Rhegion Città Metropolitana

Daniele Castrizio, profondo conoscitore del mondo antico e bizantino e professore associato di Numismatica presso l’Università degli Studi di Messina, ma anche romanziere (“Demetrio il Bizantino”), ci rivela una Rhegion già città metropolitana nell’antichità.

(E.C.)

Rhegion Città Metropolitana

di Daniele Castrizio

“Rhegion è fondazione dei Calcidesi. Si dice che essi, secondo un oracolo, a causa di una carestia consacrarono ad Apollo uno ogni 10 abitanti e che costoro poi da Delfi vennero qui e vi si stabilirono, portando con sé anche altri compatrioti …
La polis di Rhegion divenne poi assai potente ed ebbe sotto di sé parecchi altri centri; essa rappresentò sempre un avamposto fortificato nei confronti dell’isola, sia anticamente, sia anche ai nostri giorni, quando sesto Pompeo portò la Sicilia a ribellarsi. La polis fu denominata Rhegion… piuttosto per la propria fama, per cui i Sanniti avrebbero voluto denominarla con un termine che in latino significa “la città del re” …
Questa polis così illustre dunque, che aveva inviato coloni in molte altre città e aveva dato i natali a parecchi uomini illustri, sia nella politica e nella cultura, fu distrutta da Dionisio …
Al tempo di Pirro il presidio dei Campani, venendo meno agli accordi, uccise la maggior parte dei cittadini. Poco prima della guerra Marsica anche alcuni terremoti distrussero molta parte dell’abitato. Ma Cesare Augusto, dopo avere cacciato Pompeo dalla Sicilia, vedendo questa polis così povera di abitanti, vi lasciò come coloni alcuni uomini della propria flotta ed ora la polis è sufficientemente ben popolata.”
Questi passi, tratti dal capitolo 6 del VI libro del geografo greco Strabone, mi sembrano estremamente esemplificativi riguardo l’ignoranza e la mancata comprensione da parte degli storici moderni nei riguardi della città greca di Reggio.
Leggendo attentamente il brano, vediamo che il geografo presenta Rhegion come polis assai potente e che aveva sotto di sé parecchi altri centri. Sfido chiunque tra i colleghi accademici a trovare testi moderni storici che riescano a spiegare, o che almeno facciano cenno, a questa frase. L’immagine che oggi abbiamo di Rhegion è quella di un centro medio-piccolo, quasi senza importanza, e ripenso alle tante battaglie scientifiche per riportarne i confini alla fiumara Palizzi e al Petrace (confini ancora oggi “attaccati” da teorie campate in aria, che vorrebbero il ritorno alla fiumara Amendolea e, addirittura, la presenza di un popolo autoctono indipendente tra Medma e Reggio).
Strabone, che non leggeva, fortunatamente, gli storici attuali, dopo aver spiegato il ruolo strategico di Reggio nell’antichità, riallacciandosi anche al recente, almeno per lui, esempio della guerra tra Ottaviano, futuro Augusto, e sesto Pompeo, figlio di Pompeo Magno, ribadisce il concetto dell’importanza della polis anche quando ne spiega il nome, dicendo chiaramente che, “per la propria fama”, avrebbe avuto un nome che significava “la città regale”, “la città del re”. Muovendosi su questa traccia, recenti ricerche hanno tentato di identificare in questo “re” il mitico Iokastos, figlio di Aiolos, l’Eolo che accolse Odisseo nella sua reggia dopo la guerra di Troia.
Caso più unico che raro in tutta la composizione di Strabone, il geografo insiste ulteriormente sull’importanza di Reggio, denominandola “illustre”, e dimostrando di conoscere che la città aveva fondato colonie e che aveva dato i natali a insigni uomini nella politica e nella cultura.
Ma quali erano queste colonie? Chi ha studiato le linee della politica di Rhegion? Non vorrei sembrare ripetitivo, ma in nessun libro di storia accademico o divulgativo ho mai potuto riscontrare l’eco di queste affermazioni, che rimangono a testimonianza della storia segreta di Reggio, troppo spesso nascosta o negletta per motivazioni che non possono non essere che di derivazione politica. Come è noto, ma assai poco divulgato, storia e archeologia, come dimostrano innumerevoli esempi, sono materie strettamente politiche, legate come sono all’identità delle varie popolazioni.
“Reggio è la metropoli della Brettìa: da qui, riferisce Olimpiodoro, Alarico voleva passare in Sicilia, ma ne fu trattenuto, perché una statua votiva che si ergeva colà gli impedì di sbarcare. Narra la leggenda che tale statua era stata consacrata in un remoto passato perché tenesse lontano il fuoco dell’Etna e interdicesse ai barbari il passaggio del mare: su di un suo piede ardeva un fuoco inestinguibile, dall’altro scaturiva invece una sorgente inesauribile. Quando, tempo dopo, la statua venne abbattuta, la Sicilia subii i danni della lava etnea e delle invasioni barbariche: la fece demolire Asclepio, che era stato nominato tesoriere di Costanzo e Placidia in Sicilia” (Olimpiodoro Tebano, in Fozio, 58a)
Il concetto di Reggio quale città più importante della Magna Grecia meridionale viene ribadito nel quinto secolo dopo Cristo dallo storico Olimpiodoro Tebano. Come si legge nel riassunto che ho trascritto supra, tramandatoci da Fozio, Olimpiodoro, volendo trattare della statua prodigiosa dello Stretto, afferma con chiarezza che Reggio è la metropoli nella Brettìa.
Anche se non toccherebbe ad uno storico dell’antichità, non posso non notare come il concetto di Reggio quale città metropolitana della Calabria – che, in ambito religioso, è rimasto attuale fino a pochi anni or sono, essendo il vescovo reggino l’unico metropolita calabrese – concetto che oggi tanto indigna la lega longobarda e i suoi amici, sia una costante della storia calabrese, un merito storico ormai incancellabile.
“Così i Cartaginesi si ritirarono uno Stretto, mentre i Bruttii protestavano perché lasciate intatte le città di Reggio e di Locri che essi invece si proponevano di devastare. Pertanto, da soli, arruolati ed armati 15.000 giovani, i Bruttii si avviarono ad assediare Crotone, anch’essa città greca posta sul mare, convinti che la loro potenza si sarebbe di molto accresciuta se avessero potuto occupare sulla costa un porto ed una città forte di mura.” (Livio, XXIV, 2)
Nel 215 a.C. i Cartaginesi di Annone, dopo aver inutilmente tentato di conquistare Reggio, essendo riusciti nell’impresa di prendere Locri, tornavano verso il grosso dell’esercito, comandato da Annibale. In quell’occasione i Bruttii dimostrarono i loro sentimenti nei confronti delle popolazioni greche nell’attuale Calabria. Essi protestarono vivacemente con il comandante cartaginese perché, sottolineiamo, Reggio e Locri erano ancora in piedi, mentre il loro obiettivo è quello di distruggerle sin dalle fondamenta.
A 2235 anni di distanza da quei fatti, viste le attuali circostanze, non posso fare a meno di chiedermi se la politica dei Bruttii sia mai cambiata da allora. A volte, preso dallo sconforto della politica in questa sventurata regione, mi chiedo se l’obiettivo dei calabresi, eredi dei Bruttii, sia quello di distruggere completamente i calabrò, discendenti dei magnogreci. Nel mio cuore mi auguro che così non sia, anche se la mente mi spinge a credere il contrario.

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