“Australian ‘ndrangheta”, presentazione a Palazzo San Giorgio

Macrì, Caracciolo, Cisterna
Macrì, Caracciolo, Cisterna

Reggio Calabria. A pochi mesi dalla pubblicazione, presentazione reggina per “Australian ‘ndrangheta”, libro sulla consorteria criminale australiana made in Calabria scritto dallo storico Enzo Ciconte e dal procuratore nazionale antimafia aggiunto Vincenzo Macrì. L’iniziativa, promossa dall’associazione universitaria “Ti esti”, ha raccolto, questo pomeriggio, parecchi studenti, professori e magistrati nel Salone dei lampadari di Palazzo San Giorgio per analizzare le peculiarità della ‘ndrangheta reggina d’esportazione e discutere sullo stato della lotta, in Italia e nel mondo, contro la criminalità organizzata. A guidare il pubblico alla scoperta di una ‘ndrangheta in lingua inglese ma con riti, codici e cognomi reggini doc, i magistrati Vincenzo Macrì e Alberto Cisterna, moderati dalla presidente dell’associazione “Ti esti” Mary Caracciolo. Punto di partenza delle loro analisi e del libro sono i codici rinvenuti dalle autorità australiane e la relazione elaborata da Nicola Calipari che nel 1982 trascorse tre mesi in Australia in missione per il governo italiano. Dai documenti, emergono punti di sovrapposizione tra le ‘ndrine reggine e australiane, in particolare tra le cosche della fascia ionica e le consorelle australiane, nate all’inizio del Novecento proprio dall’esportazione del modello ‘ndraghetista ad opera di alcuni sodali delle ‘ndrine attive nella provincia di Reggio Calabria, che si sono specializzati dapprima nelle estorsioni agli altri italiani, più tardi nella creazione di piantagioni di canapa indiana e nel traffico di cocaina. Eppure, a dispetto della lontananza geografica, i codici e i riti dell’Onorata società sono sopravvissuti in Australia, «segno – ha dichiarato Cisterna – che gli uomini della ‘ndrangheta non sanno rassegnarsi, no sanno fare a meno della mitologia antica della criminalità, una specie di liturgia a cui magari non credono ma a cui tengono profondamente». Il guaio è che questi codici, così familiari ai magistrati e alle forze dell’ordine italiane, risultano incomprensibili alla polizia australiana, che non riesce a vedere la portata criminale che si nasconde dietro a un retaggio così antico. «L’esperienza ci dice che dobbiamo intensificare i rapporti per combattere congiuntamente il fenomeno – ha precisato Macrì – ma le autorità australiane non sembrano più disponibili come in passato alla collaborazione».
A margine della presentazione, l’associazione ha consegnato delle targhe in segno di riconoscimento per l’opera prestata al servizio dell’antimafia al procuratore Macrì, al magistrato della Direzione Nazionale Antimafia Cisterna e al professore Antonino Spadaro.

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