Alla scoperta del Giudizio Universale di Michelangelo

Si terrà sabato 6 febbraio alle ore 18,00 presso la Sala di San Giorgio al Corso l’incontro sul tema “Alla scoperta del Giudizio Universale di Michelangelo”, la seconda delle manifestazioni che l’Associazione Culturale Anassilaos dedica all’ Arte Figurativa. A parlare dell’opera del maestro fiorentino la Prof.ssa Elvira Leuzzi Calveri, docente presso l’Acccademia di Belle Arti di Reggio Calabria. Correva l’anno 1533 allorquando Papa Clemente VII della famiglia dei Medici, che ben conosceva Michelangelo, ebbe l’idea di affidare al Maestro il compito di affrescare la Parete del Coro dietro l’altare della Cappella Sistina con un “Giudizio universale”. La morte del Papa nel 1534 ritardò l’inizio dei lavori ma il nuovo pontefice Paolo III Farnese confermò la commissione. Già nel 1535 furono montati i ponteggi. La parete, già affrescata da antiche pitture che furono distrutte, fu rafforzata con uno strato di mattoni più spesso in alto e meno in basso per fare alla superficie una inclinazione capace di offrire una migliore visibilità a chi guardava dal basso. Nel 1536 Michelangelo cominciò ad affrescare la parete e il 31 ottobre del 1541 l’opera potè essere inaugurata. “Penò a condurre questa opera otto anni e la scoperse l’anno 1541 credo io il giorno di Natale, con stupore e maraviglia di tutta Roma” (Vasari). Il risultato finale colpì gli astanti, papa compreso, e ancora oggi turba i visitatori che si accalcano nella Cappella Sistina. L’intera composizione ha come suo centro ideale la figura di Cristo che sta per giudicare i morti. Intorno a lui si avvia quasi un moto rotatorio che coinvolge tutti i protagonisti di questa tragedia finale, santi, beati, angeli, reprobi, figure infernali. Accanto a Cristo emerge la figura della Vergine che guarda con rassegnazione la sorte che sta per colpire l’umanità senza poter più intercedere. Accanto a Cristo e alla Vergine le figure di molti santi: San Pietro e altri con i segni del martirio San Lorenzo, San Bartolomeo che tiene la propria pelle (il santo secondo tradizione fu scorticato), nella quale è da ravvisare l’autoritratto di Michelangelo stesso, Santa Caterina, San Sebastiano. Nella fascia sottostante, al centro, gli angeli risvegliano i morti al suono delle lunghe trombe; a sinistra i risorti, dopo aver recuperato il corpo, salgono verso il cielo mentre a destra angeli e demoni precipitano i dannati verso l’inferno. In basso Caronte fa scendere i dannati dalla sua imbarcazione per condurli davanti al giudice infernale Minosse. Accolta con ammirazione l’opera, fin nella fase della sua realizzazione, attirò il giudizio aspro di quanti criticavano la presenza di nudi. Scrive Vasari “aveva già condotto Michelagnolo a fine più di tre quarti dell’opera, quando, andando papa Paulo III a vederla… messer Biagio da Cesena, maestro delle cerimonie e persona scrupolosa, che era in Cappella col Papa, dimandato quel che gliene paressi, disse essere cosa disonestissima in un luogo tanto onorato avervi fatto tanti ignudi che sì disonestamente mostrano le lor vergogne, e che non era opera da cappella di Papa, ma da stufe e d’osterie” . Il problema si pose ancora con Papa Paolo IV Carafa, intransigente e severo. Vasari racconta a questo proposito un aneddoto molto significativo “In questo mentre alcuni gli avevon referto che papa Paulo Quarto era d’animo di fargli acconciare la facciata della Cappella dove è il Giudizio universale, perché diceva che quelle figure mostravano le parte vergognose troppo disonestamente”; rispose Michelangelo “Dite al Papa che questa è piccola faccenda e che facilmente si può acconciare; che acconci egli il mondo, ché le pitture si acconciano presto” .Le polemiche, continuate nel corso degli anni, portarono nel 1564 alla decisione da parte della Congregazione del Concilio di Trento di far coprire alcune delle figure del Giudizio ritenute “oscene”. L’incarico di dipingere i panneggi di copertura, le cosiddette “braghe” fu data a Daniele da Volterra, da allora noto come il “braghettone”. La maggior parte delle braghe è dipinta a tempera sopra l’affresco originale senza intaccare il capolavoro del maestro. Ma nel caso delle figure, ravvicinate, di Santa Caterina e San Biagio Daniele da Volterra ha scalpellato e ridipinto le figure dei santi rivestendo Santa Caterina, che era nuda, e modificando la postura di San Biagio che in origine era accovacciato alle sue spalle, in una posizione ritenuta indecente. Si tratta di interventi oggi incomprensibili ma bisogna anche rendersi conto che sul tema dell’arte la Chiesa della Controriforma aveva da confrontarsi con le posizioni, quasi iconoclaste, della Riforma.

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