Le scelte strategiche per i trasporti pubblici urbani

Siamo lieti di ospitare nella Rubrica “Urbanistica e Città Metropolitana” un nuovo contributo dello studioso Vittorio Ferri, dell’Università di Milano Bicocca, specialista sulle tematiche metropolitane.

(E.C.)

Le scelte strategiche per i trasporti pubblici urbani

Puntualmente, come ogni inverno, l’acutizzarsi dei problemi dell’inquinamento atmosferico nelle città italiane riaccende l’attenzione sui temi ed i problemi del trasporto pubblico urbano che da molto tempo evidenziano numerosi profili di criticità. Un primo profilo, di carattere istituzionale, riguarda la frammentazione dei decisori pubblici. Come è emerso anche di recente, nelle aree urbane e metropolitane le decisioni di blocco del traffico assunte da un solo Comune non producono risultati significativi e si configurano piuttosto come una politica occasionale e simbolica.
Politiche efficaci in materia di trasporti pubblici urbani, di riduzione dell’inquinamento e della congestione del traffico, richiedono l’integrazione orizzontale dell’azione pubblica e tipicamente sono responsabilità da assegnare a governi urbani e metropolitani. In pratica, poiché le aree metropolitane sono territori di circolazione caratterizzati dalla presenza di popolazioni non residenti, giornaliere e di contatto, le competenze sulle politiche citate dovrebbero costituire il punto di forza delle Città metropolitane.
Un secondo profilo riguarda le scelte pubbliche in materia di investimenti in infrastrutture di trasporto collettivo. In Italia si registra una corsa da parte dei sindaci di Comuni medio-grandi per la realizzazione di linee di trasporto metropolitano. Ma se questa è la soluzione invocata dagli amministratori locali, dagli utenti e dai portatori degli interessi in gioco, che cosa fa problema dal punto di vista pubblico?
In primo luogo, analogamente a quanto avviene per altre le grandi infrastrutture di trasporto stradale e ferroviario, la recente letteratura in materia di economia dei trasporti ha posto l’attenzione sui rischi dei grandi progetti infrastrutturali ed evidenziato una tendenza verso la sovrastima della domanda di trasporto e la sottovalutazione dei costi di realizzazione.
In secondo luogo, i benefici di una sola linea di trasporto metropolitano di pochi km, in città di piccole dimensioni, sono da valutare con attenzione in quanto esposti al rischio di essere poco significativi rispetto alla domanda di mobilità complessiva che richiede il miglioramento complessivo della rete urbana ed extraurbana.
In terzo luogo, in presenza di risorse scarse, le scelte allocative del centro dovrebbe privilegiare gli interventi fondati su analisi costi – benefici rigorose per dotare del trasporto pubblico quelle città con maggior traffico ed evitare la discrezionalità delle scelte, del tipo Parma si e Bologna no.
Naturalmente in materia di investimenti gli interessi del “pubblico” sono non solo interdipendenti, ma anche divergenti ed opposti: i sindaci cercano di attrarre finanziamenti per migliorare la dotazione infrastrutturale delle loro città, mentre lo Stato e le Regioni dovrebbero allocare le loro risorse finanziarie scarse sulla base di criteri di efficienza, economicità e concorrenzialità.
Dunque, a fronte di grandi investimenti necessari per realizzare le linee di trasporto metropolitano occorre puntare le risorse dove la domanda è più alta, vale a dire nelle aree metropolitane e istituire strumenti di finanziamento improntati all’autonomia fiscale che consentano ai governi locali di cofinanziare il costo dell’ investimento.
Un terzo profilo riguarda la mancanza di strumenti di finanziamento delle infrastrutture di trasporto pubblico a disposizione dei governi locali.
In Italia, il finanziamento delle infrastrutture per i trasporti pubblici locali è avvenuto sulla base di un meccanismo di finanziamento centrale: istruttorie ministeriali e delibere CIPE.
Oltre all’inefficienza del processo decisionale, alla dipendenza dai trasferimenti statali per la spesa di investimento e di funzionamento, va evidenziato il fatto che i costi sostenuti dalla collettività alimentano in maniera differenziata la rendita immobiliare ed il pubblico non dispone di strumenti fiscali adeguati, tipo oneri di miglioria, per recuperare almeno una parte dell’incremento di valore immeritato a beneficio dei privati generato dalla realizzazione dell’infrastruttura. A differenza della situazione italiana, l’esperienza francese presenta numerosi elementi di interesse che meritano un approfondimento.
Il primo è costituito dal Versement Transports (VT). È un imposta di scopo sul volume d’affari che grava sulle imprese pubbliche e private con più di 9 salariati localizzate all’interno del perimetro dei trasporti urbani.
Istituito inizialmente nella regione di Parigi è stato progressivamente esteso riducendo la soglia di popolazione ammissibile da 300.000 abitanti nel 1973, a 100.000 nel periodo 1975-1982 fino a 10.000 abitanti negli anni successivi.
Le aliquote del VT sono differenziate sulla base di una zoonizzazione effettuata sul livello del servizio offerto a livello urbano e metropolitano: nelle agglomerazioni urbane di provincia, l’aliquota è del 1,8% mentre nella regione Ile de France varia dal 2,6% per la zona 1, Paris e Hauts-de-Seine, all’1,7% per la zona 2 che comprende i dipartimenti di prima corona, all’1,4% per la zona 3, costituita dai dipartimenti di seconda corona.
Il secondo è costituito dalla competenza in materia di trasporti pubblici locali gestita dai governi intercomunali (comunità di comuni, urbane e di agglomerazione) in maniera congiunta con l’istituzione del VT, che storicamente ha avuto un ruolo molto importante nell’estensione del perimetro dei trasporti urbani e nella creazione delle autorità intercomunali di gestione.
Nel caso della Comunità d’agglomerazione di Rennes (Rennes Metropole – RM – la 5 agglomerazione francese, 37 comuni, 60.755 ettari di cui il 20% urbanizzato ) unita alle risorse prodotte dal VT ha consentito la realizzazione della linea 1 del metro automatico leggero (VAL) di 15 Km con quindici stazioni nel comune di Rennes ( 220 mila abitanti).
A fronte di un costo globale di 530 milioni di euro, il progetto è stato finanziato dallo Stato per 70 milioni di euro, dal Comune di Rennes per 25 milioni di euro, da mutui quindicennali per 280 milioni di euro, da RM per 155 milioni di euro. La costruzione del VAL ha determinato un aumento della tassazione locale dell’1% per ogni anno dei lavori (dal 1997 al 2001) e un rincaro dei biglietti per il trasporto urbano del 3% annuo nello stesso periodo.
Attualmente, a seguito di una valutazione comparativa tra una nuova rete di tram ed un nuova linea di metrò parzialmente interrato, è stato approvato il progetto della linea 2 del VAL, di 13 km con un costo previsto di 665 milioni di euro.
Ora, il fatto che le città francesi dispongono di 600 Km di linee metropolitane a fronte dei 200 km di quelle italiane non è estraneo alle forme istituzionali di governo e agli strumenti di finanziamento utilizzati. Come abbiamo visto, il ricorso al credito, ai finanziamenti statali, al VT e allo sforzo fiscale locale fornisce le risorse necessarie per realizzare i progetti di infrastrutture di trasporto urbano. Non solo. Tale meccanismo di compartecipazione tra governo centrale, governi regionali e locali al finanziamento delle infrastrutture di trasporto riguarda anche la realizzazione delle linee TGV.
Per migliorare i trasporti pubblici urbani non servono provvedimenti emergenziali (blocco del traffico, domeniche senza auto o ticket di ingresso limitati a una parte di un solo Comune) ma scelte strategiche relative alle forme istituzionali appropriate per il governo delle aree urbane e metropolitane, alla riduzione della frammentazione delle competenze e delle funzioni e all’autonomia finanziaria e fiscale dei governi locali, urbani e metropolitani.
Per migliorare il governo delle città e le politiche dei trasporti urbani la realizzazione delle Città metropolitane e di forme più integrate di cooperazione intercomunale sono scelte strategiche coerenti con l’attuazione del federalismo inteso come responsabilizzazione dei decisori politici.

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