Uno sguardo alla storia

Francesca Paolino, Professore Associato di “Storia dell’Architettura” presso la “Mediterranea” ci ha inviato un secondo pregevole contributo alla conoscenza storico-critica della realtà insediativa sullo Stretto, certamente utile, a meglio comprendere, ed a più seriamente costruire la Città Metropolitana di Reggio Calabria.

(E.C.)

Uno sguardo alla storia

di Francesca Paolino

Quando si ritorna con il pensiero alla storia della Calabria ed in particolare alla storia di Reggio e del suo territorio sovviene alla mente una sequenza di dominazioni, di usurpazioni, di eventi catastrofici che hanno prostrato la regione determinandone, in larga misura, il volto attuale; ovverosia quello di una regione arretrata eppure vitale, ricca di problematicità ma anche di potenzialità, fondata su di un sostrato di limiti e retaggi negativi ma anche, finalmente, di consapevolezze. Il planctus Calabriae di Gabriele Barrio (1571) deve rimanere ben impresso nella memoria dei Calabresi ma è tempo di mettere in luce ed esaltare quanto di positivo il trascorrere del tempo ha sedimentato su questa estrema propaggine peninsulare.
Qui si è scelto di circoscrivere il racconto ad un ambito più ristretto entro il tema generale sopra enunciato: l’area reggina che gode di straordinarie ed uniche prerogative paesaggistiche ma soffre, per contro, di un rischio sismico assai elevato.
Della stagione magnogreca restano tracce cospicue e straordinarie delle quali si ha contezza non solo nei siti archeologici ma soprattutto nelle raccolte di reperti conservate nel Museo Nazionale di Reggio, vero e inestimabile tesoro di memorie: le ormai famose statue bronzee rinvenute nel mare di Riace (1972) non sono che la punta di un iceberg che merita la più grande attenzione.
Dalla dominazione bizantina, che sostituisce la non propositiva dominazione romana a partire dalla caduta dell’impero d’Occidente (476 d.C.), la Calabria riceve una singolare impronta, specialmente a cura del monachesimo orientale (calabro-greco), non solo per gli aspetti concernenti la religiosità ma anche per gli aspetti della vita civile e produttiva: il territorio venne punteggiato da laure eremitiche (ad Armo, per esempio, le grotte di S. Arsenio), da monasteri che ricevono in età normanna cospicui aiuti per la loro ricostruzione. Ha inizio la seconda ellenizzazione della Calabria meridionale che lascia tracce linguistiche importanti (lingua grecanica) nel versante meridionale delle pendici aspromontane (comprensorio di Bova). La migrazione di esponenti di una classe socio-politica di livello medio-alto proveniente dapprima dalla Palestina, dalla Siria, dall’Egitto e poi anche dalla Sicilia, per sfuggire la dominazione araba, determina apporti non insignificanti che stimolano la produttività agricola, artigianale, le attività di scambio e quelle culturali e artistiche.
Da Terreti, per esempio, dalla chiesa basiliana di S. Maria, incredibilmente distrutta nel 1915, provengono alcune bellissime lastre di gesso con motivi decorativi peculiari e colonne istoriate, conservate nel Museo di Reggio.
A partire dal VII secolo d.C., inoltre, si attua la formazione dei centri abitati collinari a cura delle popolazioni costiere che sfuggono all’impaludamento delle coste e alle scorrerie saracene (Seminara, Calanna, Sant’Agata di Reggio, Pentedattilo, Bova, ……,) si fortifica un luogo arroccato con un castello bizantino ancora discretamente conservato (Santo Niceto), mentre un esempio assai suggestivo di chiesa basiliana (Santa Maria de’ Tridetti) si conserva – priva di coperture ma abbastanza integra – nel territorio di Staiti.
Fra le poche città costiere meridionali sopravvissute al crollo dell’Impero Romano e alle terribili conseguenze di esso e che abbia mantenuto continuità di vita è Reggio, luogo strategico proiettato verso la Sicilia e centro amministrativo della provincia di Calabria, nonché metropolia che alla fine del X secolo accorpava ben tredici diocesi minori. Tuttavia, la mancanza di un vero porto naturale priverà la città di molte opportunità di traffici (di uomini e di merci) legati alle Crociate, che – a partire dalla prima (1092-1099) – risulteranno altrove (a Messina, per esempio) benefiche occasioni per il risveglio dell’economia a scala mediterranea.
La dominazione che la storiografia considera più positiva fra tutte è quella normanno-sveva (1045-1060 fino al 1250, anno della morte di Federico II) che ha confermato la strategia di governo del territorio instaurata in età romana (latifondo) aggravandola con la condizione e conduzione feudale, pesantissimo retaggio che la regione conserverà fino alla brevissima età napoleonica (1806); tuttavia, si deve ai Normanni, in attuazione di una politica religiosa di rilatinizzazione della regione (non più il rito greco bizantino, sostituito dal rito latino della Chiesa di Roma che ha appoggiato, in cambio la conquista normanna) una magnifica fioritura architettonica di abbazie benedettine e di cattedrali; la più grande e spettacolare di esse, la cattedrale di Gerace, in provincia di Reggio, si è miracolosamente salvata dalla distruzione provocata dal tempo, dai terremoti, dall’incuria degli uomini. Essa è la dimostrazione della capacità dei Normanni di far coesistere e ridurre in unità apporti culturali diversi: bizantini, arabi (in ragione dei riflessi riverberati oltre lo Stretto dalla positiva dominazione araba della Sicilia) e d’Oltralpe (Normandia, …).
Oltre la perdita di S. Maria di Terreti e della cattedrale di Reggio, connotata – secondo le scarse fonti disponibili – da una singolare planimetria (coro molto profodo), un’altra se ne lamenta, causata come nel caso di Terreti, da una miope e disattenta considerazione del patrimonio artistico e architettonico, all’indomani del terremoto del 1783: la chiesa inferiore degli Ottimati a Reggio, edificio di età normanna ma di impronta bizantina, a croce greca inscritta con quattro colonne centrali e con volte a crociera (nove campate), nel quale erano stati reimpiegati spolia (colonne) e per il quale era stato realizzato un pavimento musivo pregevole, forse opera di maestranze siciliane: colonne e pavimento (in certa misura ricomposto e comprendente anche una parte del pavimento della chiesa di Terreti) sono stati compresi nella nuova chiesa, ricostruita in altro sito e in forme eclettiche neobizantine.
Episodiche espressioni artistiche disseminate a Reggio e sul territorio calabrese testimoniano di talune positività insite in dominazioni straniere altrimenti nefaste: così è per quanto resta del castello ‘aragonese’ (sommatoria di interventi che vanno dall’età bizantina al periodo viceregnale), le cui peculiarità storiche e formali sono state messe in luce da recenti studi (Martorano) e per la cappella del SS. Sacramento nella cattedrale, pur molto restaurata dopo il 1908, che dispiega una veste di variegati e pregiati marmi entro un impaginato barocco (fine del XVII sec.).
Reggio e Messina insistono ancora sugli stessi luoghi prescelti quasi ventotto secoli or sono per la loro fondazione da colonizzatori greci (Calcidesi): dapprima Naxos, poi Zancle (Messina) e Rhegion sono stati altrettanti presidii per il controllo dei transiti fra mar Ionio e mar Tirreno, ovverosia di rotte, reputabili a lunga gittata che risultavano così notevolmente abbreviate. Non sfugge l’acume strategico di quella scelta che comprendeva di fatto straordinarie valenze naturalistiche e paesaggistiche capaci di accendere miti e leggende.
Le catastrofi naturali (soprattutto i terremoti) che hanno ripetutamente colpito le due città ed i loro territori non ne hanno mai interrotto la continuità della vita.

Fig. 1. La città settecentesca, anteriormente al terremoto del 1783.

Tracce consistenti dell’avvicendarsi di tempi uomini e culture raccontano a chi sa ascoltare e recepire le vicende dure, penose, tragiche, di questo ultimo lembo di terra peninsulare: le vicende storico-urbanistiche della città e del suo impianto si possono intravedere nel cuore della attuale città, ricostruita secondo un piano (Piano De Nava, 1911) che ha fatto sua la lezione illuministica e razionalistica del precedente piano di ricostruzione ascritto a Giovan Battista Mori (ma con il concorso degli ingegneri napoletani Winspeare e La Vega) subito dopo il terremoto del 1783. E se il piano tardo-settecentesco, con la sua Palazzina, aveva offerto alla città un affaccio sul mare, annullando la cortina muraria difensiva ancora ritratta nelle incisioni di fine Seicento di Francesco Cassiano de Silva e poi di Giovan Battista Pacichelli, il Piano De Nava – con il sostanziale contributo nel tema specifico del sindaco Valentino – aveva ulteriormente esaltato il dato naturalistico introducendo una lunga fascia di verde fra cortina edilizia e mare che sfuma i contorni eterogenei dell’una (l’edilizia), introduce accenti coloristici forti attraverso le variegate specie arboree, richiama alla memoria la vaga , mitica immagine di una costa che in età pre-greca vedeva arrivare le sue foreste fino alla riva del mare. Reinterpretando così il genius loci.

Fig. 2. Il Piano Mori ridisegna l’impianto urbano dopo il terremoto del 1783

Sotto l’aspetto edilizio e linguistico-architettonico, invece, la ricostruzione successiva al terremoto del 1908 ha introdotto discontinuità storiche nell’adozione di linguaggi eclettici pluristilistici già inattuali, che avevano consumato tutta la loro efficacia ed erano ormai sinonimo di ritardo culturale, di periferia, salvo le poche scelte aggiornate sul linguaggio Liberty che viveva ancora una breve e felice stagione europea. Questo, specialmente a Messina, dove proprio la più ambiziosa e pretenziosa impaginazione urbana del Piano Borzì ha determinato anche l’esaltazione dell’eterogenea risoluzione architettonica complessiva – fondata su accentuati individualismi formali – che si affacciano su sezioni stradali dilatate.
Nella più piccola città di Reggio, invece, a mitigare gli effetti di tali linguaggi assunti fuori tempo ed estranei alla tradizione locale (fondata su schemi tardocinquecenteschi ortodossi) è stato lo stesso Piano Regolatore De Nava, soprattutto attraverso la prescrizione di sezioni stradali ben proporzionate ed attentamente gerarchizzate.

(Segue la prossima settimana)

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