L’integrazione necessaria – 2ª parte

Questa settimana la nostra Rubrica pubblica la seconda ed ultima parte del Contributo dell’On.le Stefania Craxi, Sottosegretario agli Esteri, pubblicato nel volume “Reggio Calabria Crocevia del Mediterraneo”, a cura di Felice Manti, Città del Sole Editrice, Reggio Calabria 2009, volume che è stato distribuito in occasione del “Primo Meeting delle Città del Mediterraneo”, Reggio Calabria 19/20 ottobre 2009.

(E.C.)

L’integrazione necessaria
di Stefania Craxi

Parte Seconda

È necessario che l’Europa emani una direttiva unitaria che impegni tutti gli Stati ad affrontare concordemente il fenomeno migratorio; che si impegni per favorire il rimpatrio dei clandestini e per favorire la selezione degli aventi diritto di asilo nei luoghi di imbarco; che ci sia efficienza nei controlli frontalieri; la costruzione di una “Europa dell’asilo”, che consenta una equa ripartizione del carico migratorio tra i 27 paesi dell’Unione; l’impegno ad un vero partenariato con i paesi d’origine dell’immigrazione.
Alle nostre ripetute sollecitazioni ha risposto il commissario alla Giustizia Jacques Barrot, che ha annunciato un “piano-pilota” per la distribuzione in tutta Europa dei rifugiati, cioè degli aventi diritto di asilo.
È solo un primo passo, ma non va avanti il progetto francese che vuole utilizzare, come chiesto dall’Italia, la leva della stretta collaborazione fra gli Stati per procedere a un significativo miglioramento delle prospettive di presidio dei fenomeni migratori.
Il concetto chiave della proposta di Parigi, presentata ormai da parecchi mesi, è “una immigrazione scelta e non più subita”, ciò che implica esattamente il miglioramento dei controlli alle frontiere, il rimpatrio degli illegali, l’istituzione di un regime comune di asilo e la promozione dello sviluppo.
L’Europa è attualmente il principale “importatore” al mondo di immigrati.
Vi risiedono circa 19 milioni di cittadini di Paesi terzi, che rappresentano il 4% dell’intera popolazione europea. Poi vi sono i clandestini, che le stime di alcuni organismi internazionali quantificano all’incirca sugli otto milioni, con un incremento annuo pari a circa 500.000 unità. Cifre dalle quali emerge la consapevolezza che un fenomeno simile richiede risposte immediate ed efficaci. Soprattutto, una collettiva assunzione di responsabilità, a livello nazionale, comunitario ed internazionale.
Anche su impulso italiano, l’Unione europea ha iniziato negli ultimi anni a muoversi in questa direzione. Ma quel che è stato fatto sinora è del tutto insufficiente. Compiuti i primi passi, il percorso va consolidato sia sul piano politico sia su quello pratico-operativo. Per far ciò occorre legare l’aspetto interno e quello esterno delle politiche dell’immigrazione europee, bilanciandone gli aspetti di solidarietà e sviluppo con quelli di legalità e sicurezza.
La politica di «approccio globale» alle migrazioni, varata dal Consiglio d’Europa nel dicembre 2005 al fine di considerare assieme gli aspetti di sviluppo e i problemi di sicurezza posti dal fenomeno migratorio, non ha avuto un adeguato seguito operativo. La solita, abbondante produzione cartacea dell’Unione, tanto prodiga di conferenze e di protocolli e tanto avara di realizzazioni.
A livello normativo, l’Unione Europea è rimasta in pratica ai problemi dell’accoglienza. Ha emanato direttive su alcuni aspetti della migrazione legale e del diritto di asilo. È stato esaminato un progetto che fissa standard comuni in materia di rimpatri di clandestini e sono state discusse altre proposte sulla migrazione per motivi di lavoro e sulle sanzioni nei confronti dei datori di lavoro che impiegano manodopera illegale.
È poco, troppo poco. Come ancora modesti sono i risultati conseguiti dall’Agenzia per la gestione delle frontiere esterne dell’Unione Europea.
Operativa dal novembre 2005, essa ha semplicemente dato vita ad operazioni di pattugliamento delle frontiere marittime meridionali.
L’evoluzione del quadro comunitario in direzione di una vera politica comune dell’immigrazione, continua a essere condizionata dai diversi orientamenti dei principali Stati membri al riguardo.
È sperabile che i Paesi europei sappiano abbandonare i loro particolarismi che oggi li vede divisi in tre o quattro gruppi su un problema che sta di fronte a tutte le Nazioni sviluppate. Un’Europa unita, disposta ad uno sforzo economico, potrebbe trasformare un problema spinoso per tutti in un pacifico accordo di reciproca convenienza per sé stessa e per i Paesi terzi.
L’Italia ritiene che una politica europea delle migrazioni debba basarsi su di una strategia capace di coniugare gli aspetti della sicurezza e del contrasto all’immigrazione illegale, dell’integrazione della migrazione legale allo sviluppo. Sono apprezzabili i risultati della prima Conferenza ministeriale di Albufeira che ha fissato importanti principi nell’ambito della cooperazione euro-mediterranea in materia migratoria; ma dai principi occorre passare ai fatti se non si vuole rimanere fermi allo stesso punto.
Auspichiamo inoltre un forte segnale di apertura verso i Paesi terzi di origine e di transito dei migranti, la cui collaborazione è essenziale se si vuole arrivare a una vera disciplina del fenomeno migratorio. In tal senso, l’Italia sta intensificando al massimo i suoi rapporti bilaterali che già hanno dato risultati importanti soprattutto con i paesi dell’Africa mediterranea.
Fino ad oggi l’Europa ha seguito l’emergenza; l’emergenza dei disperati che partivano alla ricerca di un futuro. Occorre lavorare perché l’immigrazione diventi un’opportunità, una risorsa per l’Europa.
Quello migratorio è un fenomeno epocale. Un fenomeno che per la prima volta nella storia si manifesta in forme sostanzialmente pacifiche.
Occorre prenderne atto e, considerandone i vantaggi, guardare al problema con animo generoso. Sono convinta che quando sulle migrazioni riusciremo a giocare le carte di una politica dell’Europa unita, il fenomeno che oggi ci assilla diverrà lo strumento di un nuovo importante sviluppo.

(Rubrica a cura del Prof. Enrico Costa – ecosta@unirc.it)

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