Reggio Calabria – A un mese dalla scadenza delle elezioni amministrative, le liste presentate per le comunali di tanti municipi dell’area metropolitana consegnano un quadro sempre più frammentato. Tanti candidati civici, poche liste di partito, probabilmente una crisi generalizzata che investe l’identità delle forze politiche tradizionali, tra spinte e sgambetti reciproci, cambi di casacca e veti incrociati. L’esercito di candidati che si appresta ad animare il dibattito politico sui territori da qui alle prossime settimane appare sempre più variegato ed eterogeneo. Sebi Romeo, dirigente regionale del Partito Democratico, componente della Direzione nazionale, prova a mettervi ordine, accettando di rispondere alle nostre domande sul partito e sulla tornata delle amministrative.
Intanto come arriva il Pd a questo appuntamento? Qual è lo stato di salute del partito?
«Dopo anni di commissariamento abbiamo celebrato i congressi, e con fatica e determinazione siamo riusciti a individuare un percorso unitario per il regionale e quasi tutte le federazioni calabresi. Un risultato che non era affatto scontato, dopo la lunga fase di assenza di democrazia interna. Adesso si apre una fase nuova: rigenerazione, riorganizzazione, iniziativa politica».
Che intende? Si rifanno le squadre e si ricomincia a litigare?
«Le nostre liti, che non nego, sono spesso enfatizzate. Nel capoluogo di Regione la destra che ha da pochi mesi vinto le elezioni regionali si è divisa in tre…».
Dunque va tutto bene? Il primo vero appuntamento dopo la fase congressuale è quello delle amministrative. A liste chiuse vuole darci un bilancio su ciò che è accaduto nella provincia di Reggio?
«Innanzitutto, è oggettivo, i congressi ai vari livelli si sono svolti a ridosso delle amministrative. Molti processi elettorali e politici erano già in atto, non sempre siamo riusciti ad intervenire in maniera efficace. Prima di entrare nei casi specifici, io ritengo si debbano assumere delle decisioni. Primo: convocare la direzione provinciale e definire i congressi di circolo laddove non svolti. Secondo: completare gli organismi. Terzo: fare una analisi della situazione politico-organizzativa, adottare una linea politica generale, sia sul piano organizzativo che sul terreno delle alleanze e delle proposte. Questi temi sono inscindibili ed imprescindibili».
Non vuole rispondere su ciò che è accaduto, ma abbiamo seguito un vivace dibattito sui social e sui media…
«Invece, per rispondere in maniera esaustiva, a mio avviso, serviva fare un quadro politico, anche perché le considerazioni su presunte divisioni fra i principali esponenti del Pd sono false: le decisioni assunte, giuste o sbagliate, sono state condivise, me ne assumo per la mia parte la responsabilità. Vorrei però si parlasse di politica, ecco».
Quindi un bilancio sulle liste e i candidati adesso può farlo?
«Volentieri. Dobbiamo riflettere sia dove eravamo al governo dei comuni, ad esempio Bagnara e Caulonia, che dove eravamo all’opposizione come a Villa San Giovanni. Occorre farlo in profondità anche perché, a Bagnara abbiamo celebrato il congresso di circolo, a Villa e Caulonia no, eppure il risultato non è entusiasmante in nessuno dei tre comuni.
Io propongo si rifletta e discuta negli organismi dirigenti e nei circoli su di una degenerazione prima culturale che politica, che secondo me è alla base dei guasti del presente: l’assenza di congressi, la sovrapposizione coi livelli istituzionali, ci ha trasformati, non ovunque, in bande di piccoli comitati elettorali contrapposti fra di loro. Il partito è stato vissuto nel migliore dei casi come uno strumento per affermare la propria carriera.
Qui sta il punto: vogliamo essere un partito? Bene, si ricostruisca una comunità, si accettino delle regole, si abbia una visione generale e non particolare, le ambizioni di ciascuno dopo quelle collettive. Noi, la sinistra di questo Paese, non discutiamo da tantissimo tempo degli errori che ci hanno portati sin qui: siamo stati subalterni alle culture populiste e delle destre, Berlusconi e Grillo, del partito azienda e di “uno vale uno”. Le Agorà sono l’inizio concreto di un processo che porterà, finalmente, ad una forma nuova di partito».
Un caso particolare riguarda la città di Villa San Giovanni, il secondo comune più grande, dopo Palmi, di quelli che vanno al voto. Lì cosa è accaduto?
«A proposito, a Palmi Peppe Ranuccio raccoglierà i frutti di 5 anni di lavoro che hanno migliorato la città: i cittadini daranno un chiaro mandato di continuità a questo grande lavoro di cambiamento, il passato non tornerà. A Villa San Giovanni siamo stati all’opposizione giustamente in questi anni. Ma anche lì non riusciamo a tradurre il lavoro fatto in una proposta alternativa. Accade una cosa gravissima: interi pezzi, anche istituzionali, del Partito Democratico, hanno lavorato al di fuori del circolo ad una proposta non condivisa e non discussa dagli iscritti, impedendo di fatto al Pd di partecipare alla competizione elettorale».
Si ma adesso che la frittata è fatta, lei a Villa per chi voterebbe?
«Credo che il Pd avesse una proposta di forte rinnovamento che rappresentava l’unica vera alternativa ad un sistema consociativo e trasversale che ha preteso ed imposto l’esclusione del Pd dalla competizione elettorale. Sono presenti nella vicenda villese tutte le contraddizioni, anche inquietanti, tipiche di alcune nostre realtà: decisioni assunte fuori dai livelli democratici, trasversalismi, individualismi, egoismi. Per cui la mia risposta è chiara, io non sono di ViIla San Giovanni ma se fossi un villese voterei scheda bianca e promuoverei un dibattito chiaro e coraggioso sulla necessità di un reale cambiamento per questa importante città dello Stretto. Consentitemi di ringraziare comunque coloro che, penso a Filippo Bellantone a Patrizia Liberto ed altri, si sono spesi fino in fondo e con coraggio affinché il Pd potesse presentarsi agli elettori. I villesi avrebbero deciso più liberamente e con un’offerta politica realmente democratica. Subito dopo le comunali abbiamo già fissato il congresso che avvierà la ricostruzione del Pd nel segno del rinnovamento».
Ma il segretario provinciale invita a votare le liste civiche progressiste, alternative alle destre…
«E ha fatto bene, ma non parlava di Villa. Dappertutto siamo impegnati a battere le destre sovraniste, a Villa ci è stato impedito… Guardi io non parlo delle persone, peraltro a Villa dove la destra ha raso al suolo la città. Noi siamo un partito politico, quanto accaduto in quella città è esclusivamente una gigantesca questione politica, che va risolta, non siamo mica una bocciofila o un comitato elettorale».
A Motta San Giovanni non sarete presenti. Sfugge alle polemiche?
«Quello che ho detto per gli altri comuni vale anche per Motta, non sfuggo a niente: si discuta nel partito, decidano gli iscritti. I circoli che non hanno presentato le liste, realtà per realtà, dovranno assumersi le responsabilità, le ripeto condivido le scelte che ha fatto Nicola Irto, assieme al gruppo dirigente, nelle condizioni date, lineari e coerenti».
Non è la migliore condizione. Adesso come ne uscirebbe?
«Davanti a questa situazione che ho descritto per sintesi abbiamo due strade. La prima sarebbe far finta di niente, ma in questo modo tradiremmo il lavoro di rigenerazione proposto dal segretario regionale (che sta lavorando bene) e quindi io non sono d’accordo. La seconda è quella di fare un’analisi approfondita di ciò che è accaduto e farla convocando gli organismi dirigenti. Abbiamo bisogno che torni la discussione, torni il partito e torni la democrazia. Altrimenti non saremo più credibili a parlare dei circoli ecc. ecc. ecc.
Convocare i congressi dove non sono stati convocati. È evidente che abbiamo commesso un errore a non farli celebrare prima e a non nominare dei commissari dove non erano stati celebrati: io dico con chiarezza abbiamo commesso un errore. Nel senso che ne parlo assumendomi una parte di responsabilità. Considero sbagliate le letture di questi giorni che parlano di decisioni di Tizio piuttosto che di Caio. Le decisioni le abbiamo prese assieme, gli errori e le cose buone le abbiamo fatte assieme. Adesso ne discutano gli organismi dirigenti. È una questione politica».
La strada appare in salita, ma ora serve fare il primo passo
«È in atto la rigenerazione del Pd, attraverso le numerose Agorà, le iniziative pubbliche in programma, il lavoro che è appena iniziato.
I primi passi se parliamo di Reggio Calabria, ad esempio, vedono un lavoro importante dei consiglieri comunali e degli assessori, della segretaria cittadina che ha già fatto approvare una riforma dello schema organizzativo dei circoli in città, riducendone il numero: gli iscritti sceglieranno i nuovi segretari di circolo. Faremo assemblee pubbliche con i cittadini, stiamo incontrando le categorie. Il ritorno di Giuseppe Falcomatà, segnerà una accelerazione positiva nella realizzazione del programma amministrativo presentato ai reggini: so bene che vi sono criticità in città, ma ci siamo dati un metodo di confronto e di nuova centralità del Pd che darà risultati.
Nella provincia siamo riusciti ad eleggere segretari che provengono dall’esterno, tante donne, in un processo di inclusione, rinnovamento, cambiamento. I primi passi ci sono e sono buoni».
Se dovesse esprimere un desiderio?
«Vede, nel mentre noi parliamo, migliaia di persone sono costrette a scappare dalla loro terra. Gli ucraini fuggono a causa dell’invasione di Putin: un criminale che va fermato, ma attenzione questi tre mesi devono farci riflettere, soprattutto a sinistra.
Serve imporre un piano di pace, attraverso il protagonismo dell’Europa e dell’Onu, esiste ancora? Bene ha fatto Draghi a presentare una proposta dell’Italia. Non servono nuove adesioni alla Nato, peraltro di Paesi (Svezia e Finlandia) confinanti con la Russia. Ragioniamo, si deve trattare, comprendere che non siamo più in una vicenda mondiale segnata da una dinamica Est-Ovest, si sono sviluppate nuove realtà mondiali che rappresentano oltre il 60% del Pil: la Cina sta costruendo in Africa, quasi annettendo, almeno sul piano economico un continente, l’India ha dato un segnale bloccando le esportazioni di materie prime fondamentali per la alimentazione nel mondo.
Leggete il rapporto della Fao sulla fame e le nuove povertà. Dove sono prodotti i microchip? Veramente pensiamo che il Mediterraneo debba continuare ad essere una tomba per migliaia di persone che scappano dalla fame?
Mi fermo, spero di avere reso il concetto. Il Pd deve essere il partito della Pace e della lotta alle diseguaglianze. Dobbiamo lavorare a una convivenza pacifica fra popoli che si autodeterminano, in Ucraina… e in Palestina».
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