Le scosse del post voto: la destra sorride grazie a Roma, il Pd reggino di nuovo unito nel segno di Falcomatà

Il Partito Democratico reggino brilla nel buio in cui è sprofondato il Nazareno

Reggio Calabria – Smaltita la sbornia della campagna elettorale, mentre iniziano a chiudere le saracinesche di segreterie e comitati, in alcuni casi zeppi di tappi di spumante per i festeggiamenti, in altri solo di lacrime e delusione, è già cominciata la consueta bagarre che normalmente segue ogni appuntamento elettorale.

LA DESTRA NAZIONALE – Il centrodestra reggino prova a fare la voce grossa, provando a intestarsi il risultato e puntando i cannoni verso i Palazzi cittadini di Comune e Metrocity. Ma la vittoria a livello nazionale, in realtà scontata quanto un bagnoschiuma di sottomarca al discount, era prevista già da tempo per la coalizione azzurro-verde. Da mesi ormai i sondaggi nazionali concordavano nell’affermare che in assenza di un patto di ferro nel centrosinistra, la destra nazionale avrebbe avuto gioco facile. E così in effetti è stato, ma con qualche distinguo. Rispetto alle previsioni c’è da registrare una grossa divaricazione, anche maggiore di ciò ci si poteva attendere, tra Fratelli d’Italia (che comunque nella parte finale della campagna elettorale non ha sfondato come ci sarebbe potuti attendere) e i due partiti minori della coalizione, Lega e Forza Italia, fortemente ridimensionati, a vantaggio di un inaspettato recupero dei 5 stelle che in campagna elettorale, agitando la bandiera del reddito di cittadinanza, sono riusciti ad erodere ancora qualcosa appunto alla Meloni e qualcosa ai cugini del Pd, attestandosi come terza forza del Paese.

LA DESTRA REGGINA – I leader del centrodestra reggino e regionale si avvantaggiano quindi più di un quadro nazionale che di reali rapporti di forza territoriali. D’altronde i risultati delle scorse amministrative in tanti comuni della provincia, di appena qualche mese fa, risultano di segno totalmente opposto all’esito di questa tornata. E non sarebbe spiegabile un ribaltamento così evidente e repentino se non nell’ottica di una tendenza che riguarda più dinamiche romane che calabresi o reggine. È indubbio che se negli ultimi mesi non ci fosse stato l’avanzamento monstre di Fratelli d’Italia e le bordate di piazza di Giorgia nazionale, ora anche a Reggio ed in Calabria staremmo parlando di un’altra storia.

LA DISFATTA DEL NAZARENO – Nel frattempo il centrosinistra nazionale si lecca le ferite. La sconfitta imputabile alla strategia di Enrico Letta e del suo sgangherato cerchio magico è chiara e lampante, una sconfitta culturale e valoriale oltre che strettamente numerica. Ed allora via alle analisi post voto e ai richiami congressuali da parte praticamente di tutto il corpo del partito. Dopo il voto Letta ha rimesso la palla al centro e si è dichiarato disponibile a farsi da parte. Ma questa volta l’impressione è che non basterà un congresso a rimettere in piedi le aspettative del Pd. Serve qualcosa di più: in tanti parlano di una sorta di rifondazione del Partito, con un relativo rimescolamento di carte che potrebbe anche segnare nuovi equilibri nazionali e territoriali.

IL PD REGGINO BRILLA NEL BUIO – Il territorio, già. Il centrosinistra reggino esce paradossalmente quasi rinfrancato da questa tornata elettorale. A dispetto della disfatta nazionale, numeri alla mano, il Partito Democratico a Reggio Calabria torna in Parlamento, dopo una lunga assenza, con l’elezione di Nicola Irto al Senato, avanza di 5 punti percentuali rispetto al 2018 e si pone come punta di diamante del partito in Calabria e nell’intero Mezzogiorno. Un raggio di luce in mezzo all’oscurità in cui sembrano essere piombate le stanze del Nazareno. E d’altronde anche queste politiche hanno dimostrato che laddove si governano le amministrazioni locali, anche tra mille difficoltà, l’esperienza sul campo di amministratori e dirigenti locali, giova anche ai numeri nazionali. Riguardo a possibili conseguenze sulle dinamiche interne nella maggioranza alla guida di Palazzo Alvaro e Palazzo San Giorgio, ci hanno pensato i segretari Morabito e Bonforte a sgomberare il campo da possibili mal di pancia del post voto. D’altronde se di fronte ad elezioni amministrative normalmente tutti i leader nazionali si affrettano ad affermare che si tratta di test locali che non hanno conseguenze sulle dinamiche parlamentari e di Governo, non si capisce come al contrario un’elezione di carattere nazionale dovrebbe generare riflessi sui livelli locali, dove le forze in campo, le alleanze e la composizione della maggioranze risultano del tutto diverse da quelle romane.

FALCOMATÀ ANCORA KINGMAKER – Ma a proposito di amministrazioni locali, tra quelli che possono certamente sorridere dopo mesi di silenzio ed assenza dalla ribalta mediatica c’è anche Giuseppe Falcomatà. Il sindaco eletto a Reggio Calabria, in attesa di rientrare dalla sospensione ex legge Severino, ha investito un bel pezzo delle sue energie in questa campagna elettorale, dando forza al progetto politico del Pd locale anche attraverso l’apporto dei consiglieri delle sue liste civiche. Nei corridoi dei palazzi cittadini qualcuno spiffera che anche la magra performance territoriale della compagine del cosiddetto Terzo Polo (in realtà è il quarto) sia dovuta proprio a una forma di rispetto da parte dei maggiorenti locali di Italia Viva e Azione nei confronti del sindaco e del suo Pd, che si è tramutata in una scarsa spinta sull’acceleratore, giusto sufficiente a non far gridare allo scandalo. Diversamente sarebbero andate le cose se a Roma, a un mese dal voto, Calenda e i suoi avessero tenuto fede all’alleanza col Pd, aumentando di molto il numero e la qualità dei vogatori in forza anche e soprattutto nella canoa reggina e calabrese.

PD UNITO – Ma al di là degli aspetti di coalizione la soddisfazione di Falcomatà arriva per altre due ragioni. Una più ideale: il suo ritorno in campo, in realtà c’è chi giura che non sia mai uscito dal rettangolo di gioco, almeno per ciò che riguarda il livello politico, mette ordine all’interno del Pd locale, per la prima volta dopo lunghi anni schierato tutto dalla stessa parte. Dopo la tribolata stagione congressuale il Pd sembra aver compreso una volta per tutte che stare insieme conviene, a tutti. E d’altronde, anche stando ai risultati delle ultime politiche, che consegnano a Reggio lo scettro del Pd più votato in Calabria e nel Sud, tra iscritti e militanti di tutta la regione sibila la convinzione che se i due maggiorenti del Pd calabrese e reggino riescono a mettersi d’accordo, leggasi Nicola Irto e Giuseppe Falcomatà, le minacciose nubi provenienti da Roma sul cielo del partito regionale cominciano magicamente a diradarsi.

L’altra ragione, infine, risulta molto più pragmatica: l’elezioni di Nicola Irto al Senato spalanca le porte di Palazzo Campanella a Giovanni Muraca, fedelissimo della prima ora proprio di Falcomatà e primo dei non eletti nella lista del Pd. La sua candidatura aveva generato qualche malumore e perfino qualche dipartita nel centrosinistra reggino di un anno fa, quando qualcuno suggeriva al sindaco che fosse errata una discesa in campo così diretta nella competizione regionale. Esattamente dodici mesi dopo i numeri e i fatti danno ragione a Falcomatà e Muraca, che adesso non solo entrerà dalla porta principale tra gli scranni di Palazzo Campanella, ma avrà anche la responsabilità di rappresentare l’unico consigliere regionale di centrosinistra eletto nel reggino. Per Falcomatà dare una mano concreta, invero apertamente richiesta, alla lista dei democratici e piazzare uno dei suoi principali colonnelli subito dietro il capolista e segretario regionale del Pd Nicola Irto è stata una scelta giusta e lungimirante. Anche in questo Falcomatà ha dimostrato di vederci lungo, di fatto tacitando con i fatti le scossette di percorso frutto di quella decisione, forse figlie di qualche piccola ambizione o vanità personale di altri suoi presunti fedelissimi, subito dopo immediatamente approdati ad altri lidi ed ora miseramente rimasti tagliati fuori da tutti i circuiti.

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