All’appello contro la ‘ndrangheta “Quello che non ho” aderisce la giornalista Marcelle Padovani

Reggio Calabria. La solidarietà da sola non basta. Arrivano le prime adesioni all’appello dal titolo “Quello che non ho” da inviare al Governo in cui  recepiamo e rilanciamo le richieste dell’ANM per Reggio Calabria. Marcelle Padovani, la giornalista francese autrice, tra l’altro, del libro intervista a Giovanni Falcone “Cose di cosa nostra” ha aderito all’appello dal titolo “Quello che non ho” che recepisce le richieste dell’ANM per la lotta alla ‘ndrangheta da inviare al Governo. Come si ricorderà, era stato Francesco Alì, consigliere d’amministrazione della Fondazione Di Vittorio, prendendo in prestito la celebre canzone di Fabrizio De Andre’ dal titolo “Quello che non ho”, a lanciare questa proposta durante l’assemblea prontamente organizzata dall’ANM immediatamente dopo l’attentato al dottor Di Landro. In tanti oggi stanno aderendo all’appello e nei prossimi giorni ne sarà data più dettagliata notizia. Nel frattempo, cominciano a nascere numerosi gruppi su Facebook che aderiscono e rilanciano spontaneamente l’iniziativa. “Abbiamo anche acceso un indirizzo di posta elettronica  – dichiara Francesco Alì del CdA della Fondazione Di Vittorio – per venire incontro alle tantissime richieste di adesione che ci stanno pervenendo in questi giorni. Basta indirizzare il proprio messaggio di adesione al seguente indirizzo: quellochenonho@live.it per dare sostegno alle richieste da inviare al Governo perche’ le forze dell’ordine e la magistratura possano affrontare meglio la lotta alla ‘ndrangheta. Allestiremo, inoltre, una serie di banchetti in diversi punti della citta’ per consentire la più ampia partecipazione, coinvolgimento ed adesione all’iniziativa”. “In queste occasioni – continua Alì- inviteremo i cittadini onesti a partecipare numerosi all’iniziativa messa in piedi dall’ANM per il 7 settembre proprio per costruire un cordone sociale di contrasto alla ‘ndrangheta.

Di seguito il testo dell’appello.

Esaurita la fase della solidarietà formale, necessaria e doverosa, nei confronti del dr. Di Landro, occorre, però, avere la consapevolezza, che la solidarietà, da sola, non basta. Non basta per combattere l’illegalità, non basta per intimorire la ‘ndrangheta, non basta per restituire speranza alla parte sana della società. Ecco perché non bisogna sottovalutare l’importanza della pronta ed immediata reazione militante, di fare rete, di costruire un cordone di legalità sociale quando ci troviamo di fronte ad atti terroristici di stampo ‘ndranghetistico. In questo senso la reazione non può limitarsi ad una scontata, ma doverosa solidarietà da consegnare ai media che potrebbe essere letta e interpretata come autocelebrativa quando non è accompagnata da partecipazione e da atti concreti. Per questa ragione dopo l’attentato del 3 gennaio alla procura, in pochi giorni, Cgil, Cisl e Uil hanno messo in piedi una grande fiaccolata che ha coinvolto diverse migliaia di persone. Ma la lotta alla ‘ndrangheta è fatta anche di quotidianità, di atteggiamenti trasparenti e onesti che ognuno di noi (soprattutto quando riveste ruoli pubblici) deve tenere e deve pretendere dai propri interlocutori. Bisogna, poi, avviare momenti di riflessione, facendo rete e confrontandosi. Per questo nel mese di luglio, come Fondazione Di Vittorio e Anpi, abbiamo voluto coinvolgere la magistratura e studiosi dei fenomeni mafiosi per mettere a confronto il caso Palermo ed il caso Reggio Calabria. Se si riesce, infatti, a conoscere meglio il fenomeno si può, in tutti sensi, aggiornare e migliorare le azioni di contrasto a cominciare da quelle che sono di nostra competenza come la diffusione della cultura della legalità attraverso progetti che parlino alle scuole, alle famiglie e al mondo del lavoro. Per tutte queste ragioni credo che le Istituzioni e le forze sane della società calabrese e reggina debbano essere presenti all’appuntamento dell’8 settembre contro la ‘ndrangheta promosso dall’Associazione Nazionale Magistrati. Durante l’assemblea organizzata proprio dall’ANM all’indomani dell’attentato al dr. Di Ladro gli operatori della giustizia hanno coralmente denunciato carenza di risorse materiali, di risorse umane, la necessità di avere una legislazione appropriata e non una decretazione d’urgenza, di essere ascoltati per pareri e consigli dalla trincea di chi i problemi della giustizia e della legalità le vive giorno dopo giorno sulla pelle, di avere organici rafforzati dove serve rafforzarli. Se siamo convinti che queste richieste siano giuste occorre però non limitarsi alla solidarietà da consegnare alle rotative. Se vogliamo dirla tutta, la pronta reazione organizzata dall’ANM all’indomani dell’attentato sebbene riuscita e partecipata avrebbe potuto essere qualcosa di più se solo tutti quelli che hanno inviato alla stampa un attestato di “convinta solidarietà” avessero deciso di manifestare solidarietà anche partecipativa. Occorre, allora, fare di più. Le richieste dell’ANM devono diventare le richieste di tutti quelli che vogliono realmente sostenere la battaglia contro la ‘ndrangheta. Immagino una lettera appello al Governo che, parafrasando una famosa canzone di De Andrè, sia intitolata “Quello che non ho”, contenga tutte le richieste dell’ANM e sia firmata da tutti a cominciare da Comune, Provincia e Regione, dalle forze sociali e politiche, dall’associazionismo e dalle singole personalità che vogliono chiedere al Governo un impegno serio e utile per sconfiggere la ‘ndrangheta.

 

Francesco Alì
CdA Fondazio ne Di Vittorio

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