Creare la Città metropolitana spetta a tutti i cittadini

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di Maria Vittoria Serranò* – Il dibattito sulla Città Metropolitana, che si è aperto grazie all’intervento del Sindaco Giuseppe Scopelliti sui mezzi d’informazione, è quanto mai importante per il futuro della nostra città ed impone un intervento anche da parte del mondo accademico che sia scevro da valutazioni di tipo politico, ma piuttosto sia esclusivamente tecnico. E’ innegabile quanto con molta lungimiranza ha affermato il Sindaco, che si generi una confusione nell’opinione pubblica e che il concetto di Città Metropolitana rischi di diventare uno slogan e finisca con l’essere accostato a quello einaudiano di “scatola vuota” di cui all’articolo 53 della Costituzione, ma è pur vero che i contenuti di questa scatola devono ancora essere individuati e precisati normativamente. Ma, procedendo per gradi occorre subito dire che le Città Metropolitane sono un livello istituzionale originariamente previsto in seno alla Legge n.142 del 1990, in seguito costituzionalizzate grazie alla riforma del Titolo V della Costituzione di cui la Legge n.42 del 4/5/2009 (c.d. Legge Calderoli) ne rappresenta l’attuazione. Muovendo da questo presupposto non si può sottacere che la legge n.42/2009 rappresenta una occasione storica per dare avvio al federalismo fiscale consentendo di superare il modello di finanza derivata e determinando la nascita di un sistema tributario caratterizzato da vari livelli di governance con differenti gradi di autonomia che, comunque, debbono garantire sia il finanziamento delle funzioni essenziali (di cui agli articoli 117 e 119 Cost.), sia il principio di uguaglianza sostanziale dei cittadini in termini di qualità e di quantità dei servizi offerti ( di cui all’art. 3 Cost.). L’esigenza di porre un freno alla crisi finanziaria dello Stato e di motivare le comunità locali quanto all’assunzione di responsabilità, era già stato teorizzato nel 1994 con un saggio di Tremonti- Vitaletti in cui veniva individuato nel federalismo fiscale, espressione e concetto di origine anglosassone, il fulcro in grado di spostare la potestà tributaria dal centro alla periferia, consentendo così ai cittadini / contribuenti di controllare con maggiore trasparenza come sarebbero state spese le entrate tributarie. E’, dunque, ovvio che tale processo crei un sistema tributario multilivello : centrale e locale, parallelo a quello erariale, ma è altrettanto ovvio che questo processo non può generare duplicazioni d’imposta sulla medesima fattispecie. Ciò significa che non si deve correre il rischio di doppie imposizioni sulla medesima materia imponibile ( es. tassazione del medesimo reddito a livello centrale attraverso l’Irpef e locale). Senza entrare eccessivamente nei particolari tecnici, una affermazione sulla legge delega appena varata è che si tratta di una delega in bianco, priva cioè dei principi e dei criteri direttivi di cui all’articolo 76 Cost.. Tale fatto non è casuale, ma è voluto per consentire al governo di potere godere di ampi margini di discrezionalità nell’emanazione dei decreti delegati.Per cui, a tutt’oggi non sono chiare né le modalità tecniche di realizzazione del federalismo, né i dati economici relativi al calcolo della copertura delle legge delega medesima.Di certo oggi siamo già in pieno processo di federalismo fiscale, per cui il vero problema non è federalismo sì, o federalismo no, ma piuttosto, federalismo come! Quanto, in particolare alla città di Reggio, si tratta di comprendere come sfruttare al massimo questa occasione che ci è stata offerta e che ci ha acquisito per il momento solo la dignità di città metropolitana con riferimento al nomen, ma a cui si dovrà conferire una dignità fattuale. Il rango di Città Metropolitana pretende risposte efficaci: le infrastrutture (autostrada, aeroporto, collegamenti nello Stretto), la creazione di un sistema economico in grado di rilanciare l’economia reale generando sviluppo, l’ideazione di forme di fiscalità di vantaggio in grado di favorire non solo l’insediamento, ma soprattutto la stabile collocazione di imprese nel nostro territorio sono tutti obbiettivi a cui la nostra città può e deve puntare. La previsione di comportamenti premiali per l’efficienza, la creazione di distretti produttivi, con conseguente tassazione agevolata, già peraltro previsti normativamente, possono essere strumenti in grado di rendere la nostra Città Metropolitana un’area fiscalmente attrattiva che sappia utilizzare le potenzialità riconducibili ad una fiscalità di vantaggio non congiunturale, bensì strutturale. L’articolo 2, lett. mm), della sopra citata legge Calderoli, consente queste opportunità stabilendo “l’individuazione, in conformità con il diritto comunitario, di forme di fiscalità di sviluppo, con particolare riguardo alla creazione di nuove attività nelle aree sottoutilizzate”. Progettare, sviluppare ed individuare i contenuti di tale nuova istituzione non è compito facile. Il futuro è, dunque, dietro l’angolo, e sta a chi ci governa, sia a livello centrale che a livello locale, dare corpo alle aspirazioni di sacrosanto riscatto culturale, occupazionale ed economico. In tal senso ci sembra doveroso richiamare la recente Lettera Enciclica del Santo Padre “Caritas in veritate” del 29 giugno 2009 in cui l’uomo viene invitato a riflettere, fra l’altro, sugli aspetti della crisi, sulle possibili soluzioni, sul futuro, con la consapevolezza che tali riflessioni richiedono “nuovi sforzi di comprensione umanitaria” da assumere “con realismo, fiducia e speranza” così da poter riscoprire “i valori di fondo su cui costruire un futuro migliore”, solo in tal modo la crisi può diventare “occasione di discernimento e di nuova progettualità. In questa chiave, fiduciosa, piuttosto che rassegnata, conviene affrontare le difficoltà del momento presente”.

* Professore Associato di Diritto Tributario
Facoltà di Economia
Università di Messina

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