Uno sguardo alla storia

Oggi riallacciamo il filo interrotto la scorsa settimana con il pregevole contributo di Francesca Paolino, Professore Associato di “Storia dell’Architettura” presso la “Mediterranea”.

(E.C.)

Uno sguardo alla storia

di Francesca Paolino

(Segue dalla scorsa settimana)

Il nuovo impianto urbano di Reggio (post-1908) ha conservato molti dei caratteri del precedente tardo-settecentesco (Piano Mori) e del successivo, pure interessante, piano di ampliamento del 1898; fondato, il primo, su di una tessitura incrociata di percorsi longitudinali (nord-sud) di notevole lunghezza, paralleli alla linea di costa nel tratto corrispondente al centro della città (compreso tra l’antico letto del torrente Calopinace e la rada dei Giunchi) e percorsi trasversali più brevi, perpendicolari ai primi e alla linea di costa.

Fig. 3. Il Piano Mori applicato al sito della città settecentesca
Fig. 4. Il Piano De Nava (1911)

Questo tessuto viario, differenziato per dislocazione di funzioni (amministrative, commerciali, residenziali), ha avuto una gerarchizzazione tale da evitare ogni meccanicismo, anche per l’accorta sua adesione al dato naturalistico e morfologico del sito con la conservazione delle altimetrie, per esempio, ma soprattutto per il pragmatismo di matrice illuminista che ha contraddistinto la sua logica fondativa. Il piano di ampliamento, proposto sul finire dell’Ottocento, oltrepassa i limiti della città tardo-settecentesca e prevede delle espansioni a nord e a sud (quartieri di edilizia residenziale popolare) ma comprende anche la costruzione di un porto artificiale (a nord).
La limitazione drastica delle altezze (massimo due piani f.t.) in rapporto proporzionale numerico alla larghezza (sezione) delle strade ha prodotto una garbata uniformità nello skyline, che si coglie in specie lungo i percorsi longitudinali e garantendo il controllo delle variazioni in altezza lungo i percorsi trasversali (a gradoni) che nei tratti ultimi risolvono con ampie scalinate i dislivelli. La percezione della trama si ha percorrendo le strade longitudinali (ordito) ricavate sulle prime pendici collinari (via Possidonea e via Aschenez, via Torrione) attraverso quelle straordinarie vedute assiali che formano altrettanti cannocchiali visuali comprendenti le quinte laterali edilizie più prossime all’osservatore, una sezione di verde della via Marina alberata, il mare e, oltre, una sezione della costa siciliana. Con le infinite variazioni di luce e, conseguentemente di colori si aveva e si ha una mirabile fusione di paesaggio naturale e paesaggio antropizzato.
Anche i linguaggi architettonici hanno adottato matrici classicistiche conferendo, pur nella varietà delle singole risoluzioni, una certa omogeneità d’insieme ed una facies complessiva ben proporzionata ed elegante, in parte vanificata negli anni settanta del Novecento da sostituzioni (previe demolizioni di edifici molto ben conservati) fuori scala e di sciatta risoluzione formale, utili solo sul piano della speculazione.
Nonostante le enormi difficoltà e problematicità della ricostruzione, Reggio – più di Messina – ha saputo conservare una sostanziale continuità storico-urbanistica con l’età precedente, trasponendo con il piano regolatore del 1911 sullo stesso sito i valori urbani e l’impronta distributiva della più piccola città sette-ottocentesca, non senza qualche rovinosa scelta (la demolizione di una ben consistente parte del castello), reinterpretando con inusitato acume il tema dell’affaccio sul mare (poi vanificato in parte dall’introduzione della linea ferroviaria ed oggi finalmente ben recuperato) evitando la tentazione di una erronea riproposizione di un fronte architettonico unitario e tendenzialmente monumentale (la Palazzina), in certa misura riproposta a Messina in forme architettonicamente deboli e deludenti.
In chiusura di queste note che raccontano Reggio e il suo territorio per sommi capi, privilegiando taluni segmenti della sua storia e sottolineando le più salienti e peculiari connotazioni urbane, si vuole indicare ancora una piccola serie di ‘doni’ che la città ha avuto:
– Antonio Minasi, padre domenicano intellettuale e naturalista che, nel 1773-73, ha ‘ritratto’ il fenomeno della Fata Morgana nel mare dello Stretto prospiciente Reggio, alimentandone il mito (P. A. Minasi, Dissertazione prima sopra un fenomeno volgarmente detto Fata Morgana, Roma 1773).
– Il ‘ritratto’ di Reggio che nel 1848 da descritto e disegnato l’inglese Edward Lear, che inizia il suo tour dell’Italia meridionale alla ricerca di aspetti naturalistici ‘pittoreschi’ – da Napoli, facendo tappa a Messina, e poi giungendo in barca a Reggio. Un tour che egli interrompe per lo scoppio dei moti liberali dopo aver visitato solo la provincia di Reggio. Gli appunti di viaggio, i disegni che illustrano i luoghi più suggestivi visitati sono ampiamente noti: le descrizioni tratteggiano con toni di benevole ironia e meraviglia l’arretratezza dei modi di vita degli uomini e le loro consuetudini ma soprattutto i paesaggi, così straordinari e pittoreschi, la presenza frequente entro le vedute reggine di brani importanti della Sicilia ionica (l’Etna specialmente) e delle isole Eolie.
– L’impegno progettuale di Marcello Piacentini per il Museo di Reggio Calabria, testimoniato da una serie pregevole di schizzi preparatori , oltre che dall’opera realizzata, la cui integrità è oggi messa in discussione (F. Paolino, Dal monumentale al razionale. Due opere di Marcello Piacentini a Messina e Reggio Calabria, Reggio Calabria 1984).
– Il meritorio lavoro di Alfonso Frangipane che – fra i primi e più impegnati intellettuali – ha riconosciuto il valore del patrimonio artistico calabrese e ne ha diffuso la conoscenza attraverso i suoi scritti e la rivista “Brutium” da lui stesso fondata.
Si potrebbe ripartire da qui. Ma senza iperboli.

Fig. 5. L’estensione della città intorno al 1960

Nota bibliografica essenziale
P. Orsi, Le chiese basiliane di Calabria, Firenze 1929.
C. A. Willemsen- D. Odenthal, Calabria. Destino di una terra di transito, Bari 1967.
C. Bozzoni, Calabria normanna, Ricerche sull’architettura dei secoli undicesimo e dodicesimo, Roma 1974.
E. Zinzi, Calabria. Insediamento e trasformazioni territoriali dal V al XV secolo, in Storia della Calabria Medievale. Culture arti e tecniche, a cura di A. Placanica, Roma Reggio Calabria 1999, pp. 11-87.
Una felice stagione di studi sulla citta di Reggio e sulla Calabria meridionale (comprendente riferimenti imprescindibili alla Sicilia e a Messina) si è avuta a partire dagli anni immediatamente successivi alla fondazione dell’Istituto Universitario Statale di Architettura a Reggio Calabria (1968). Primo fra tutti, è da ricordare il lavoro di Paolo Maretto, docente nei corsi di Composizione Architettonica, che ha saputo coniugare efficacemente didattica e ricerca producendo una limpida lettura della città e del suo impianto, ma ancor più affrontando il tema inedito della ricostruzione dei centri della Calabria meridionale dopo il terremoto del 1783 (P. Maretto, Edificazioni tardo-settecentesche nella Calabria meridionale, coll. “Studi e documenti di Architettura”, n. 5, Firenze 1975, pp. 109-128). Immediatamente dopo, Ilario Principe, sullo stesso tema, ha fornito gli esiti di campagne di scavi archivistici di fondamentale utilità (I. Principe, Città nuove in Calabria nel tardo Settecento, Chiaravalle C. (CZ), 1976). Senza alcuna pretesa di completezza, si segnalano inoltre:
R. Laganà, L’intervento fascista dopo il terremoto del 1908, in Urbanistica Fascista, a cura di A. Mioni, Milano 1980.
R.M. Cagliostro, Ricostruzione e linguaggi, Reggio Calabria 1981.
L. Menozzi, Architettura e “regime”. Reggio Calabria negli anni Venti, Roma-Reggio C., 1983.
N. Aricò, O. Milella, Ricostruire contro la storia, Reggio Calabria 1984.
F. Paolino, Dal monumentale al razionale. Due opere di Marcello Piacentini a Messina e Reggio Calabria, Reggio Calabria 1984.
M. Lo Curzio (a cura di), L’architettura di Gino Zani per la ricostruzione di Reggio Calabria (1908-1935), Roma 1986.
F. Martorano, Chiese e castelli medioevali in Calabria, Soveria Mannelli (CZ) 1996; in part. pp. 73-126 (fortezza bizantina di Santo Niceto) e pp. 205-220 (Francesco di Giorgio Martini e i revellino di Reggio Calabria).

Fig. 6. Il Lungomare
Fig. 7. La costa messinese e il lungomare visti da via Possidonea
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