La Marchesa Casati. La storia di un amore “particolare” all’ombra della villa di Arcore

La calda estate del 1970 non fu scossa solo dai Moti per Reggio capoluogo: la rivolta che sconvolse la città della Fata Morgana per la designazione di Catanzaro quale capoluogo della Calabria. Il 30 agosto 1970 il marchese Camillo Casati Stampa di Soncino si tolse la vita, dopo aver ucciso la moglie Anna Fallarino e Massimo Minorenti. Grande fu l’eco suscitato da questo evento: sia per la notorietà del marchese Casati sia per quanto emerse in seguito sulla vita privata della coppia. Oggi, dopo quarant’anni, le edizioniAnordest pubblicano “La Marchesa Casati” di Mariateresa Fiumanò (pag. 240, € 15,00) con la prefazione del criminologo Francesco Bruno. Mariateresa Fiumanò, psichiatra, è figlia di un cugino di Anna Fallarino: Ninì Fiumanò, dirigente di polizia. Entrambi appartenevano a una famiglia campana di origine calabrese. L’autrice trascorse un periodo di vacanza con i Casati a Zannone (l’isola era di proprietà del Marchese Casati). Sei giorni e sei notti che lei definì le cinque e una notte per le confidenze di Anna Fallarino che le raccontò tanti particolari della sua vita. In seguito Anna, prima della tragedia, consegnò una lettera a Mariateresa con cui annunciava cambiamenti nella vita coniugale.
Il Marchese Casati proveniva da un’antica e ricca famiglia della nobiltà lombarda (la dichiarazione di successione presentata era di 231 pagine). Tra le sue proprietà la Villa San Martino ad Arcore che oggi appartiene a Berlusconi. Anna Fallarino era una donna della piccola borghesia e non una popolana come fu scritto. Aveva anche recitato una piccola parte con Totò in “Totò Tarzan”. Così come il marchese non era piccolo, brutto e impotente. L’incontro fra i due fu devastante: travolti dalla passione, si sposarono dopo aver chiuso i precedenti legami coniugali. Anna era di una bellezza che “quando è felice diventa luminosa, accecante” scriverà Camillo. La loro vita scorreva fra battute di caccia (il Marchese ne andava pazzo, Anna la detestava), feste e serate alla Scala (dove possedevano un palco di famiglia). Altrettanto movimentata la vita privata: Camillo spinse la moglie tra le braccia di altri uomini e donne in un crescendo di giochi erotici. Anna si lasciò coinvolgere sino a quando decise di tirarsi fuori: non per scappare con Massimo Minorenti come si scrisse. Il suo intendimento era far rientrare il rapporto di coppia nella normalità, premendo sul marito del quale era innamorata. Camillo Casati fu spiazzato: la donna che amava alla follia e che usava come un giocattolo non poteva ribellarsi. Lo stesso valeva per Massimo Minorenti, anche lui era – e non poteva essere altro – che un burattino nelle sue mani. Il tragico esito è ben noto. Oggi Anna e Camillo riposano l’uno accanto all’altra nella tomba di famiglia. La loro fu una grande (particolare) storia d’amore; perché come scrive Freud: “l’onnipotenza dell’amore forse non si rivela mai con tanta forza come nelle sue aberrazioni”.

Tonino Nocera

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