Intervista al Prefetto Luigi Varratta: “Il problema non è solo la ‘ndrangheta, chi ha responsabilità nella società civile faccia netta scelta di campo”. Dimezzata la presenza dei militari sui cantieri A3

di Fabio Papalia

Reggio Calabria. La guerra questa città la vince se tutti combattono la propria battaglia. Proprio ieri cadeva l’anniversario dei moti di Reggio, a distanza di 40 anni la città è ancora in guerra: contro la ‘ndrangheta, innanzitutto, e poi ancora contro la povertà, contro la disoccupazione, contro l’arretratezza sociale e culturale che tenta di respingerla negli abissi. Questo pomeriggio abbiamo incontrato nel suo ufficio il Prefetto Luigi Varratta, per un’intervista fissata qualche giorno fa.
Una coincidenza, o sapeva in anticipo che proprio ieri i Carabinieri avrebbero messo a segno un’operazione, Crimine 3, di caratura internazionale contro la ‘ndrangheta, in una giornata peraltro impreziosita ulteriormente dalla cattura da parte della Polizia del latitante Cosimo Alvaro?

La squadra dello Stato è di grande profilo, di altissimo livello, la giornata di ieri è l’ennesima dimostrazione che funziona, non solo funziona qui, ma c’è una sinergia perfetta con le polizie straniere, Olanda Spagna Stati Uniti, un risultato straordinario che conferma il trend che ormai si è raggiunto in questa provincia, ma ritengo in tutta la regione, nella lotta alla criminalità organizzata.
Purtroppo quello che noto è che non si riesce a capitalizzare questo enorme lavoro, non si riesce a comprendere che questo è un momento particolare, di svolta, un momento favorevole di cui bisogna approfittare per cavalcare questa onda propizia, e mi riferisco all’azione che stanno mettendo in campo magistratura e forze dell’ordine da oltre due anni, e che in questi mesi sta raggiungendo livelli altissimi. Arresto di latitanti, sequestro e confische di beni dal valore ingente, la decapitazione delle cosche e l’arresto di esponenti di spicco delle stesse cosche.
E’ un momento in cui questa azione doveva essere meglio supportata da una reazione, non dico di pari livello, ma quanto meno una reazione forte della società civile in tutte le sue articolazioni, a cominciare dalla politica fino alle associazioni.
Mi rendo conto che queste istituzioni hanno anche i loro problemi, le loro criticità, e lo vedo quotidianamente quando siamo qui ad affrontare tematiche che riguardano lavoro e la corresponsione degli stipendi, criticità che pesano sui cittadini e indeboliscono il tessuto sociale. Purtroppo soffriamo di questo storico ritardo socio-economico. Ma è pur vero che tutti devono rimboccarsi le maniche, fare qualcosa di più, altrimenti questi risultati, seppure brillanti, non saranno risolutivi.

Mi sembra che accanto all’azione repressiva straordinaria messa in campo dalle forze dell’ordine e dalla magistratura, non si registra una analoga iniziativa propositiva da parte dello Stato. Stiamo vedendo il bastone, ma non la carota. Forse perché questo straordinario impegno, frutto certamente della presenza di persone come il procuratore Giuseppe Pignatone e di investigatori eccezionali, come lo stesso Questore Carmelo Casabona e il capo della Mobile Renato Cortese, così come gli ufficiali dell’Arma e della Guardia di Finanza, cade in un periodo storico di grande debolezza dello Stato sul versante economico.

La difficoltà dello Stato non agevola, è vero, quest’attività è capitata in un momento poco favorevole per tutto il Paese, però qui a Reggio Calabria il vero problema non è “solo” la ‘ndrangheta, non è quello il “solo” problema, qua c’è dell’altro che va oltre la “sola” ‘ndrangheta, o è vicino alla ‘ndrangheta. Molti la definiscono zona grigia, borghesia mafiosa. Sì è vero. C’è questa grossa area in cui entra di tutto, professioni libere, politica, istituzioni, associazioni di categorie, operatori economici, è su quest’area che bisogna lavorare molto, la vera rivoluzione si fa in quest’area.

Se non ora, quando? Sono già più di due anni che la procura macina risultati epocali, eppure da parte della società civile c’è una sorta di apnea, quasi in attesa che passi l’onda, mi ricorda tanto quel “calati junco ca passa la china”.

C’è molta gente che ha interesse che le cose rimangano ferme così come sono. Il clima non è buono. Sono ottimista, ma con molta molta cautela.
Da tantissimi segnali mi accorgo che bisogna fare un lavoro molto puntuale, molto sottile e paziente, sui vertici di tutti quei soggetti pubblici e privati che costituiscono questa fascia di società civile che io definisco “border line”, in bilico, che non ha fatto ancora una scelta netta, di campo precisa. Perché se questi signori dovessero finalmente fare una scelta netta quello sarà il momento in cui si potrà avvertire il vero cambiamento, gli effetti della vera rivoluzione culturale di cui pure sento parlare.

Di certo i politici non danno proprio il buon esempio, quando avviene un qualsiasi episodio di intimidazione o anche semplicemente un danneggiamento, anche una cosa lieve come un vetro rotto o i copertoni dell’automobile tagliati, i politici non perdono tempo nell’inondarci di comunicati stampa di solidarietà, di sdegno, però da quello che risulta a me non c’è un politico in tutta la provincia di Reggio, vittima di intimidazione, che abbia collaborato fattivamente con le forze dell’ordine.

Solo uno, il sindaco e il vice sindaco di Scido, meno di un mese fa, e gli ho scritto una lettera di elogio, per un gesto che dovrebbe essere una cosa normale, vede a che punto siamo arrivati? Ha subito un’intimidazione a scopo estorsivo ed è andato a denunciare, e i responsabili sono stati arrestati. E adesso quando arriva un altro sindaco, un altro assessore, un altro consigliere?
Ma non accade soltanto coi politici. Gli imprenditori? Qui c’è la copertura totale di usura ed estorsione. C’è qualcuno che abbia detto che gli hanno incendiato saracinesca, negozio, macchine? C’è qualcuno che ha fornito indicazioni?
Ecco perché sono convinto che il problema non è “solo” la ‘ndrangheta, e che parimenti occorre lavorare sulla testa di chi occupa posti di responsabilità, a tutti i livelli, non escludo nessuno. Se non cambiano la testa loro, come si pretende che la cambino i cittadini? Prima dei cittadini ci stanno coloro che la società civile la governano, ribadisco a tutti i livelli, ed è lì che bisogna incidere.

A proposito di sindaco, adesso nei due palazzi di fronte vi sono due nuovi inquilini, ma l’estate scorsa Palazzo San Giorgio ha vissuto una crisi profonda, il suicidio di Orsola Fallara e le accuse di dissesto finanziario da parte della minoranza, ha mai preso in considerazione l’evenienza di commissariare il Comune di Reggio?

Il dissesto finanziario non è causa di scioglimento. Si tratta di accuse, quelle dell’opposizione, che vanno provate, che possono attivare un intervento ispettivo, il Prefetto non ha un potere di controllo sulla gestione economico-finanziaria dell’ente, può intervenire solo in caso di dimissioni del sindaco o della metà dei consiglieri, o per gravi e persistenti violazioni di legge. In questo caso è stata rilevata da parte dell’opposizione una probabile grave situazione economico-finanziaria, sulla quale sono stati già informati il Ministero degli Interni e quello dell’Economia, la Procura, compresa quella della Corte dei Conti, che stanno esaminando la documentazione. Il Prefetto non ha poteri in materia di dissesto, né può disporre ispezioni per questo motivo. Diverso è il caso in cui arrivano segnalazioni su presunti condizionamenti o infiltrazioni mafiose. Attualmente vi sono 13 accessi in corso nei Comuni della provincia, e già molti sono stati i consigli comunali sciolti.

A distanza di un anno e mezzo dal suo insediamento, come ricorda oggi quei giorni concitati? E’ arrivato in città il 4 gennaio, all’indomani della bomba alla Procura Generale, mentre il 7 scoppiò la rivolta di Rosarno.

Sapevo di venire in una terra difficile, quando mi hanno chiesto se volevo venire a Reggio Calabria ho detto subito di sì, l’ho messo in conto, ho trovato subito conferma di ciò che già sapevo. L’impatto è stato la bomba e Rosarno, però grazie al supporto della stessa Prefettura, e di quell’apparato dello Stato che mi sono ritrovato accanto qui, l’abbiamo affrontato e limitato.
Rosarno è finalmente venuto a galla in maniera ufficiale, in maniera ufficiosa, lo possiamo dire, tutti lo sapevano, a tutti i livelli.
Adesso occorre creare condizioni di lavoro legale, politiche agricole mirate, condizioni di integrazione, accoglienza, inserimento, inclusione degli extracomunitari in questo territorio, e non è facile perché il lavoro non c’è per loro.
Eccetto le clementine la qualità degli agrumi della Piana è scadente, è un’arancia che non ha futuro, forse si dovrebbe pensare alla conversione per coltivare altra frutta, ma con queste arance non si può andare più avanti. Se gli extracomunitari tornassero oggi per la raccolta delle arance non avrebbero nemmeno la possibilità di lavorare in nero, infatti quest’anno ne sono venuti la metà dell’anno scorso. Il settore agrumicolo qui è perso, tranne qualche azienda di grossissimo livello, che non può di certo assorbire tutta quella manodopera.
Di buono, però, c’è che molte aziende si sono messe in regola, non assumono più in nero, questo è grande risultato. Quest’anno, cito dati Inps, sono stati sottoscritti 700 contratti di lavoro regolare. Quello che è accaduto è servito a qualcosa.

Quanto alla bomba alla procura generale, invece, le indagini hanno detto che era stata piazzata, così come le altre intimidazioni alla magistratura, dalla cosca Lo Giudice. Appurato ciò, l’esercito in città serve ancora?

L’esercito serve ancora perché stanno iniziando i processi, processi molto delicati, come Crimine e Meta. Ci siamo posti questo problema, ed è bene che gli uffici giudiziari siano presidiati.
Sulla cosca Lo Giudice l’attività giudiziaria non è ancora finita. Credo che sia prudente utilizzare personale militare dell’esercito ancora per un breve tempo.
Vediamo come vanno questi processi e poi si potrà pensare ad allentare questa “presenza”, che già stiamo allentando sui cantieri dell’A3. Tra qualche giorno ridurremo del 50% la presenza dei militari sui cantieri, perché la loro presenza è servita, ha prodotto effetti, gli episodi ora sono minori e meno gravi del passato. Adesso concentreremo la presenza dei militari su quei cantieri su cui si sono verificati più episodi criminosi, ciò avverrà tra una settimana o al massimo 10 giorni.

Barese di nascita, sposato da 31 anni con una napoletana, tra i mille impegni di una provincia così impegnativa Luigi Varratta è anche un marito e un padre affettuoso. I due figli hanno la loro vita, il figlio 31enne è ingegnere meccanico e lavora in Congo, sulle piattaforme petrofilere, la figlia di 27 anni, laureata in economia e commercio, lavora in banca in Basilicata. Sua moglie l’ha seguita di buon grado anche qui in Calabria e a Reggio?
Sì, si è trovata bene a Crotone e si trova benissimo a Reggio, come mi trovo benissimo pure io. E’ un’esperienza straordinaria.

Ha interpretato il suo ruolo aprendosi alla città, così come ha aperto la Prefettura alla cittadinanza in due occasioni, il 17 marzo e il 2 giugno. La festa della Repubblica, poi, è stata una delle più belle che la città ricordi.

La Prefettura è la casa dello Stato, io sono solo un inquilino, tutti devono poterla frequentare, nel corso di queste due esperienze di apertura al pubblico ho registrato intanto la grande educazione dei reggini, e soprattutto mi ha rallegrato il fatto che la gente ha apprezzato l’iniziativa, è stata una grande prova di maturità.

Adesso la prova di maturità la deve dare l’intera Reggio, e soprattutto coloro a cui il Prefetto si rivolge, quelli che rivestono un ruolo di responsabilità nella società civile di questa città, quelli che, in teoria, dovrebbero essere i suoi figli migliori.

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