L’Università dell’antimafia: siglato protocollo tra Ateneo di Palermo e Agenzia nazionale beni confiscati

Reggio Calabria. Sottoscritto ieri pomeriggio nel salone delle Province della Prefettura di Reggio Calabria un protocollo d’intesa tra l’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata, la Procura Nazionale Antimafia e l’Università degli Studi di Palermo per lo svolgimento di attività tecnico-scientifiche e didattico formative in materia di gestione di beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. I firmatari di tale protocollo sono tutte personalità di spicco, tra cui il procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso, il direttore dell’agenzia nazionale dei beni confiscati Mario Morcone, il Rettore dell’Università degli Studi di Palermo Roberto Lagalla, il direttore del dipartimento degli studi europei di integrazione internazionale Giovanni Fiandaca ed il direttore del master “legalità e sviluppo” Salvatore Costantino.

La cerimonia è stata aperta dal prefetto di Reggio Calabria, Luigi Varratta, il quale ha ringraziato tutti i presenti ricordando che l’Agenzia istituita a Marzo 2010 con sede principale a Reggio Calabria, prevede la creazioni di altre sedi in altre regioni, come in Campania, in Puglia, in Sicilia. «L’agenzia – ha aggiunto – sotto la direzione di Mario Morcone ha raggiunto un livello di attività e di operatività già elevato ed ha raggiunto traguardi non solo a Reggio Calabria, ma in tanti altri territori come quello campano e siciliano. L’Agenzia – ha continuato Varratta – nasce a Reggio Calabria fortemente voluta dal Ministro Roberto Maroni all’indomani dell’attentato alla Procura di Reggio Calabria e delle conseguenti vicende di Rosarno. Uno degli obiettivi del Governo è proprio la lotta alla criminalità organizzata, e la gestione dei beni confiscati è uno degli strumenti più efficaci che indebolisce le cosche. Bisogna necessariamente ridurre i tempi che intercorrono tra i provvedimenti di sequestro, confisca e destinazione dei beni sottratti alle mafie».
E’ seguito l’intervento del prefetto Mario Morcone, il quale ha sottolineato che «l’agenzia vive e riuscirà nella sua missione istituzionale, solo se riuscirà a collaborare con le istituzioni, con le università e con la società civile. Su questa strada abbiamo iniziato a lavorare e proprio la cooperazione con le Università rappresenta un passaggio molto importante da cui si avrà un contributo utile in tante attività. Oggi con il protocollo suggelliamo il rapporto con le Università, rapporto che si può ampliare anche con altre città compresa Reggio Calabria, in quanto abbiamo già preso contatti con il Rettore, e ciò sta accadendo anche a Napoli e con Tor Vergata a Roma».

È toccato invece al Rettore dell’Università degli Studi Palermo Roberto Lagalla, spiegare nel dettaglio il senso del protocollo appena siglato. Lagalla ha salutato innanzitutto un vecchio amico palermitano, il procuratore della Repubblica di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone, e ha ringraziato il procuratore nazionale Pietro Grasso «che con la sua presenza suggella l’importanza simbolica, oltre che sostanziale di questa intesa e di questo accordo». «Esiste l’esigenza – ha spiegato Lagalla – che la lotta e l’interdizione alla malavita organizzata passino attraverso una collaborazione forte e sinergica delle istituzioni. Attraverso la firma di questo protocollo le Università si pongono e vogliono porsi all’interno di questo contesto di lotta e di interdizione, non solo attraverso lo svolgimento delle proprie finalità istituzionali, di formazione e di preparazione culturale dei giovani, ma questa volta partecipando direttamente attraverso percorsi formativi alla qualificazioni degli interventi tecnici e professionali che possono essere di supporto all’attività dell’agenzia nazionale per i beni confiscati alla criminalità organizzata». «Il protocollo nella sua essenzialità – ha aggiunto – è di grande prospettazione, e non solo codifica attraverso i competenti dipartimenti dell’Università di Palermo, che voglio ringraziare in particolare nelle persone dei professori Fiandanca e Costantino, questi aspetti di sostegno formativo che supporteranno le attività di agenzia, ma apre nella condivisione ad un più ampio ventaglio di possibilità e di collaborazione tecnico scientifica».
Le università possono creare organi di consulenza specifica per la valutazione della sostenibilità economica e finanziaria, e attraverso le diverse facoltà tecniche possono intervenire a sostegno dei comuni e degli enti locali nella progettazione relativa alle destinazioni d’uso dei beni confiscati alla mafia.
«Sono contento che il primo interlocutore sia l’Università di Palermo, ma mi auguro che questo percorso possa coinvolgere la rete delle Università del Sud, come un baluardo importante insieme alla magistratura e alle forze dell’ordine, nell’interdizione e nella lotta al fenomeno mafioso. Auspichiamo – ha concluso Lagalla – che questi beni confiscati possano costituire punto di inserimento per i nostri studenti universitari, come residenze universitarie, come punti per lo sviluppo della ricerca, ma anche dibattito culturale attraverso i temi dell’attualità e della lotta alla mafia. Non basta fare solo affermazioni sulla legalità, ma sono necessarie azioni concrete che portano ad abbracciare la legalità».

Una sinergia, quella tra Ateneo e Agenzia, tenuta a battesimo dal procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso: «Il significato del protocollo è oggi simbolico e domani pratico, soprattutto su due punti. In primis, più si allarga il fenomeno complesso come quello della mafia, della ‘ndrangheta, della camorra, più si sente condivisa la strategia di attacco, e più si avrà possibilità di successo, e in questo allargamento non può che intervenire un’istituzione come l’Università, che ci può dare tutte le esperienze di esperti in vari settori, che possono coniugare e realizzare la legalità e lo sviluppo, perché da sempre siamo accusati che esercitare la legalità può produrre disoccupati, può far chiudere imprese ed aziende, allora dobbiamo cercare con l’aiuto dei tecnici e degli esperti di salvare quelle aziende e quei posti di lavoro, quelle imprese che possono restare sul mercato. Non possiamo sentirci dire che la nostra azione produce lacrime e sangue come i disoccupati che invadono le strade. In secondo luogo, dobbiamo mantenere lo sviluppo “credibile”, perché molto spesso l’impresa mafiosa è un’azienda che non da sviluppo perché è fondata su elementi che inquinano il mercato, che deviano le regole di mercato, che impongono prezzi od anche nell’accesso al credito spesso ci sono dei favoritismi che un imprenditore che ha certi legami ottiene facilmente, cosa che viene difficile quando l’impresa passa al ramo legale, alla legalità. Quindi questo coinvolgimento ha un valore pratico e concreto, per far sì che queste aziende e questi beni sequestrati possano esser restituiti alle società a cui i mafiosi li hanno tolti. La procura nazionale antimafia, già prima aveva cercato di collaborare il più possibile con il demanio, adesso sostituito in pieno dall’Agenzia, non può che offrire questa soluzione di continuità e la massima disponibilità».

E la Mediterranea? Ci sarà spazio anche per l’Ateneo reggino. In questa prospettiva, l’Università di Reggio Calabria è un versante interessante per sostenere la ristrutturazione, sotto il profilo tecnico, degli interventi sui beni confiscati e potrebbe fare altresì da sportello di qualità ai sindaci perché possano più agevolmente trovare le risorse.

Anna Biasi

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