Segnali di movimento a Sud. Le critiche di Slega la Calabria sul Teatro Siracusa e gli spazi culturali

Abbiamo notato, sulla stampa locale di questi ultimi giorni, la citazione del prof. Renato Nicolini, quale detentore, a nome del Direttore Generale del Settore Cultura della Regione Calabria, di una eventuale potestà sul Teatro Siracusa di Reggio Calabria.
Lo sapevamo già e, senza citare i protagonisti di questa commedia avente per trama l’assegnazione tramite bando di uno degli spazi culturali più importanti della nostra città, avevamo tempo fa denunciato le tante incongruenze etiche e di metodo del medesimo bando. E se il Direttore Generale Massimiliano Ferrara aveva parlato alla stampa di “querelle strumentale”, quella posta dall’Osservatorio Democratico di Slega La Calabria, nei fatti, in un sussulto di dignità, lo stesso aveva poi prorogato i termini del bando che lo ricordiamo, secondo le intenzioni del governo regionale più pop dell’intera Unione Europea, scadeva lo stesso giorno delle elezioni amministrative. Se il plurititolato Ferrara aveva partorito un misero “querelle strumentale” per definire le giuste osservazioni di Slega e di chi ha a cuore la gestione degli spazi culturali della nostra città, Slega aveva argomentato con dovizia di particolari quanto quel bando era stato costruito per assegnare il Siracusa al professore Nicolini. Evidentemente, noi e la Regione Calabria, abbiamo una visione diversa del concetto di investimento produttivo e di ritorno economico nel settore delle politiche culturali; e altresì, abbiamo un’attenzione alle dinamiche socio-economiche del nostro territorio che l’orizzonte mentale di chi sa soltanto organizzare Miss Italia nel Mondo e sperperare cifre iperboliche per ospitare una radio non ha.
L’esperienza del teatro Cilea è esemplare: si è data la gestione della prosa a Geppi Gleijeses e dopo 9 anni il risultato è che il Comune di Reggio Calabria, per la gestione di uno spazio culturale di siffatta importanza, non riceve nemmeno un euro dal Ministero dei Beni Culturali, mentre lo stesso Gleijeses e il suo gruppo di riferimenti naturalmente percepiscono degli onorari per la gestione di questo spazio. Tutto lecito, a norma di legge. Ma la domanda è: i potenziali artisti locali e tutto l’indotto culturale reggino cosa ne hanno ricavato se non un consumo passivo deleterio? Ovvero, quale filiera produttiva locale si è creata dopo tante risorse investite? Attendiamo una risposta che ci auguriamo, nell’interesse dei lettori e dei cittadini, sia articolata e non sia il balbettamento di frasi fatte quali “querelle strumentale” che Scopelliti e tutti gli altri sodali del governo regionale più pop d’Europa usano quando qualcuno osa mettere in dubbio le loro taumaturgiche capacità gestionali.
Ecco, volevamo prima di tutto mettere in evidenza un concetto esemplarmente espresso da un economista di primo piano europeo, Pascal Salin: “la crisi attuale è dovuta ad un capitalismo senza capitali; l’unica strada è il risparmio e il reinvestimento produttivo, ossia la politica dell’ape operosa rispetto a quella della cicala”. E a questo- aggiungiamo noi- è legato un aspetto del federalismo (intempestivo per la nostra condizione) basilare: impara a produrre da te se non vuoi rimanere solo un consumatore passivo e colonizzato. Che poi in sostanza è quanto si è ottenuto in questi ultimi anni puntando precipuamente su eventi che poco o nulla hanno lasciato sul territorio. In questa ottica abbiamo propositivamente sollecitato l’amministrazione pubblica ad acquisire contezza delle realtà culturali del territorio (appunto attraverso un bando cittadino) e metterle in sinergia positiva e possibilmente sostenerle, ma sempre nell’ottica di difendere e rimpinguare le casse comunali con il solo modo possibile nel caso specifico: acquisendo i crediti, propri e degli operatori del territorio. Si può far nascere un’arte e un professionismo locale esportabile?

Coordinamento provinciale Slega la Calabria

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