente semplicemente nel fatto che una serie di soggetti calabresi abbiano iniziato a commettere reati nella città di Roma in quanto i soggetti in questione sono risultati operare secondo tradizioni di ‘ndrangheta: linguaggi, riti, doti, tipologia di reati tipici della criminalità della terra d’origine e trapiantati a Roma dove la ‘ndrangheta si è trasferita con la propria capacità di intimidazione.

Il locale di Roma era composto da due sottogruppi. Operava dal 2004 con metodo mafioso nella capitale dove era temuto e rispettato

Dalle indagini emergono gravi indizi che il locale di Roma si componga di due sottogruppi, capeggiati uno da Alvaro Vincenzo e l’altro da Carzo Antonio; che il sottogruppo capeggiato da Alvaro Vincenzo, composto da soggetti di origini calabresi, esistesse ed operasse sul territorio della capitale quantomeno dal 2004/2005 e nel corso degli anni si fosse “fatto conoscere” nella capitale, dove operava con metodo mafioso, dove era temuto e rispettato e dove aveva iniziato ad intessere rapporti anche con altre organizzazioni. Questo gruppo, tuttavia, prima dell’arrivo a Roma di Carzo Antonio, non avrebbe avuto il riconoscimento dalla madre patria calabrese per aprire un vero e proprio locale di ‘ndrangheta. Il settore di competenza di Alvaro Vincenzo è risultato, in termini di gravità indiziaria, essere – ed essere stato – quello relativo agli investimenti di ingentissime somme di denaro in attività commerciali intestate a compiacenti prestanome.

L’attività di indagine compiuta nell’ambito del presente procedimento ha consentito infatti di ricostruire, in termini di gravità indiziaria, come negli ultimi anni, in concomitanza con la costituzione del locale di ‘ndrangheta di Roma, il sistema Alvaro si fosse ampliato ed affinato, estendendosi anche a settori diversi da quello della ristorazione, sempre sul territorio della capitale, più precisamente il settore ittico, quello della panificazione, quello della pasticceria, quello del ritiro delle pelli e degli olii esausti.
Carzo Antonio in passato ha riportato una condanna definitiva ad anni tredici di reclusione (parte dei quali scontati in regime di 41 bis o.p.) per i delitti di associazione mafiosa (con un ruolo di direzione) e reati in materia di armi (detenzione di un fucile Spass). Scarcerato per fine pena, dal marzo del 2014 Carzo Antonio si è trasferito a Roma, cioè nella stessa città in cui era stabilmente presente, da più di dieci anni, Alvaro Vincenzo insieme al suo gruppo. Proprio il trasferimento del Carzo a Roma avrebbe creato, alla stregua delle risultanze investigative, le condizioni ideali per costituire un locale di ‘ndrangheta nella capitale.

Il locale di Roma non controlla militarmente il territorio ma reinveste proventi di attività delittuose

All’esito delle indagini si è riscontrato, in termini di gravità indiziaria, che il locale di Roma non abbia la finalità di controllare militarmente il territorio, ma quella di reinvestire i proventi di altre attività delittuose dell’organizzazione e sia comunque dedito anche ad altri delitti (soprattutto in materia di armi, stupefacenti, estorsioni).
A tal riguardo si evidenzia che in data odierna è stata contestualmente data esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo di urgenza emesso da questo Ufficio ed avente ad oggetto una serie di società ed imprese individuali di recentissima costituzione, operanti sul territorio della capitale e fittiziamente intestate a prestanome. Si è così potuto accertare, in termini di gravità indiziaria, che nel corso degli ultimi mesi l’articolazione territoriale della ‘ndrangheta radicata nella città di Roma avrebbe continuato ad operare, estendendo il proprio campo d’azione anche a nuovi settori (ad es. parrucchiere, sale biliardo, concessionarie di autovetture).

Colletti bianchi tra gli arrestati nell’operazione Propaggine: un commercialista e un dipendente bancario

Fra i destinatari dell’ordinanza vi sono alcuni professionisti gravemente indiziati di aver messo a disposizione della ‘ndrangheta il loro bagaglio di competenze e conoscenze: un commercialista (al quale il gip ha applicato la misura cautelare della custodia in carcere per concorso esterno in associazione mafiosa) e un dipendente bancario (nei confronti del quale sono stati disposti gli arresti domiciliari per favoreggiamento aggravato dalla finalità di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa unitaria denominata ‘ndrangheta, in particolare dell’articolazione territoriale della stessa operante in Roma).

Sono attualmente in corso anche attività di perquisizione presso le abitazioni degli indagati e le sedi delle società ed imprese individuali oggetto di intestazioni fittizie.

Operazione Propaggine: altri 34 arresti della DDA di Reggio Calabria

Nel corso dell’attività di indagine, svolta dalla Direzione Investigativa Antimafia con il supporto della rete @ON finanziata dall’Unione Europea, e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma è stato avviato un coordinamento investigativo con la Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, che in data odierna ha dato esecuzione ad un’ordinanza applicativa di misure cautelari custodiali nei confronti di 34 soggetti (29 in carcere e 5 agli arresti domiciliari).

Il procedimento versa tuttora nella fase delle indagini preliminari, con la conseguenza che per tutti gli indagati vige il principio di presunzione di innocenza.

Tags: 'ndranghetacosca Alvarodiaoperazione propaggineroma
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