Sanità. Nicolò (Pdl): “Sulla Piana un ospedale unico”

Reggio Calabria. Si parla e si scrive di sanità. Lo si è sempre fatto: i risultati disastrosi sono sotto gli occhi di tutti. Si ricomincia a parlare con più vigore, con maggiore convinzione e determinazione. E questo perché è diventato difficile nascondere la triste realtà anche al più bravo “illusionista della politica”. Anche il Governo nazionale ci ammonisce e ci “costringe” alle nostre responsabilità! E lo fa, non solo con una “classe politica parassita” ma anche con il singolo cittadino: è necessario un aumento delle tasse. Il Governo corregge il tiro affermando: date dimostrazione di “buona volontà” e vi verremo incontro. Tradotto vuol dire che si chiedono fatti ed anche concreti: non solo bisogna operare ma farlo anche bene. E qui mi si trova d’accordo. E’ giusto iniziare a tagliare, risparmiare, controllare, gestire, programmare etc al fine di appianare quella “voragine di debiti”, non ancora quantificabile, accumulatasi nel corso degli anni e che ineluttabilmente pagheremo tutti. Lo faremo senza battere ciglio (cosi come ci hanno abituati). Ma la buona sanità? Chi ci darà la garanzia e la certezza di un “futuro normale” della sanità? La buona sanità è quella alla quale si fa riferimento ogni qualvolta bisogna mettere una pezza nella grossa falla del sistema? No certamente! La buona sanità è quella che fa percepire al cittadino (e gli fa avere anche la consapevolezza) che la propria salute viene garantita, da strutture efficienti ed operatori sanitari qualificati, con la certezza di un posto letto in caso di ricovero e di un “iter diagnostico” e terapeutico adeguato. Cosa che oggi non avviene. Alcuni ospedali vanno chiusi e bisogna farlo subito: non servono “strutture paravento” per garantire posizioni di comodo ma che risultano, alla fine, essere trappole (a volte anche mortali) per il paziente. Non serve avere più personale o più primari ospedalieri: serve far lavorare e qualificare il personale esistente (peraltro in esubero). Questo significa accorpare tante “piccole isole felici” in un’unica realtà lavorativa ed operativa, implementare le strutture carenti (leggasi chirurgie) con professionisti qualificati. Chiudere con le assunzioni di parenti, amici, amici degli amici ed affini. Per fare questo bisogna avere dei manager seri e dei responsabili di Unità Operativa qualificati, ai quali devono essere dati degli obiettivi chiari (non il solito pareggio del bilancio o il “volemose bene tutti”) pena l’immediata decadenza dall’incarico. Assegnare i budget e chiedere conto di come si spendono i soldi e la garanzia di una adeguata prestazione. Chiudere i vari “pseudo-ospedaletti” della piana per iniziare (già da subito) a costruire il tanto famigerato “Ospedale Unico della Piana”: un unico ospedale funzionante che garantisca il locale evitando il peregrinare alla ricerca di un posto. Stessa cosa dicasi per la città di Reggio: bisogna attivare tutte le procedure per la costruzione di un nuovo ospedale. Questa sanità non si può riprendere neanche se si è in possesso della famigerata bacchetta magica. Gettare le basi (non solo in termini di edilizia) vuol dire essere lungimiranti e concreti. Non servono più i “rattoppi” perché la “pezza” di buchi ne ha fin troppi ! Servono decisioni forti, forse impopolari, e non di comodo: se non si accontenta qualche amico (con concorsi, incarichi e frattaglie varie), se si privilegia la meritocrazia, se si impedisce lo spreco, se si utilizzano le risorse disponibili (oggi utilizzati al massimo per il 20%), se si è lungimiranti nelle scelte, ecco che il risultato si ottiene. Se si continua (cosa impensabile) con le parole ad effetto, con il gettare “fumo negli occhi” i risultati da qui a breve saranno nefasti per tutti: non solo per i pazienti ma anche per la politica. Il paziente è paziente non certo scemo: la misura è colma! Lo ha detto anche il Governo.

Antonio Nicolò – Capogruppo Pdl al Comune –

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