È in edicola il n. 131 di “Calabria Sconosciuta”: Raffaele Aloisio, inventor et pictor dell’Ottocento calabrese

Reggio Calabria. Come di consueto offriamo ai lettori di Newz.it un’anteprima di uno degli articoli della pregevole rivista trimestrale “Calabria Sconosciuta”, in edicola da pochi giorni con il n. 131.

Raffaele Aloisio, inventor et pictor dell’Ottocento calabrese

di Bruno Pino

Raffaele Aloisio, artista nativo di Ajello, antico borgo collinare del cosentino, è da annoverare, come è stato definito, tra i pittori di maggior successo dell’Ottocento calabrese. Ne è testimonianza la mole delle commesse ricevute nel corso della sua attività artistica, durata circa un cinquantennio, e la diffusione delle opere conservate in molti luoghi di culto calabresi, ed in collezioni private. Anche la critica coeva non mancò di lodarne le capacità. Nel 1865, per esempio, nel corso di una mostra alla Camera di Commercio di Cosenza, Vincenzo Padula sul suo Bruzio (n° 81 del 25 gennaio 1865, pag. 3), nel commentare le opere presentate – Il Patriarca Lot, e La Resurrezione di Lazzaro – definì i dipinti del «vecchio e bravo artista», «la miglior cosa di quest’Esposizione». L’Abate acrese aggiunse, inoltre, che «I due quadri dell’Aloisio stanno agli altri come due poemi epici ad una raccolta di sonetti».

Se l’Aloisio ebbe fortuna presso la committenza e la critica del tempo, dalla sua morte in poi, però, l’attenzione per questo pittore non è stata all’altezza della sua valenza artistica. Solo negli ultimi decenni si è ricominciato e scriverne. Prima, sul finire degli anni ’70, ne aveva tracciato un profilo lo storico Rocco Liberti; poi, in anni più recenti, in un articolo dello storico dell’arte Giorgio Leone su “Il Serratore” (n° 22 del 1992, pagg. 35-39), ed in un altro del 1994 (“Ajello – Antichità e Monumenti, 1994 e edizioni seguenti), a firma dello stesso Leone e di Raffaele Borretti, ne è stata ulteriormente rivalutata la figura. In seguito, l’Aloisio, di «mestiere e dignità di pittore sia di opere a sfondo religioso, sia di lavori a sfondo biblico» (così in F. Cozzetto, Lo Stato di Aiello, Editoriale Scientifica, Napoli 2001, pag. 242) è protagonista di alcune mostre tenutesi ad Aiello Calabro (giugno-luglio 2001, a cura del Comune), Corigliano, Ajeta, Rende (2003, a cura del critico d’arte Tonino Sicoli per il Centro “Achille Capizzano” di Rende), Lago (luglio 2003 e 2005, Parrocchia di S. Nicola,) e Laurignano (dicembre 2005, gennaio 2006, Passionisti di Maria Santissima della Catena di Laurignano).

Questo «pittore di successo dimenticato» (omonimo di un altro Raffaele, nato nel marzo 1811 e morto nel maggio 1892) ebbe i natali ad Aiello nel giugno del 1800 da “mastro” Benedetto e da Nicoletta Volpe, e morì, forse, sebbene non sia stato ancora accertato, prima del 1888. Non nella sua città ma, come sostiene Borretti, «sicuramente lontano da Aiello, molto probabilmente in una delle tante città che lo ospitarono per il suo lavoro».

Maria Elda Artese, giovane storica dell’arte, ha condotto di recente una ricerca sulle opere del pittore, gran parte delle quali, per la prima volta, sono raccolte organicamente in un catalogo – comprendente 66 schede, con foto relative a dipinti firmati e datati o attribuiti, dei quali diversi inediti – realizzato in occasione della sua tesi specialistica.  Mancano solo alcuni dipinti dei quali non si sono potute eseguire le foto.

Secondo lo studio in parola, in cui l’autrice, attraverso la sequenza cronologica e l’ubicazione delle opere, ha cercato di ricostruire e aggiungere particolari alla biografia, i primi quadri conosciuti di Aloisio risalgono al 1825. Sono due dipinti di eguale dimensione, eseguiti su commissione di privati (l’eremita Bruno Scanga e Angelo Michele Parisi) e sistemati su due altari laterali della chiesa della Madonna dei Monti a Lago. All’anno successivo risale una coppia di tondi per due nobildonne di Lago, sistemati nella Chiesa dell’Annunziata. Nello stesso periodo, si registrano le commesse per altri due dipinti – La Madonna del Rosario e San Giuseppe e il Bambino – conservati nella Chiesa della Madonna della Consolazione di Pietramala, oggi Cleto. La scritta sul secondo quadro, infatti, indica come committente il nobile Tomasi Giannuzzi Savelli, che apparteneva, appunto, alla famiglia dei Baroni di Pietramala.

I dipinti prodotti in questi primi anni, evidentemente, resero noto Aloisio nella zona e giunsero quindi altre commesse: un trittico che fu ubicato nella Chiesa dell’Annunziata di Lago e tre affreschi per la Chiesa della Madonna della Consolazione di Pietramala.

C’è un periodo, dal 1825 in poi, di circa 10 anni, in cui non si conosce quasi nulla dell’attività dell’Ajellese. Si dovrà aspettare il 1835 per trovare la Pentecoste attualmente conservata a Rossano. «In questo dipinto – riferisce la storica dell’arte – risulta evidente una netta evoluzione rispetto ai precedenti. La classica composizione piramidale, che perde la staticità delle prime opere, viene affiancata da un motivo circolare ed i personaggi sono realizzati con grande cura. I vestiti ed il volto della Madonna restano, comunque, simili a quelli dei dipinti del 1826. Il salto qualitativo, soprattutto per quanto riguarda la composizione, fa pensare – aggiunge – che nel periodo precedente Aloisio abbia avuto esperienze in grado di maturarlo artisticamente. Probabilmente è in questi anni che si reca a Napoli a studiare ed ha la possibilità di ammirare quelle realizzazioni che avrebbero influenzato tutte le sue opere successive. Al salto qualitativo corrisponde anche, d’ora in poi, l’esecuzione di opere di maggiori dimensioni».

Tra il 1835 ed il 1843, la produzione conosciuta di Aloisio è ubicata tutta a Rossano, dove molto probabilmente ha soggiornato. «Non è da sottovalutare il fatto che Rossano – afferma M. E. Artese – venne colpita da un forte sisma il 25 Aprile 1836 – su 1.538 edifici ne furono rasi al suolo 370 e danneggiati irreparabilmente 392 – e che, dopo il terremoto, vi fu molto lavoro per la ricostruzione e la decorazione delle chiese, a cominciare dalla Cattedrale, nella quale troviamo una Santa Lucia dello stesso anno». Del 1840 è il Martirio di Santa Filomena della Chiesa di San Bernardino, mentre del 1843 sono le tele della Chiesa di San Nilo.

Nel 1843 e nel 1845 Aloisio presenta suoi quadri alla Mostra Borbonica, ottenendo due medaglie d’argento. Una circostanza, quest’ultima, che fa pensare ad un collegamento con Napoli «che meriterebbe – avverte la giovane storica – un’indagine approfondita».

Dal 1847, l’artista ritorna a lavorare in Ajello, come si evince da un articolo di Vocaturo che tratta degli affreschi della Chiesa di San Giuliano, eseguiti, con ogni probabilità, nello stesso anno, così come dello stesso anno è l’Immacolata ora conservata a Cosenza nella Chiesa del SS. Salvatore – già San Omobono -, commissionata da un’altra esponente della famiglia ajellese dei Giannuzzi Savelli.

A partire dal 1848, invece, è la città di Corigliano ad ospitare l’artista. Qui realizza la Madonna con Bambino e Santi attualmente presso l’Oratorio della Confraternita di Maria SS. dei Sette Dolori. La conferma della sua attività nella cittadina jonica ci viene dai due quadri conservati nel corridoio delle armi del castello, dei quali il primo – Adorazione dei Magi – è firmato e datato, mentre l’altro – Presentazione di Maria al Tempio – certamente più antico, presenta una figura di sua mano. Nei dipinti di Corigliano troviamo quella figura della Madonna che resterà costante in tutte le opere successive.

Alla fine del quinto decennio, il Nostro firma un’altra opera di grande impegno: gli affreschi della volta della Chiesa dell’Annunziata di Acri. «Non sappiamo se l’opera fu realizzata anche negli anni del soggiorno a Corigliano, ma di certo un coriglianese forse suo allievo, Medollo, realizzò un dipinto per un altare e probabilmente collaborò alla realizzazione della volta. Certamente – chiosa la studiosa – c’è uno stretto collegamento tra l’Adorazione dei Magi di Acri e quella di Corigliano, che presentano particolari identici, come la corona deposta per terra».

Sue opere, ancora, sono l’Immacolata (1850), conservata a Dipignano, il San Francesco di Paola (1851), dipinto su commessa della nobildonna Luigina Giannuzzi Savelli dei Baroni di Pietramala; la Madonna delle Grazie (1854) che adorna l’altare della cappella Cybo; e la Madonna del Rosario (1858), grande pala d’altare dell’omonima chiesa di Paola, eseguita nella città natale, come indica il cartiglio scritto da un nobile ajellese, e confermato dall’osservazione del profilo della catena costiera e del monte Cocuzzo che si ammira da Ajello.

Databile tra il 1862 ed il 1865, è, infine, il ciclo le Storie di fra Benedetto (Falcone), dipinti conservati nel Santuario di Maria SS. della Catena a Laurignano.

Ormai anziano, e noto in tutta la provincia, nel 1865 aveva presentato con successo a Cosenza – come accennavamo all’inizio – due quadri all’Esposizione della Camera di Commercio. Gli ultimi anni di attività, poi, lo videro ancora al lavoro su opere di notevole impegno a Castrovillari, dove si trovano alcune tra le migliori opere, quali: la SS. Trinità, il Cristo deriso e l’Estasi di Santa Teresa d’Avila, tra le ultime conosciute, insieme alla Madonna del Rosario di Rotonda, del 1872.

Poco o nulla si conosce degli ultimi anni di vita. Quello che si può dire, è che la sua è stata una attività nel solco della accademia. Un artista, per l’Artese, «impermeabile alle novità dei contemporanei (…), forse anche immobile in cinquant’anni di attività, ma di certo coerente con la sua formazione e autore di una produzione mediamente dignitosa e con qualche episodio di grande qualità».

«Rispetto al Morelli ed al Santoro, che per un pittore come Aloisio, ben introdotto nella provincia e nella ristretta mentalità ecclesiale e popolare della Calabria dell’epoca, potevano apparire esageratamente moderni – spiega ancora l’autrice del saggio -, il Nostro sembra rivestire il ruolo del “calmo” interprete delle istanze pietistiche popolari, e appoggiare sia gli ambienti curiali non troppo attenti alle nuove istanze artistiche, sia soprattutto le masse dei fedeli, dei quali nelle opere ritroviamo intatti vecchi sentimenti con linguaggi, a volte più evoluti, ma conformi agli schemi tradizionali e soprattutto realizzati da un loro contemporaneo».

«I molti riconoscimenti ottenuti e la presenza delle sue opere in tutta la provincia di Cosenza – conclude – testimoniano il successo avuto in vita e la stima di cui godette. Evidentemente Aloisio, seppur in un ambito provinciale, fu interprete del sentimento e della cultura dell’epoca, e questo basta per collocarlo tra i più significativi artisti dell’Ottocento calabrese». Che merita, giova ribadirlo, di essere oggetto di ulteriori studi e di iniziative culturali.

 

 

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Aloisio e il Culto di S. Filomena

Tra i soggetti che Aloisio ha raffigurato nelle sue opere, e che ricorre in diversi dipinti, c’è il martirio di S. Filomena. Il culto per questa martire cristiana del III sec. – non più inserito nel nuovo Martirologio Romano dalla Sacra Congregazione dei Riti a partire dalla Riforma Liturgica degli anni ’60 perché gli studi archeologici hanno dimostrato successivamente che non si trattava delle sepoltura di una martire – era iniziato a seguito del ritrovamento, nel maggio 1802, nelle catacombe di Priscilla, di una tomba con il corpo di una fanciulla adolescente. Nel 1827, le tegole della sepoltura furono concesse da papa Leone XII al Santuario di Mugnano (AV). Del 1833, dopo la “Rivelazione” della santa a suor Maria Luisa di Gesù, l’approvazione della Chiesa (S. Uffizio, 21 dicembre 1833). Ne seguì un’ampia diffusione del culto soprattutto in Italia e Francia.

Almeno quattro volte l’ajellese dipinse la Martire, il cui culto, nel periodo di attività di Aloisio, è all’apice. Qui di seguito, le schede curate da Maria Elda Artese relative a tre opere conservate a Rossano (CS), Rotonda (PZ) e Ajello (CS).

 

 

Martirio di Santa Filomena

Olio su tela, cm 194 x 124, datazione 1840 – Iscrizioni: in basso a destra: Raphael Alojsio inventor et Pictor 1840 – Collocazione: Rossano, Chiesa di San Bernardino, sacrestia.

 

Il dipinto rappresenta la decapitazione di Santa Filomena, ultimo supplizio della santa, dopo che invano avevano tentato di ucciderla prima con le frecce e successivamente annegandola nel Tevere. Non vi sono notizie sulla committenza; la data è vicina a quella di altri quadri presenti a Rossano, confermando i rapporti avuti dal Nostro con la città bizantina alla fine del terzo decennio dell’800 e durante la prima metà del quarto, con una intensa attività che proseguirà nella vicina Corigliano.

Il quadro porta la scritta Raphael Alojsio inventor et pictor: l’autore ci tiene a sottolineare la paternità della composizione, molto ben riuscita, grazie anche ai putti ed alla colomba che vanno a riempire lo spazio in alto a sinistra ed equilibrano i volumi. Riuscita anche la scelta di contornare il viso della santa con una zona chiara, che permette di evidenziare i contorni dei capelli e della corona.

 

Santa Filomena riceve la palma del martirio mentre sta per essere decapitata

Olio su tela, Misure: n.d., Datazione: 1860 – Iscrizioni: in basso a sinistra cartiglio: A dev. Del Popolo Raffele Alojsio 1872 – Collocazione: Rotonda, chiesa della Natività della Vergine.

 

Il dipinto rappresenta la decapitazione di Santa Filomena, tema trattato da Aloisio nel dipinto conservato a Rossano nella sacrestia della chiesa di San Bernardino e datato oltre trent’anni prima. I due quadri presentano molte analogie, sia nei personaggi che nella composizione.

Notizie sulla committenza e sulla data di realizzazione sono fornite da Trombetti (1989). Il dipinto era stato presentato ad una commissione che doveva scegliere l’opera da innalzare su uno dei cappelloni della chiesa della SS. Trinità di Castrovillari. La commissione preferì l’altro dipinto, realizzato da Raffaele Barone, e l’opera di Aloisio venne successivamente acquistata dalla parrocchiale di Rotonda, dove si trova tuttora. La datazione indicherebbe, pertanto, la data dell’acquisto e non della realizzazione.

 

Santa Filomena

Olio su tela, cm 64,5 x 98, Datazione: sec. XIX  quarta decade – Collocazione: Ajello Calabro, Municipio.

Il quadro non è firmato né datato. La santa è rappresentata sdraiata su un giaciglio di eleganti cuscini, ha l’espressione serena e rivolge lo sguardo all’angelo che, ad ali spiegate, le porge la palma del martirio. Ha vesti ricche ed eleganti, un medaglione al petto con l’ancora e la freccia, suoi attributi iconografici; in testa ha una corona che indica la sua origine di figlia di re, nella mano destra una piccola freccia, nella sinistra un gioiello. In alto lo Spirito Santo infonde la grazia alla santa, che ha il capo circondato dall’aureola. In basso un altro attributo iconografico, l’ampolla col sangue della martire.

Una serie di indizi lasciano presupporre che Aloisio abbia visto il reliquiario di Mugnano: la posizione e la postura della santa, nonché il giaciglio di cuscini sono perfettamente corrispondenti, così come l’ampolla. Il quadro venne, probabilmente, realizzato qualche tempo dopo la visita: alcuni degli elementi sono diversi rispetto all’immagine ufficiale. Mancano alcuni dei simboli che si riferiscono al suo martirio (flagello, spada); è presente solo la freccia, mentre un angelo porta la palma e la Santa, illuminata dallo Spirito Santo, ha nella mano sinistra un gioiello. I colori della veste sono diversi; Aloisio ricopre la fanciulla con un drappo rosso, simbolo del sangue versato, e sottolinea la nobiltà della giovane con la corona.

Non si conosce con precisione l’anno in cui Aloisio realizzò la Santa Filomena attualmente conservata presso il Comune di Ajello Calabro. Le dimensioni del quadro fanno pensare ad una commessa privata, mentre lo stile può essere collegato al primo Aloisio; il quadro fu, probabilmente, realizzato poco prima del Martirio di Santa Filomena della chiesa di San Bernardino a Rossano.

 

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Bibliografia

  • • Rocco LIBERTI, Storia dello Stato di Aiello in Calabria, Barbaro editori, 1978, pp. 203-204;
  • • Giorgio LEONE, Per una storia dell’arte sacra nella valle del Crati, convegno di studio su Bisignano e la Val di Crati tra passato e futuro, [Atti del convegno di studi (Bisignano: 1991)], a cura di Rosalbino Fasanella – Luigi Falcone – Nuccio Fucile, Soveria Mannelli, Rubbettino, 1993, pp. 139;
  • • Gian Luigi TROMBETTI, Castrovillari nei suoi momenti d’arte, Castrovillari, “Il coscile”, 1989, p. 98;
  • • Giorgio LEONE, “Il Serratore” n° 22 del 1992, pagg. 35-39;
  • • Mons. Luigi RENZO, Chiese di Rossano: guida storico-artistica, Rossano, Grafosud, 2000;
  • • Fausto COZZETTO, Lo Stato di Aiello, Feudo, istituzioni e società nel Mezzogiorno moderno, Editoriale Scientifica, Napoli 2001, pag. 242;
  • • Tarcisio PINGITORE,   Aloisio Raffaele in Rubens Santoro e i pittori della Provincia di Cosenza tra Otto e Novecento , [Catalogo della Mostra (Rende: 2003)], a cura di Tonino SICOLI e Isabella VALENTE, Catanzaro, Edizioni AR & S, 2003, p. 146;
  • • Raffaele BORRETTI – Giorgio LEONE, Raffaele Aloisio, in Ajello (a cura di R. Borretti), terza edizione, Cosenza, Pellegrini, 2007, p. 72;
  • • Maria Elda ARTESE, Raffaele Aloisio, Unical 2009, Relatore prof. Giorgio Leone;
  • • Per il culto di S. Filomena si può consultare il Sito Web del Santuario di Santa Filomena – Mugnano del Cardinale (Avellino) – http://www.philomena.it


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