Elezioni rettore. Lettera del Prof. Costa alla comunità scientifica

Cari amici della Comunità “Mediterranea”,
Mi rivolgo a tutti Voi, componenti della Comunità “Mediterranea”, uno per uno, intesi come Persone e non come “numeri”. Numeri elettorali, intendo dire. Ed è con tale notazione che voglio aprire questa mia lettera: che Comunità mai è questa, nella quale Professori, Ricercatori, Personale tecnico amministrativo e Studenti lavorano giorno dopo giorno fianco a fianco con noi ma debbono subire la mortificazione di essere considerati persone (nel migliore dei casi) “dimezzate”?
È infatti a dir poco imbarazzante pensare che in base a norme “medievali” mai eliminate, la persona Ricercatore, che fa praticamente lo stesso mio mestiere, nella scelta di chi guiderà l’Ateneo conterà solo un quinto del voto di un Professore, e che ci vorranno otto persone del Pta per fare un voto, e “solo” due persone rappresentanti degli studenti per farne uno. È per questo che intendo rivolgermi a tutti, uno per uno, nello stesso modo, in totale parità, indipendentemente dai “pesi” individuali, tantomeno dai “pesi” e “contrappesi” di gruppi, cordate, centri di pressione e quant’altro. Nella ricerca esasperata del consenso che si è messa in moto da mesi, fatta di ribaltoni, scambi e colpi bassi, la mia posizione etica, di difesa senza mezzi termini dell’Università come centro di scienza, cultura e formazione che soltanto se autonoma può trovare una ragione di esistenza, potrebbe essere considerata “eccentrica”, ma non lo è, e proverò a spiegarne il perché.
Tante ed articolate sono le motivazioni della mia candidatura a Rettore della Mediterranea per il quadriennio 2010/2014. Innanzi tutto, in un momento così delicato per il nostro Ateneo quando l’intreccio fra crisi economico finanziaria e caduta di credibilità si fa drammatico, considero la mia discesa in campo quasi un imperativo categorico, un dovere istituzionale. Un dovere, se distinguiamo nettamente gli obiettivi collettivi da quelli personali, la coerenza dal cinismo, la chiarezza dei comportamenti dall’opportunismo, le persone dai numeri. Troppe volte, e non credo di essermi trovato solo, ponendo la “Mediterranea” al di sopra di tutto nel mio essere professore. e da trentacinque anni professore reggino, ho dovuto ingoiare bocconi amari e tante volte ho dovuto, per il bene dell’Istituzione alla quale appartengo, smussare gli angoli della polemica rivolta alla nostra Università. Una polemica che, alleggerita dall’ironia (la satira infatti ridendo castiga i costumi) non è mai stata personalistica, ma è stata ed è condotta faccia a faccia, a viso aperto: per mesi censurata – insopportabile offesa all’intelligenza e colpo alla credibilità – la fine degli odiosi interventi censori la si deve non alla magnifica magnanimità del capo, ma all’intelligenza encomiabile degli apparati, che pubblicamente ringrazio. La parole più dure sulla nostra caduta di credibilità le ho dovute ascoltare, non solo in sedi più ristrette ma sempre pubbliche, dal palco di Piazza del Duomo dell’allora Primo Cittadino della nostra, oggi Primo Cittadino della nostra Regione: “Basta con un’Università colonizzata, che non pensa ai nostri giovani, che non è più possibile continuare a governare arrivando a Reggio il martedì sera (tardi) e ripartendosene il giovedì al mattino (presto)”.
A questo io dico basta! Su questo invoco discontinuità! Una discontinuità radicale e netta, perché il Rettore, capo riconosciuto di una comunità impegnata prioritariamente nella ricerca e nella didattica, deve essere non qualcuno che ci guarda da lontano, che quando è qui si confronta soltanto con gli amici più fidati, quelli che ti dicono soltanto si e quanto sei bravo bello mio, un punto di riferimento per la società, deve rappresentare la guida affidabile per le nuove generazioni alle quali offrire professionalità e futuro scientifico per il miglioramento dell’uomo e della collettività. Credo col mio lavoro, con le mie posizioni rigorose ma non irragionevoli, con la mia disponibilità al dialogo, con il mio mettermi in gioco quotidianamente, col mio essere reggino fra i reggini nella gioia e nel dolore, nelle speranze e nelle delusioni, di aver coltivato negli anni, nei limiti oggettivi della mia persona, il ruolo di collante tra la Città il territorio e l’Università “Mediterranea”, tra la gente e il professore universitario che ben presto è diventato per tutti, adulti e ragazzi, giornalisti ed opinionisti, politici ed amministratori, non più soltanto il professore Enrico Costa ma più semplicemente “Costa”, con un evidente approccio confidenziale, che non ne diminuisce la credibilità scientifica, ma ne certifica ed amplifica la credibilità civile e sociale. Ciò mi gratifica perché mi sono proposto sempre come soggetto universitario e mai come soggetto professionale. E quando dal territorio è emersa la volontà, mai personalmente sollecitata, di avvalersi delle mia capacità anche come architetto ed urbanista, ne sono stato altamente gratificato, ma la maggiore gratificazione, non solo nei miei confronti ma soprattutto dell’Istituzione universitaria nella quale opero, l’ho avuta dal grande segnale giuntomi da un territorio fra i più difficili di una Regione fra le più difficili, quando il Comune mi ha chiamato non come professionista per chiedermi di fornire un piano od un progetto, ma come cittadino, come soggetto sociale, di entrare in Giunta come Assessore tecnico affidandomi la delega all’Urbanistica, poi precisata in “Assetto del Territorio, Pianificazione Urbanistica e Città Metropolitana” e “Rapporti con le Università”. Avrei potuto declinare, chiedere qualcosa d’altro, ma la mia coscienza mi ha imposto di non tirarmi indietro.
Ho sempre considerato di grande importanza il legame dell’Istituzione con il territorio, l’ho sempre ricercato quando sono stato professore fra i tanti, poi nei 12 (+2) anni (1987/’99 e 2008/’10) di presidenza del Corso di Laurea in “Pianificazione Territoriale Urbanistica & Ambientale”, oggi Corso di Laurea in “Urbanistica”, nei 7 anni di direttore del Dipartimento di “Scienze Ambientali e Territoriali” e nei quasi tre anni da Senatore Accademico, perché considero il coinvolgimento delle risorse territoriali e le relazioni costanti con tutte le principali realtà istituzionali e imprenditoriali operanti sul territorio metodo di lavoro da non sottovalutare a beneficio del nostro Ateneo per consentirgli di divenire realmente “Mediterraneo”, obiettivo irraggiungibile se non a patto che l’Università trovi una guida autorevole, riconoscibile, sicura, disinteressata, disponibile e presente. Un Rettore disponibile sempre nei confronti di tutti, dal più anziano ed esperto docente al più giovane ed incerto studente. Un Rettore consapevole che senza il personale si può diventare Rettore, ma soprattutto che il Rettore non lo si può fare, giorno dopo giorno, tutti i giorni e tutto il giorno, senza la professionalità e la dedizione del PTA.Certo, non sono le ore effettive di presenza quelle che servono da indicatore per l’efficienza di un Rettore ma è chiaro che una guida assente e distante non testa gli umori della città, non partecipa, non interviene al dibattito cittadino. Semplicemente non c’è, e non si guadagna il diritto di dire la sua, né il diritto di essere ascoltato, a tutto discapito della Comunità. E non sembri strano ma in una realtà come Reggio Calabria un Rettore ha dei doveri in più, e fra questi anche il dovere morale di esprimere un chiaro sentimento di legalità e di condivisione della vita vera della Calabria. Non con vuoti rituali, ma anche e soprattutto scendendo fra i reggini, vivendo fra e con i reggini. Il Corso di Laurea in Urbanistica che io dirigo, e che ho contribuire a rilanciare acquisendo nuovi iscritti, si è speso unitariamente e direttamente per appoggiare da 14 mesi fa la novità della Città Metropolitana, perché ci ha creduto, ci crede e continuerà a farlo. Ho fondato due “spazi telematici” dedicati alla Città Metropolitane ed alla formazione dell’Urbanista sulle testate giornalistiche online della nostra città perché ho ritenuto fondamentale farci conoscere per quello che siamo ed offrire ai reggini l’appoggio della nostra Università in un progetto direi epocale. Ho fondato una nuova collana editoriale, con un dinamico editore reggino, che ha avuto come prima uscita la monografia di un ricercatore reggino, e non di chissà dove, che non a caso ha come oggetto la Città Metropolitana. E presto sarà pubblicata quella prima tesi sulla portualità metropolitana, che ha ricevuto un alto riconoscimento dal Sindaco di Reggio Calabria. Ho sempre lavorato ispirato solo dal doveroso senso di responsabilità per la Città e l’Università, verso i suoi giovani migliori. Quegli stessi giovani ai quali la scriteriata rottamazione in atto dei dottorati di ricerca rischia di tagliare le gambe, costringendoli a cercare altrove quel terzo livello della formazione che qui si cerca di dismettere con determinazione degna di altre cause.
Sono stato molto critico con le “Aree Urbane” promosse dal governo Loiero, l’ho ritenuto quasi un artifizio creato ad arte contro la crescita della realtà reggina (le Aree Urbane secondo la Regione di allora si ponevano nei fatti in dura contrapposizione alle Aree Metropolitane), e lo sono stato con i vertici della nostra Università: mentre mostrava aperta e concreta ostilità nei confronti dei “Dialoghi Metropolitani” (il pensiero unico non ammette che neanche si discuta, e si studi), rivelatisi poi l’Evento del 2009, nella tregua agostana veniva appunto nominato Commissario Straordinario alle AU, un ruolo ovviamente tutt’altro che “onorario”. È evidente, a mio parere, che operazioni come questa, ed altre, non sono e non debbono essere la “Mission” dell’Università “Mediterranea”, e che la credibilità dell’intera comunità accademica reggina non la possiamo compromettere a vantaggio di alcuno, né da folgorazioni tanto improvvise quanto superficiali, come sta accadendo sull’annosa questione dell’attraversamento dello Stretto – comunque la si pensi nel merito –, dimostrando di non avere titolo a rappresentare scientificamente l’Ateneo.
Detto questo, l’orizzonte della nostra Università deve essere un orizzonte di cambiamento, di innovazione verso una forte soluzione di continuità nei confronti di una gestione priva di mordente e di credibilità, a favore di un’azione quotidiana incalzante, che faccia del coinvolgimento di tutte le componenti (studentesca, ricercatori, tecnico/amministrativa, docenti) la propria forza. Unitamente al rigore scientifico, all’innovazione didattica, ed al deciso risanamento economico finanziario, alla lotta senza quartiere agli sprechi che sono sotto gli occhi di tutti, per la sobrietà e contro qualsiasi concezione proprietaria dell’istituzione, alzando finalmente la testa.
Alla “Mediterranea”, e credo neanche alla Città ed al territorio, non servono le BAAM (ovvero “Biennale di Arte ed Architettura del Mediterraneo), iniziative velleitarie ed approssimative, prive di un progetto culturale credibile. Iniziative che assorbono risorse eccessive, che pure sono state richieste a Comune, Provincia; Regione e Ministero, e che avrebbero potuto essere richieste per progetti credibili, per iniziative legate ai nostri compiti istituzionali (le Università veneziane e venete non sono protagoniste della Biennale di Venezia, ben più prestigiosa dell’insostenibile Progetto BAAM), come ad esempio la possibilità per i nostri giovani di frequentare quei Dottorati di Ricerca (ormai merce rara alle nostre latitudini), che hanno fatto la storia, e la fama, di quella stessa “Mediterranea” che troppo sbrigativamente, ed in modo tanto scellerato, li ha voluti tagliare.
Se vogliamo davvero rafforzare la realtà e l’immagine della nostra Università come Polo di innovazione e ricerca nei settori più legati al territorio (le Scuole di Agraria, di Architettura e di Ingegneria) ed alle dinamiche socio – economiche (la Scuola di Giurisprudenza) ad esso connesse, dobbiamo ragionare in termini di sistema. Ma troppo spesso si è voluto ignorare il “sistema di livello universitario” che, sia pure “in nuce”, vive ed opera quotidianamente e fruttuosamente accanto a noi. Tutte le sinergie possibili vanno attivate con l’Accademia di Belle Arti e con il Conservatorio, realtà che fanno ricca culturalmente la nostra città ed il nostro territorio e che vengono sistematicamente ignorate, e con l’Università per Stranieri “Dante Alighieri”, la cui azione meritoria ed il cui ruolo strategico sul fronte mediterraneo, in una sola parola, l’esistenza stessa, viene appena tollerata. Mi candido per essere eletto Rettore perché voglio creare nella “Mediterranea” – come ho scritto nel programma – una “chiara identità scientifica” ed un “chiaro orientamento di metodo” – in altre parole, una “Scuola Reggina” ma non autoreferenziale – che sappia promuovere e guidare i processi di sviluppo e di globalizzazione della città di Reggio, della Regione Calabria e del Mezzogiorno. La promozione dei processi di cambiamento deve concretizzarsi avviando una intensa rete di rapporti integrati con le Università del Mediterraneo seguendo anche, ma non solo, il percorso di cooperazione e collaborazione tracciato dalla città di Reggio Calabria con le città che si affacciano sul “Mare Nostrum”, sancito dalla “Carta di Reggio” sottoscritta il 19 e 20 ottobre del 2009 dai Sindaci del Mediterraneo convenuti a Reggio Calabria.
Dobbiamo, con tutto ciò che precede, e con tutto ciò che il Programma presentato prevede, far rinascere tra i Docenti, tra i Ricercatori, tra i dirigenti, i funzionari i lavoratori tutti, e tra gli Studenti, con attente politiche a loro dedicate, il senso di appartenenza al nostro Ateneo, l’orgoglio di aver insegnato, lavorato e studiato in questa città. L’orgoglio, ed il vanto, di “essere della Mediterranea”. Ho deciso di candidarmi a Rettore perché non possiamo permetterci di “buttare a mare” quanto fatto nel tempo, a partire dai “pionieri” di 42 anni fa, da cittadini consapevoli e benemeriti come i Reale ed i Pontorieri, Professori come Quaroni e Quistelli, non possiamo pensare neanche lontanamente immaginare un nostro commissariamento, anticamera della chiusura, né ipotizzare effimere fusioni con altre realtà accademiche calabresi o siciliane, perché l’Università “Mediterranea” – come sostengo con forza nel programma – è nata a Reggio Calabria, è di Reggio Calabria e deve rimanere a Reggio Calabria, Città Metropolitana che, senza la presenza di una “sua” istituzione universitaria sarebbe subito declassata a città “minore”, a città “di provincia”, come ce ne sono tante. E Reggio Calabria non è “città minore” né “città di provincia”.
Intendo traghettare la nostra Università verso una ritrovata identità ed unità, e mi propongo come uomo di pacificazione, uomo che sa bene che senza pace e senza condivisione e coinvolgimento non si governa l’ordinarietà, tanto meno la straordinarietà della fuoruscita da una crisi così tanto profonda. So di potere essere l’uomo giusto, non solo al posto giusto, ma nel momento giusto, e chi mi conosce bene e conosce bene il mio stile di vita, sintesi fra francescanesimo e stoicismo, conosce uno che si sa sacrificare per il bene comune. Uno che guarda agli obiettivi generali, e non alla lotta per le poltrone e per gli incarichi professionali, un uomo del fare piuttosto che del parlare, che pensa quello che dice, e se lo pensa lo scrive. Mi candido dunque a Rettore dell’Università degli Studi “Mediterranea”, per tutte le ragioni che ho appena descritto e soprattutto per ridare alla nostra Università quella dignità senza la quale non può vivere, e che ognuno di noi pretende. E merita.
Per questo chiedo il consenso della Comunità “Mediterranea”.

Prof. Enrico Costa,
Ordinario di Urbanistica presso la “Mediterranea”
Presidente del Corso di laurea in “Urbanistica”

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