La tematica delle pensioni è particolarmente sentita nel nostro Paese, soprattutto da quando è entrata in vigore la cosiddetta Riforma Fornero che ha spostato più in avanti l’età pensionabile: attualmente, infatti, la pensione di vecchiaia ordinaria richiede un’età anagrafica di 67 anni. Negli ultimi decenni, peraltro, il tasso di sostituzione, ovvero l’indice che misura in termini percentuali il passaggio dal reddito lavorativo a quello pensionistico, sta diventando sempre più basso: se lo stipendio netto di fine carriera è 2.000 euro e il tasso di sostituzione è il 60%, l’importo netto della pensione sarà di 1.200 euro.
Nel 2015, un dipendente e un lavoratore autonomo con 42 anni di contributi previdenziali potevano contare su tassi di sostituzione rispettivamente dell’83,2% e dell’80,6%; nel 2035 si passerà al 75,5% e al 52,1%. Oggi insomma, se la tendenza rimarrà quella attuale, e tutto fa pensare che sarà così, si andrà in pensione sempre più tardi e per di più con assegni pensionistici sempre più bassi. Se il problema interessa ormai relativamente chi è vicino al traguardo pensionistico, lo stesso non si può dire di coloro che hanno ancora davanti a sé molti anni di carriera lavorativa, in particolar modo se si tratta di lavoratori autonomi, i più penalizzati dai tassi di sostituzione.
Ecco che, fatte queste brevi considerazioni, sottoscrivere una pensione integrativa per disporre di una rendita aggiuntiva è sicuramente una scelta che vale la pena di prendere in debita considerazione, anche se si è molto giovani e la pensione sembra ancora un problema lontano.
Pensione integrativa: cos’è?
Come facilmente si può intuire dalla terminologia, la pensione integrativa è una particolare tipologia di pensione che “integra” la normale pensione erogata dall’INPS o da altri enti previdenziali alla fine della carriera lavorativa; è una forma di previdenza complementare che viene attuata tramite quelli che sono comunemente definiti fondi pensione. La pensione integrativa ha come scopo precipuo quello di garantire al pensionato risorse finanziarie sufficienti a mantenere un tenore di vita identico, o comunque non troppo diverso, da quello a cui è abituato.
I vantaggi dei fondi pensione
La previdenza complementare è, di fatto, il secondo pilastro su quale si basa il sistema pensionistico (quella obbligatoria è nota come previdenza di primo pilastro); è disciplinata dal D. lgs 5 dicembre 2005 e prevede anche interessanti incentivi fiscali sia in fase di contribuzione, sia in fase di gestione, sia in fase di prestazione.
Particolarmente interessante è il fatto che i contributi versati possono essere portati in deduzione nella dichiarazione dei redditi fino a un massimo annuale di 5.164,57 euro (questo non è però possibile per i lavoratori autonomi che si trovano nel regime forfettario); un altro vantaggio è quello che i rendimenti maturati durante la gestione avranno un prelievo fiscale di favore. Inoltre, la rendita o il capitale che si riceveranno una volta conclusa la carriera lavorativa saranno tassati con un’aliquota del 15% che si ridurrà dello 0,30% all’anno, per ogni anno di permanenza nel fondo oltre il quindicesimo, fino ad arrivare a un’aliquota minima del 9%. Ne consegue che prima si apre un fondo pensione, maggiore sarà la possibilità di godere di una superiore riduzione dell’aliquota.
Erogazione della prestazione complementare
La prestazione relativa al fondo pensione può essere erogata sotto forma di rendita vitalizia immediata (assegno mensile che va a sommarsi a quello della pensione pubblica); per il 50% come rendita vitalizia e per il 50% come capitale; per il 100% come capitale qualora la rendita che si otterrebbe fosse inferiore a un determinato importo che è parametrato all’assegno sociale erogato dall’INPS.
Nota – A determinate condizioni, durante il periodo in cui si effettuano i versamenti al fondo pensione, è possibile fare richiesta di anticipazioni