Sergi (Ethos): “I reggini facciano capire alla classe dirigente che non sarà più possibile depredare la città a proprio piacimento”

Reggio Calabria. Discutere ancora sull’eventualità che il Comune di Reggio sia o meno in dissesto ci sembra ormai inutile. Restano ora solo due possibili considerazioni da fare: come uscirne e con chi. Innanzitutto, a nostro avviso è necessario fare una netta distinzione tra il “prima ispezioni” ed il “dopo ispezioni”. Appare chiaro come i due momenti siano ormai nettamente distinti non solo temporalmente, ma anche nelle responsabilità tra di chi dovrà decidere quali misure adottare per dipanare una matassa dai certi risvolti penali e chi dovrà tentare di rimettere in acqua una barca che ha più falle che legno. In relazione alla “matassa”, è del tutto evidente come la Procura di Reggio, suo malgrado, sia stata (e sempre più lo sarà in futuro) investita di una responsabilità che in questa città non ha precedenti, perché mai come in questo caso, in cui si intrecciano interessi economici, malaffare e potere politico o di altro genere, la cittadinanza chiede con forza di sapere. Chiede di sapere dove siano andati a finire i tanti milioni di euro sottratti dalle casse del Comune, in quali tasche e con la collaborazione attiva o, peggio, il mancato controllo di chi. Lo chiede il Terzo Settore, lo chiedono le associazioni del commercio e dell’artigianato, lo chiedono i dipendenti delle municipalizzate, le associazioni professionali e sopratutto lo chiedono, e mai come questa volta a domanda urge risposta, tutte quelle cittadine e quei cittadini ai quali sono stati alienati, o nel migliore dei casi depotenziati, servizi essenziali per la loro vita quotidiana. Tutti vorremmo, almeno una volta, vedere che la tutela della giustizia (per piacere che nessuno confonda la parola giustizia con giustizialismo) e, quindi, la tutela dello Stato portino non tanto e non solo ad eventuali condanne, ma sopratutto consentano di risalire ai flussi del denaro maltolto che, vista la quantità, qualche traccia l’avrà lasciata, riportandola all’interno delle disastrate casse comunali. Risposte che, siamo sicuri, arriveranno anche per tacitare quel diffuso sentire comune che a rimetterci saranno sempre e soltanto i cittadini e chi non può più parlare. Tutto questo per quanto concerne la “matassa”. Per quel che riguarda la “barca”, per chi deve, cioè, assumersi la responsabilità di “varare” la nuova Reggio, la questione non è giudiziaria, ma politica. Negli ultimi dieci anni, questa nostra città è stata governata da un gruppo politico ben identificato, che ha ripetutamente ricevuto dai cittadini il mandato pieno e ampiamente maggioritario per governare. Su questo non ci piove. Ma i presupposti della loro presunta buona amministrazione sono oggi risultati palesemente falsi e se anche le responsabilità penali li dovessero assolvere, allo stesso modo non si potrebbe fare per quelle politiche. I mandati a governare si ottengono in base ai risultati ottenuti e quando si propagandano consapevolmente disastri per buona amministrazione, i risultati elettorali sono evidentemente falsati. Quindi, chi ha ottenuto un voto su presupposti non veritieri, continuando dolosamente a negare precise responsabilità, deve rimettere il proprio mandato, anche per quel che non ha saputo fare negli anni trascorsi e per quello che evidentemente non potrà fare in quelli futuri. Ma se Atene piange, Sparte non ride. Va ricordato, con onestà intellettuale, che le varie opposizioni che in questi anni si sono succedute a palazzo San Giorgio hanno spesso svolto male il loro compito, dividendosi su ogni dove, andando in ordine sparso, non sapendo trovare un minimo di programma comune ed “inciuciandosi” a più riprese con la maggioranza in ossequio al detto: “tutti teniamo famiglia”. Cosa allora, in conclusione, vorremmo accadesse? Vorremmo un rinnovamento radicale e profondo della classe dirigente che, nel metodo, privilegi i meriti dei propri rappresentanti ed i bisogni della gente; vorremmo trasparenza amministrativa, perché la trasparenza ostacola il malaffare; vorremmo le primarie, perché tutti si sentano coinvolti nelle scelte importanti e vorremmo tanto altro ancora, ma soprattutto vorremmo che questo “altro” ci fosse suggerito da “voi”, nelle piazze, nei circoli, nelle sedi delle vecchie circoscrizioni, ovunque questo “voi” possa diventare un “noi”, per far capire finalmente a chi non vuol capire che, da questo momento ed alla luce di questi fatti, senza di “noi” non sarà più possibile governare o “depredare” questa città a proprio piacimento.

Giovanni Sergi – Vice presidente Ethos

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